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Kurenai Nanami
Cover Dragon Quest VIII: Journey of the Cursed King per 3DS

Il ritorno di un'epopea

Dragon Quest VIII: L’odissea del re maledetto è l’ottavo capitolo della celebre saga Enix, ereditata dalla sua fusione con Squaresoft, sviluppato da Level 5 uscito nel 2004 in Giappone per Playstation 2, nel periodo della sua gloria assoluta, per poi essere portato in Occidente nel 2005 in America e nel 2006 in Europa, dove per la prima volta arrivò un capitolo di Dragon Quest.
Considerata la fama della Software House per la già decennale saga di Final Fantasy e il nuovo arrivato Kingdom Hearts, non vi è alcuno stupore nel notare il discreto successo di questo titolo; è stato per anni acclamato dalla critica e ricordato con un sorriso dal pubblico, motivo per cui, dopo oltre dieci anni dalla sua nascita, si è deciso di continuare il ciclo di remake degli episodi più amati della saga per le due console portatili Nintendo, successione di cui questo è il più recente essendo uscito il 20 di questo mese.

Avendo giocato la versione PS2, è sorta spontanea la curiosità di assistere a come Square Enix avesse modernizzato uno dei primissimi RPG a cui io abbia mai giocato: è dunque riuscita nell’impresa?
Procediamo con ordine, ripercorrendo il titolo punto per punto, analizzando sia le caratteristiche che si porta dalla sua uscita, sia le novità della versione 3Ds.

L’incipit della storia fornisce subito un tocco fantasy caratteristico degli RPG: un malvagio giullare di corte ha lanciato sulla corte di Trodain una terribile maledizione, dalla quale sono sopravvissuti soltanto il protagonista, re Trode e la principessa Medea, questi ultimi trasformati rispettivamente in un troll e in un cavallo. Lo scopo dell’avventura sarà dunque riportare il regno al suo splendore originario, con l’aiuto di altri personaggi tutti determinati a sconfiggere lo stregone.
Indubbiamente, la trama è quanto più rimasto invariato con il remake, a parte per la maggior attenzione in alcune scene dedicata all’eroe e all’antagonista; per quanto la sua semplicità e leggerezza possa far storcere il naso a coloro abituati a RPG più di nicchia, rimane in ogni canzone so gradevole e divertente grazie alla presenza di numerosi sipari comici e alla discreta fluidità con cui gli eventi scorreranno, man mano che visiteremo nuovi luoghi.

Un altro aspetto che sicuramente i fan di vecchia data saranno contenti di ritrovare sono i personaggi; anche questi, come la trama, non sono dotati di una spiccata profondità o di una caratterizzazione particolarmente articolata, eppure la loro simpatia unita all'inconfondibile e unico stile di character design della matita di Akira Toriyama permette di stamparli a pieno nei ricordi del giocatore.
Sicuramente non mancano gli stereotipi, per quanto riguarda le personalità: Yangus è il classico duro dal cuore d’oro, Jessica la classica ragazza testarda e dolce al tempo stesso, Angelo il classico Don Giovanni vissuto. Ribadisco comunque, anche per quanto riguarda questi cliché, che la semplicità di Dragon Quest VIII rimane genuina senza sfociare eccessivamente nel banale.

Un altro punto alquanto fedele all’originale è il gameplay, che conserva le sue caratteristiche principali: le battaglie sono a turni, le azioni dei personaggi giocabili e quella dei mostri avverranno dopo che avremmo dato indicazioni a tutto il nostro gruppo, la visuale sarà in prima persona nei momenti di decisione e in terza quando gli attacchi verranno mostrati. Il tutto unito con le classiche magie, con le tipiche tecniche d’attacco e con una buona varietà d’armi per ciascun personaggio, per quanto ognuno abbia un ruolo ben specifico; ad esempio, Jessica può utilizzare coltelli e fruste, ma le sue peculiarità consistono nel lancio di vari incantesimi.

