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Su Dimensione Ludica

Parte del Games Project 2014, lo scopo di tale progetto è quello di analizzare, nobilitare e informare creando articoli di riflessione sul Medium Ludico (Dai giochi da tavolo fino ai videogiochi). LINK BLOG: http://dimensioneludica.blogspot.it/


DEFINIZIONE DI GIOCO


L'Homo Ludens fra esperienza ed attività



http://img804.imageshack.us/img804/6990/gameqt.jpg



IntroduzioneFor hundreds of years, the field of game design has drifted along under the radar of culture, producing timeless masterpieces and masterful time-wasters without drawing much attention to itself-without, in fact, behaving like a "field" at all. Suddenly, powered by the big bang of computer technology, game design has become a very big deal and the source of some provocative questions about the future of art and entertainment.




Games are remarkably complex, both in their internal structure and in the various kinds of player experiences they create.
Remember that the authors of this book are not just academics looking at games from the outside; they are themselves active practitioners.




Games are capable of addressing the most profound themes of human existence in a manner unlike any other form of com-munication-open-ended, procedural, collaborative; they can be infinitely detailed, richly rendered, and yet always responsive to the choices and actions of the player.




The real domain of game design is the aesthetics of interactive systems. Even before computers existed, creating games meant designing dynamic systems for players to inhabit. Every game, from Rock-Paper-Scissors to The Sims and beyond is a space of possibility that the players explore. Defining this space is the collaborative work of the game design process.




We know that games are getting very big, very fast. But it istoo early to tell exactly what direction their evolution will take. At this stage the entire field has the unpredictable energy of something enormous, balanced on one thin edge, still vulnerable to the effects of even a slight pressure.




This book is about games, all kinds of games: paper-based strategy games and first person shooters, classical board games and glitzy gambling games; math puzzles and professional sports; austere text adventures and giggly teenage party games. This book links these diverse play activities within a common framework-a framework based in game design.


Questa è la premessa con cui si apre il libro "Rules of play: game design fundamentals" di Katie Salen e Eric Zimmerman (entrambi studiosi di game design ma anche game designer attivi).




Come potete leggere in inglese: il campo del game design è stato sottovalutato per diverso tempo dalla cultura, ma grazie all'arrivo della computer tecnology i giochi hanno assunto una forma ancora più evoluta, creando le recenti e dibattute questioni sul gioco e intrattenimento come arte. Ma i giochi (partendo fin dalle origini) sono stati sempre qualcosa di particolare e unico, infatti i giochi sono capaci di descrivere i temi più profondi dell'esistenza umana in un modo cosi diverso dalle altre forme di comunicazione. Infatti essi sono open-ended, procedurali, collaborativi, interattivi alle scelte del giocatore e alle sue azioni.




Tuttavia per capire meglio queste importanti considerazioni dobbiamo partire dal principio.
Cerchiamo di dare una definizione di gioco:




The word [game] is used for so many different activities that it is not worth insisting on any proposed definition. All in all, it is a slippery lexicological customer, with many friends and relations in a wide variety of fields.— David Parlett, The Oxford History of Board Games.




What are games? Are they things in the sense of artifacts? Are they behavioral models, or simulations of social situations? Are they vestiges of ancient rituals, or magical rites? It is difficult and even curious when one tries to answer the question "what are games," since it is assumed that games are many things and at the same time specific games are different from one another—but are they?— E. M. Avedon, "The Structural Elements of Games".




A game is a particular way of looking at something, anything.Clark C. Abt, Serious Games.




Any attempt to define the word "game" is a foolish endeavor.