Poiché di primo impatto sembri che ogni cosa giocabile in Dragon Quest VIII per 3Ds sia strettamente fedele all’originale, in questa parte vorrei concentrare la recensione sulle novità e migliorie che questa versione ha da offrire; per quanto riguarda il punto discusso poco sopra, ossia le battaglie, queste non sono più casuali e i numerosi nemici che bisognerà affrontare nel corso dell’avventura sono ben visibili sullo schermo: scelta non da poco, in quanto questa abitudine di moltissimi videogiochi di ruolo alla giapponese stava invecchiando pesantemente, rendendo l’esperienza a lungo andare frustrante. Sempre riguardo agli scontri, questi sono ora molto più agili e immediati grazie alla possibilità di velocizzare i momenti dove vengono messe in atto le azioni.
Altre trovate che sicuramente agevolano la prolissa avventura sono la possibilità di salvare fuori dalle chiese, per quanto il salvataggio sia rapido e sparisca una volta caricato, e il miglioramento del sistema di alchimia: il pentolone di Trode non solo potrà creare nuove ricette, ma sarà possibile ottenere più di un oggetto alla volta e il tempo di attesa sarà istantaneo. Tra le aggiunte che noteranno principalmente i fan di vecchia data vi sono anche anche l’arricchimento del bestiario, che comprende ora mostri inediti e nuove colorazioni di alcuni già presenti, due nuovi dungeon, nuovi costumi e due nuovi personaggi giocabili: Red, un’abile ladra vecchia conoscenza di Yangus, e Morrie, proprietario di un'arena provvisto di accento italiano nella versione inglese.
Infine, un simpatico sistema di fotocamera che permette al giocatore di immortalare veri e propri screenshot della sua avventura e salvarli in una scheda SD; questa nuova funzione è protagonista di diverse quest date da un nuovo NPC, ciò è dunque un valido incentivo per esplorare il mondo di gioco.

Come ogni remake che si rispetti, anche questo porta migliorie grafiche: le figure hanno contorni più morbidi e definiti, il tutto risulta quindi adattato impeccabilmente alle aspettative della piccola console di casa Nintendo, la quale tuttavia penalizza il comparto sonoro in quanto, considerando il passaggio da console fissa a portatile, non è stato possibile mantenere a pieno l’aspetto orchestrale della colonna sonora.

Ultimo punto su cui discutere è la longevità, la quale rimane sempre alta come nell’originale; tuttavia, grazie alla possibilità di accelerare le battaglie ed essendo diventato molto meno dispersivo l’andare in giro nel mondo di gioco grazie alla presenza della mappa nello schermo inferiore, questa risulta accorciata... nonostante una sessantina di ore di sola trama non ve le toglie nessuno.

Per concludere: Dragon Quest VIII si riafferma una pietra miliare del suo genere, nonché a tutti gli effetti il capitolo portavoce della saga.
Con questa nuova versione è riuscito ad approcciarsi non solo ai veterani che desiderano rivivere questa odissea, ma anche ai novizi interessati a questa grazie alle sue nuove e comode feature.
Consiglierei questo titolo a tutti coloro che hanno amato l’originale e a chi rimane affezionato ai videogiochi di ruolo alla giapponese di stampo classico, mentre non lo consiglierei a chi cerca un RPG innovativo o dove proseguire sia particolarmente veloce e sbrigativo.

8.5

Voto assegnato da Kurenai Nanami
Media utenti: 8.6 · Recensioni della critica: 8.8

Kurenai Nanami
Cover Odin Sphere Leifthrasir per PS Vita

Scommetto che la prima cosa la quale balzerà immediatamente ai vostri occhi è il voto che ho dato al gioco. Ma procediamo con ordine.

La trama di Odin Sphere ha come palcoscenico il mondo di Erion e i suoi reami, tutti coinvolti in una violenta lotta per la conquista del potere, nonostante i regnanti e i personaggi che caratterizzano ciascun territorio siano tutti diversi tra di loro.
Per tutta la storia, il ritmo degli eventi rimane costante e scandito: in ogni capitolo ci avviciniamo sempre di più alla meta e nessun azione di qualsiasi personaggio è fine a se stessa. A differenza di tantissimi RPG, la cui trama è composta principalmente da un inizio lento, noioso o dove i personaggi non compiono nulla di concreto per almeno una dozzina di ore di gioco, gli ingranaggi di questo marchingegno chiamato Odin Sphere partono a girare appena il giocatore, nei panni della piccola Alice, decide di leggere il primo libro.
Le storie dei cinque protagonisti non fanno altro che dare l’elemento climax al tutto, in quanto più si prosegue, più forte ruotano gli ingranaggi da poco citati: nella storia di Gwendolyn abbiamo una sorta di introduzione generale alla maggior parte dei regni, in quella di Cornelius le complessità all’interno di Titania e la spiegazione della terribile maledizione Puka - la quale colpisce in prima persona molti personaggi incontrati, nell’insieme degli eventi di Mercedes si conclude la presentazione dei regni con i dissidi politici di Ringford, con il libro di Oswald viene data luce a molti retroscena sopratutto della prima e della terza storia e, infine, con la storia di Velvet si introduce ciò che succederà nell’ultimo libro giocabile. Queste cinque storie, se prese singolarmente, potrebbero risultare prevedibili e ciò non posso negarlo; tuttavia, ciò che certamente rimane interessante è l’intreccio, il risultato della combinazione di tutte queste a fare la differenza.
Nonostante la poca presenza di plot twist per la maggior parte del gioco, la trama è indubbiamente uno dei suoi maggiori punti di forza.