Come possiamo leggere qui sopra, diversi studiosi di game design ci fanno notare come la parola gioco nasconde molteplici significati, tanto da rendere inutile gli sforzi di giungere a una singola definizione. Infatti i giochi sono davvero complessi sia nella loro struttura interna sia nei diversi tipi di esperienze che essi creano.
E il significato di gioco è spesso sfuggente, infatti: il gioco è utile o è gratuito? Entrambi. E’ libero o vincolante? Di nuovo, entrambi. Ancora, il gioco ha a che fare con la realtà vera o con una realtà illusoria? E’ piacevole o turba, piuttosto che distendere? E’ un’attività umana separata dalle altre, oppure le comprende tutte?
Il gioco è soprattutto libertà e creatività e non c’è nulla di altrettanto restio a farsi rinchiudere in fastidiose definizioni.




Definire esattamente cosa sia un gioco è quindi impossibile, proprio per la loro complessità. Infatti in fondo tutto può essere un gioco, nel senso che in un contesto più ampio del termine, la vita o comunque il mondo è in fondo un grande gioco, ovviamente con delle peculiarità. Per spiegare meglio questo assunto, dobbiamo però capirne le ragioni che ci portano a pensare a questo: innanzitutto lo scopo del gioco è sempre stato quello di fungere da "palestra" per la realtà, un modo per iniziare ad approciarsi ad essa. Infatti il gioco è un atto radicato sia nella nostra specie fin dagli albori, sia in forme ovviamente meno evolute negli animali e viene usato in entrambi i casi come allenamento per la vita.




Tuttavia la grande differenza tra il gioco in un generico mammifero e in un bambino, è proprio la capacità che ha l'uomo di immaginare situazioni e contesti che nella realtà non esistono, tale capacità si sviluppa proprio nel gioco. Ed ecco quindi che nel gioco il bambino interpreta ruoli diversi, immagina e crea situazioni. Questa caratteristica permette di allenarsi e sviluppare capacità che saranno usate poi in futuro, dunque per il bambino il gioco funge da allenamento e quindi è un pò come se fosse un lavoro piacevole che il bambino utilizza per sviluppare le sue capacità. D'altronde la psicologia moderna ha ribaltato il pregiudizio di considerare il gioco come un semplice svago e ha collegato al concetto di gioco la capacità di produrre i talenti che usiamo nel lavoro e nello studio...




Quindi il gioco, in particolare nel contesto infantile, è sì divertimento ma anche allenamento. Per questo possiamo dire che l'umanità si evoluta partendo dallo strumento che è il gioco, nel senso che senza il gioco molte delle capacità dell'uomo non si sviluperebbero proprio per i motivi di cui abbiamo parlato prima. D'altronde anche Johan Huizinga, studioso olandese, nel suo noto libro Homo Ludens afferma tra le altre cose che la società umana sorge e si sviluppa nel gioco, come gioco.




Se quindi il gioco è anche una palestra per la realtà possiamo vedere le attività umane come il lavoro o lo studio come una continuazione del gioco. D'altronde il gioco (nella sua definizione vera e propria) racchiude i concetti di: attività, regole, competizione,obiettivi, sfida, e il prendere delle decisioni. Tutti questi aspetti li ritroviamo nella quotidianità, nella società, nelle attività umane e quindi nel mondo che ci circonda. Non solo,ma gli psicologi affermano che l'individuo nel corso del suo sviluppo tende a passare da un'attività ludica a una ludiforme, ciò significa che finita l'infanzia si cerca comunque di continuare a giocare nel lavoro o anche in altre attività, cercando in esso le giuste gratificazioni (infatti si dice solitamente che il lavoro è il gioco degli adulti).




Detto ciò, ci rendiamo conto di quanto il gioco sia una parte molto importante dell'uomo e che proprio la sua natura complessa e articolata, lo rende anche un mezzo espressivo unico rispetto a tutti gli altri. Infatti il gioco funge anche da mezzo espressivo nel senso che chi gioca (o comunque chi è impegnato in un'attività) esprime se stesso, le proprie abilità e comunica con gli altri giocatori e gli eventuali spettatori (come ad esempio nel calcio...). Non solo, il gioco permette a tutti di essere non più una mera parte passiva, ma una attiva. Permette di diventare protagonisti di un'attività, di una vicenda e ci trasforma in veri e propri co-autori di un messaggio.E per questo probabilmente ridurre il gioco a un semplice medium (cioè un filtro che permette il passaggio di un messaggio) sarebbe troppo riduttivo, proprio per la sua unicità rispetto agli altri media. Quindi dobbiamo considerare (come abbiamo visto nell'anteprima di Rules of play) il gioco su un ben altro piano della comunicazione, e per definire meglio le sue unicità (tenendo ben presente quanto detto prima) possiamo analizzarlo dividendolo in più parti (come di solito si procede quando si ha a che fare con fenomeni complessi):




Esistono almeno tre tipi principali di gioco: (ricordiamo che il gioco è un'esperienza e un'attività)




  1. Il gioco come apprendimento e palestra per la realtà ( in età puerile o il gioco come apprendimento), GIOCO COME ESPERIENZA O ESERCIZIO PER LA REALTà.
  2. Gioco della realtà, della vita (è la continuazione del gioco d'esercizio su una base più complessa. La vita, il mondo sono formati da attività umane che possono essere viste come giochi più complessi e reali) GIOCO COME ESPERIENZA DELLA REALTà E DELLA VITA.
  3. Giochi di fantasia e di ruolo ( che costruiscono con l'immaginazione propria dell'uomo dimensioni, mondi e vicende fantastiche e permettono di interpretare ruoli distanti dal gioco della realtà e la vita quotidiana; accade nei videogiochi, GDR live...). GIOCO COME ESPERIENZA DI FANTASIA e IMMAGINAZIONE.


Poi esistono anche altre categorie minori: giochi di astrazione della realtà (gli scacchi in fondo sono un'astrazione di una battaglia) o di altre tipologie di gioco stesse (il calcio ballila è astrazione del calcio vero e proprio per esempio, uno strategico è invece astrazione del gioco della reltà (o meglio il gioco della guerra). Poi il gioco è collegato alla fantasia e al processo creativo proprio dell'arte (gioco di terzo tipo) ( ES: un'artista gioca quando crea, un'attore gioca a un gioco di ruolo o gioco di fantasia, gioco di creazione artistica...).Gioco di sfida mentale(giochi di matematica, scienza...) che sono poi inclusi nel gioco della realtà oppure nel gioco di apprendimento ( a tutte le età). e infine il gioco degli sport, inclusi tra il gioco della realtà (sport pagati come calcio, tennis...).




Quindi il gioco include: concetto di esperienza, interattività con la realtà e soggetti o realtà immaginarie/astratte, sfida (di qualsiasi tipo), obiettivi, risultati (incerti o meno), immersione, immedesimazione in un ruolo/i specifico/i, gratificazione(presente in qualsiasi atto portato a un buon esito) o divertimento vero e proprio (vedi videogiochi), apprendimento, esplorazione, la possibilità di esprimere se stesso (le proprie abilità o pensieri) agli altri, il "ricevente" del messaggio non è passivo ma attivo e coinvolto in prima persona.




Questa prospettiva e modo di analizzare i giochi sono derivati da diversi testi e persone che suggeriscono uno stretto legame tra realtà e gioco (tale suddivisione è di mia concezione ma basata su considerazioni fatte anche da altri), infatti è possibile vedere il mondo come un gioco ( o perlomeno formato da giochi), si pensi al fenomeno della gamification proposta da Jesse Chell, o libro "Infinite and Finite games" di James P.Carse, o ancora "La vita quotidiana come rappresentazione" di Goffman (secondo il quale la quotidianità può essere vista come un teatro, nel quale le persone sono viste come attori che mettono in campo le proprie abilità in diversi contesti della vita; quindi come se tutti noi partecipassimo un grande gioco di ruolo dal vivo),o il "Gioco della vita" di Duccio Demetrio (accademico e scrittore italiano) e molti altri.