Un altro dei maggiori pregi di Odin Sphere sono senza dubbio i dialoghi, anch'essi legati allo storyboard; per essere credibile e presentarsi con maturità, qualsiasi storia deve avere dei personaggi con interazioni sensate e studiate, altrimenti qualsiasi evento perde di senso e realismo, aspetti che rimangono importanti pur trovandoci in un mondo dalle tinte fantasy.
Le interazioni tra i vari caratteri si mostrano oltre tutto questo, poiché non sono solo sensate e scritte degnamente, ma si adattano anche al contesto narrativo: se durante gli scontri vediamo un lessico bellicoso e solenne, nelle scene più tranquille o sentimentali si raggiungono toni romantici e a dir poco poetici.

Se la storia è sublime, con i personaggi Odin Sphere raggiunge il picco assoluto: abbiamo dei protagonisti dinamici e con una propria personalità, che vanno oltre l’essere delle semplici marionette sopratutto con i loro percorsi durante la propria storia: Gwendolyn abbandona la via del dovere e della schiavitù per agire secondo la sua propria volontà, Cornelius affronta una maledizione a testa alta impegnandosi per trovare una soluzione anche per tornare dall’amata, Mercedes smette di comportarsi da viziata e inizia a prendere le sue responsabilità da regina, Oswald si libera dalle proprie catene di oscurità e rimorso per andare incontro alla libertà conferitagli dall’amore e Velvet cerca in continuazione, insieme al fratello, un modo per prevenire la profezia della stessa madre e rivedere Cornelius.

Gli antagonisti e i personaggi secondari non sono assolutamente da meno: per la prima categoria abbiamo Odino, Re Onyx non il Pokémon, i Saggi, Melvin ma sopratutto Valentine con il suo background e la disperazione che porta con sé… tutti questi potrebbero risultare simili in quanto arroganza e bramosia di potere, ma hanno tutti storie e personalità differenti e uniche. Per la seconda tipologia, invece, abbiamo il misterioso Ingway, che nasconde uno dei plot twist più importanti della trama, e i tre Draghi: inizialmente ostili, ma i quali finiranno sempre, in qualche maniera, ad aiutare i cinque protagonisti.
Nessuno è inutile o dimenticato, tutti quanti contribuiscono a dar luce agli eventi e ad arricchire il comparto narrativo del gioco, i cui personaggi formano assolutamente uno dei suoi punti più forti.

E preparatevi a sfregarvi le mani in tutti i sensi possibili prima di interagire con questo titolo, perché vi accorgerete ben presto che qualsiasi aspetto giocabile in Odin Sphere, sia questo una battaglia o meno, è letteralmente oro colato.
Inizio a parlare del sistema di combattimento, che è stato modernizzato apposta per l’uscita del remake: dinamico, immediato e divertentissimo, non particolarmente complesso ma che fa il suo dovere primario, ossia intrattenere il giocatore. Ciascun personaggio ha un sacco di abilità sia attive, sia passive e ciò permette anche una buona personalizzazione dei personaggi: possiamo scegliere quali abilità potenziare al meglio, quali utilizzare in battaglia e come posizionarle in un menù apposito dove assoceremo una skill a una combinazione del tasto Cerchio e della levetta sinistra. Impossibile non fare gli elogi al sistema di sviluppo, semplice ma ben strutturato: necessiteremo dei Fozoni, energia rilasciata dai nemici una volta sconfitti e che giocheranno un ruolo notevole all’interno della storia, per aumentare il livello delle già citate abilità per un massimo di 5 per le attive e di 3 per le passive.

Una cosa del comparto giocabile di Odin Sphere che mi ha letteralmente stupita è il suo sistema di leveling: non si guadagna esperienza sconfiggendo montagne di nemici, quanto più... abbuffandoci come maiali. Non vi sto prendendo in giro, nel corso della nostra avventura, infatti, troveremo svariati tipi di cibi che, se mangiati, ripristineranno PV e aumenteranno la nostra esperienza; ci sono i semplici frutti, coltivabili con gli appositi semi e con una certa quantità di Fozoni, i singoli ingredienti - come latte, uova e formaggio -, le carni e, infine, i veri e proprio piatti da ristorante, i quali li troveremo o nel villaggio Puka, o nel ristorante itinerante di Maury nelle aree di riposo.
Per quanto ogni storia fosse un susseguirsi delle stesse aree di battaglia, non ho mai avvertito sensazioni di ripetitività ed eccessiva linearità; inutile dire che questo succede quando un gioco è sviluppato come si deve.

L’impatto visivo di questo RPG è senza dubbio una gioia per gli occhi: gli sfondi degli ambienti sono minuziosi e dettagliati, tutti i personaggi acquistano unicità grazie al loro desing curatissimo e ricco di particolari. Nonostante i dissidi che lo caratterizzano, Erion è un mondo coloratissimo e vivo, dalle molteplici sfumature.
Applausi anche per le animazioni; nella versione originale, queste presentavano spesso dei lag o cali di frame, ma il remake è completamente privo di sbavature sotto questo punto di vista. L’aspetto grafico è un altro degli elementi che rende Odin Sphere a dir poco incantevole, così come la sua eccezionale direzione artistica.

Un piccolo appunto per l'ambientazione, aspetto che valuto particolarmente nei videogiochi di questo tipo: se siete amanti dei mondi fantastici occidentali, rimarrete assolutamente soddisfatti e rapiti dagli scenari magici che esplorerete. Per quanto le menti dietro a tutto questo siano giapponesi, si notano ben pochi clichè di questa etnia a noi lontana e troverete, inoltre, alcuni elementi delle mitologie europee, una su tutte quella norrena.

Colui che si è curato della colonna sonora del gioco è il maestro Hitoshi Sakimoto, noto per aver composto le musiche di Final Fantasy Tactics e Final Fantasy XII. Bastano semplicemente un nome e un cognome a dirla lunga? Non è detto, perciò mi permetto di dilungarmi: le tracce di Odin Sphere sono semplicemente eccezionali per il genere a cui appartengono. Avendo questo una scenografia fantasy-medievale, ci si aspetta pezzi puramente orchestrali e così effettivamente si presentano. Non solo il loro stile si sposa degnamente con l’ambientazione, ma anche con le situazioni e le atmosfere presenti; ad accompagnare le battaglie abbiamo musiche frenetiche e le quali coinvolgono tutti gli strumenti di un corpo orchestrale, in particolar modo gli archi, mentre in giro per le città o nei momenti di calma avremo ritmi più moderati e saranno i fiati a predominare.

Per quanto riguarda la parte sonora, mi sento in dovere di menzionare un altro aspetto estremamente importante per un videogioco odierno: il doppiaggio, che in Odin Sphere è stato diretto come Dio comanda. Chi ha sulle spalle una buona esperienza da giocatore di RPG riconoscerà gran parte delle voci, troviamo infatti doppiatori di buona fama come Karen Strassman (voce di Gwendolyn, ricordata anche come Aigis di Persona 3 e Anna dei recenti Fire Emblem), Yuri Lowenthal (voce di Cornelius, conosciuto nel mondo degli RPG come Yosuke da Persona 4 e Cecil da Final Fantasy IV), Stephanie Sheh (voce di Mercedes, conosciuta anche come Natalia da Tales of the Abyss e Histoire da Hyperdimension Neptunia) e molti altri ancora. Non credo affatto di avere un’interpretazione preferita in quanto tutti siano stati in grado di riflettere, servendosi della sola voce, la natura, la personalità e le emozioni dei personaggi.
Chi mi conosce ricorderà il mio giudizio riguardo alla voce di Oswald; ritenevo infatti il tono troppo grave e scuro per un ragazzo dall’apparenza giovane. Conoscendo meglio il personaggio e osservando la sua oscurità sopratutto iniziale, mi sono ricreduta completamente: Derek Stephen Prince (voce anche di Takaya da Persona 3 e chaos da Xenosaga) è forse l’unico nel mondo dei doppiatori americani conosciuti ad accompagnare un personaggio del genere sia nei suoi momenti di buio, sia nelle scene più serene.

L'ultima questione da discutere è la longevità: la sola storia dura all'incirca 30-40 ore, ossia lo standard assoluto per un RPG. Completarlo al cento per cento non richiede molto in più, il platino è alquanto semplice da ottenere e giocando solo la trama si avrà, come minimo, metà dei trofei.
Non mi sarebbe dispiaciuto se la trama fosse durata leggermente di più, ma considerando sia gli eventi, sia il rischio di avvertire seriamente il senso di ripetitività, probabilmente è meglio così.
Per quanto Odin Sphere non sia uno degli RPG più longevi, reputo la sua durata più che accettabile e che permette di non tralasciare assolutamente nulla, rendendo l'esperienza tutt'altro che affettata.