Questa prospettiva permette non solo probabilmente di apprezzare meglio la nostra vita, ma anche di capire ancora meglio l'importanza e l'unicità del fenomeno del gioco, visto questo stretto legame tra realtà e gioco. Vedere il mondo come un grande gioco, certamente più complesso, articolato e reale; rende giustizia al fenomeno ludico per troppo tempo considerato niente di più che un semplice passatempo. Nelle prossima puntata continueremo sicuramente tale discorso, analizzando anche il videogioco (come evoluzione del gioco stesso) e le sue particolarità, abbiamo appena scalfito la superfice di quello che è possibile parlare...




Inoltre il concetto di divertimento, da sempre legato al gioco merita una riflessione più approfondita e anche di questo ne parleremo nelle prossime puntate.




Spero che il mio primo articolo vi abbia in qualche modo interessato a questo campo, che in fondo è una vera e propria filosofia del gioco, spero di avervi offerto chiavi di lettura nuove che vi spronino a considerare ancora meglio le qualità del medium ludico e (anche della vita).




Commentate pure e se volete fornitemi anche dei consigli...
A presto comunque!



BIBLIOGRAFIARaccolgo qui sotto diverse citazioni (di libri e autori), alle quali ho attinto:



"Play is older than culture", Huinzinga. Homo Ludens



"The word "interactivity" isn't just about giving players choices; it pretty much completely defines the game medium".-Warren Spector, RE:PLAY: Game Design + Game Culture.



“Giro girotondo, casca il mondo, casca la terra ... tutti giù per terra!”.



“A chi pensa che il giocare non abbia a che vedere con la vita, con la complessità del piacere e del dolore, con i conflitti più profondi ed essenziali dell’essere umano e del suo stare nel gioco del mondo, a questi il girotondo si presenta con tutta la potenza e leggerezza di cui può essere capace. Nella frenesia del ruotare attorno e lasciarsi andare a mani unite l’umanità celebra il suo rito, riduce a metafora e simbolo la sua condizione esistenziale, e così la esprime e la mette in gioco”. “Fino a quando si opera con le antitesi popolari di ‘lavoro e gioco’, di ‘gioco e serietà della vita’ e così via, il gioco non è inteso nel contenuto e nella profondità del suo essere. Rimane nel contrasto d’ombre degli opposti fenomeni considerati, viene perciò oscurato e svisato. Vale come il non-serio, il non-impegnativo, il non-vero, come petulanza e ozio. Proprio nel modo in cui si raccomanda positivamente l’efficacia igienica del gioco si esprime il fatto che lo si continua a considerare come manifestazione marginale, come un contrappeso periferico, quasi un ingrediente che dà gli aromi al piatto pesante del nostro essere (...) Quando noi desumiamo l’immagine-guida per il nostro concetto di gioco solo dall’esistenza infantile, ciò ha per conseguenza che la natura dissimulata-sfuggente, ambigua, del gioco resta incompresa. In verità l’ampiezza del suo arco arriva dal gioco delle bambole della piccola fanciulla sino alla tragedia. Il gioco non è un’apparizione marginale nel passaggio della vita umana, non è un fenomeno contingente, solo occasionalmente emergente. Il gioco appartiene in modo essenziale alla costituzione ontologica dell’esistenza umana, è un fenomeno esistenziale fondamentale ”.
(Oasi della Gioia).



"L'uomo è un animale che gioca: deve sempre cercare di vincere in una cosa o l'altra.", Charles Lamb.



“Io non conosco più altri modi per affrontare i grandi problemi della vita che non sia il gioco.", Da G. Deleuze, Nietzsche e la filosofia,



"Non è certo la prima volta che nello studio dei processi umani ci imbattiamo in qualcosa che, espresso in termini non scientifici, ci è assolutamente familiare, ma che, nel momento in cui cerchiamo di spingerlo in un modo di pensare tradizionale o in qualche forma logica, finiamo per violentarlo fino a renderlo irriconoscibile, concludendo che non esiste solo perchè non riusciamo a parlarne come vorremmo. Mi pare che non dovremmo arrivare a questa conclusione. Dovremmo piuttosto prendere atto che non disponiamo di alcun concetto in grado di pensare il gioco in modo soddisfacente.", (Alex Bavelas)



“Giocare è l’esperienza più comune che ci possa capitare. Nel corso di un solo colloquio con un nostro simile (...) noi giochiamo con le parole, giocherelliamo con le dita, ma anche ci giochiamo in senso stretto la carriera, l’amore, il nostro futuro. Altre volte, nel bel mezzo di una situazione seria o impegnata, il gioco fa capolino con un ammiccamento, una strizzata d’occhi, una battuta improvvisa o un semplice gesto rilassato. (Per gioco. Piccolo manuale dell’esperienza ludica).



"Un’oscillazione che si propaga poi su entrambi i lati, seri e ludici, di ogni attività. Si gioca inevitabilmente con la vita seria (come la vite e il dado) e si immette serietà nei giochi. Senza questo doppio movimento, che si iscrive in un’oscillazione costitutiva, la vita seria non sarebbe sopportabile e il gioco non sarebbe divertente” .
Nel gioco il divertimento, ma paradossalmente anche il rischio, derivano dal fatto che il gioco permette di giocare tutto: lavoro, potere, amore e persino la morte.
Giocando non dimentichiamo la realtà; la realtà entra sempre nel gioco, ma protetta da un velo, da una maschera.L’idea che ci accompagna (...) è che il gioco è alla base della nostra vita. (Per gioco. Piccolo manuale dell’esperienza ludica).



"Giocare è un modo di stare nell’esperienza, nella realtà della mia vita. Riguarda certi giochi che faccio, ma riguarda innanzitutto tutto il mio modo di fare anche quando non gioco un gioco particolare". P. A. Rovatti, D. Zoletto, La scuola dei giochi, Bompiani, Milano, 2005

30 gennaio 2012 alle 18:27

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Nota a margine:
Questo articolo era già stato pubblicato in precedenza come semplice post in bacheca, ma per ragioni di continuità ed ordine, ve lo riproponiamo nello stesso formato degli altri.

 

Ottimo lavoro.
Ho appena finito di leggere entrambi gli articoli, come ho tempo spero di risponderti al secondo che ho trovato di notevole interesse.

Grazie.

 

Ho trovato molto interessanti i contenuti e l'esposizione sintetica ma efficace.
E' una affascinante teoria quella dell'uomo che gioca anche in quella che i più nerd chiamano "Real Life", unico appunto che parte da una considerazione personale: immaginare la vita reale come un grande e complicato gioco di ruolo, un immenso teatro, non rischia di sminuire il valore dell'altro identificandolo come una semplice rappresentazione e non come una persona reale? Un gioco di questo genere presuppone una conoscenza superiore di se e del mondo, è un gioco pericoloso :)
Leggerò presto anche gli altri articoli :)

 

Ciao,
sono contento che ti sia piaciuto, comunque quella di considerare la vita come teatro è ripresa dal libro e la tesi di Goffman, secondo il quale ogniuno è un attore che recita la sua parte; ma questo assolutamente non vuole sminuire il valore di nessuno. Poi è solo un'altro modo di considerazione, io ne ho proposti diversi, e trovo migliore quello di considerare la realtà e la società come il continuo del gioco dell'esperienza (cioè l'evoluzione di quello in età puerile, come avrai letto nell'articolo).Come ha scritto Huinzinga nella sua opera "homo ludens".
Cmq a presto!

 

Sei veramente bravo a scrivere,anche se ho capito che hai attinto da libri di filosofi e accademici,hai saputo,secondo me,interpretare alla perfezione il significato di questa magnifica parola,aprendomi un'enorme strada di apprendimento su di essa,ti ringrazio per aver scritto questo testo

 

grazie mille :) presto pubblicherò anche un Game Manifesto che esporrà e approfondirà molte questioni sul gioco. E approfondirà anche gli obiettivi di questo progetto! ;)
Voglio anche realizzare una teoria più originale sul gioco...