Tirando le somme, Odin Sphere non porta niente di particolarmente innovativo o mai visto prima nel mondo degli RPG. Tuttavia, la sua trama ben studiata e personaggi carismatici, accompagnati da combattimenti vivaci e un’ambientazione ben curata, rendono l’esperienza assolutamente coinvolgente.
La versione Leifthrasir si mostra come la degna rinascita di un titolo che è stato salvato dall’essere completamente dimenticato, offrendogli una seconda possibilità in maniera da coinvolgere sia i veterani, sia i neofiti del genere.
Consiglierei questo gioco a tutti gli appassionati degli Action-RPG e a chi cerca una storia intelligente con personaggi ben pensati, mentre lo sconsiglierei a chi ama le strutture di gameplay rigide, lente e mai lineari.

Ho dovuto tagliare un po' la recensione originale per postarla su Ludomedia, se volete la versione completa con tanto di introduzione seria, screenshots e pareri più intimi vi invito ad andare qui: http://pickaquest.blogfree.net/?t=538393 …

10

Voto assegnato da Kurenai Nanami
Media utenti: 9.6 · Recensioni della critica: 8.9

Kurenai Nanami

ha scritto una recensione su Heavy Rain

Cover Heavy Rain per PS3

Quando ho preso in mano Heavy Rain per la prima volta, non avevo la più pallida idea di ciò a cui avrei assistito, nonostante fossi a conoscenza dell'incipit di trama: un padre che supera prove insidiose e folli per salvare il figlio dalla morte imminente.
Ed è proprio riguardo a Ethan e Shaun che inizio a parlare della trama, punto focale dell'intero gioco; mi è piaciuto molto il fatto che, al momento del rapimento di Shaun, il rapporto tra i due non fosse sereno e spensierato come due anni prima dell'inizio della trama effettiva ma, al contrario, dopo ciò che successe al primogenito di Ethan, il figlio quasi non vuole più vedere il padre, che si ostina in ogni caso a portarlo in salvo.
Per il resto, la trama si lascia seguire e tiene un ritmo costantemente buono per quasi tutto il gioco. L'unico vero e proprio plot twist che ci potesse essere, ossia l'identità del killer degli origami, non l'ho trovato affatto scontato e mi schiero dalla metà di giocatori che, alla rivelazione, è rimasta a bocca aperta - l'altra metà, invece, so che l'ha trovato forzato e forse scontato.
Un elemento che rimane una costante all'interno della trama è la pioggia, quella pioggia incessante e pesante che dà il titolo al gioco; ogni volta che scende, significa spesso cattivi presagi, situazioni ingestibili, paura... Sentimenti completamente diversi dalla calma del prologo, dove Ethan giocava spensierato con i suoi bambini sotto al sole, ignaro di tutto ciò che sarebbe successo.
Nonostante la bella trama, Heavy Rain ha un grosso, oserei definire gigantesco MA...
Esatto: i maledetti buchi di trama. Nonostante io abbia apprezzato il gioco, non ho potuto fare a meno di notare che molte situazioni rimangono senza risposta, esempi:
- Non vengono MAI spiegati i motivi dei famosi blackout di Ethan, che erano una delle cose che più mi incuriosivano
- Il motivo per cui Madison soffra di insonnia viene spiegato solo tramite un DLC, era proprio necessario?
- Nell'ultima prova, ciò che l'assassino ha "lasciato" a Ethan per superarla, siccome non ha avuto l'effetto che solitamente tale oggetto ha sui comuni mortali, cos'era effettivamente?
- Alla fine della storia, si vede ciò che succede ai personaggi sia che siano vivi, sia che siano morti. Tuttavia, c'è un personaggio che, se rimane in vita, non si sa che fine faccia.
Ce ne sarebbero altri di quesiti, ma mi fermo qui onde evitare spoiler. E, nonostante il peso di questi buchi si senta, la storia rimane comunque godibile.
I personaggi sono forse il punto forte di tutto il comparto narrativo, sia quelli principali sia quelli secondari che incontreremo in un solo episodio hanno tutti la loro personalità, le loro paure e i loro obiettivi, nonostante quello dei protagonisti sia effettivamente trovare più indizi possibili riguardo al killer. Penso i miei preferiti rimarranno la tosta Madison e il mmmurricanissimo Norman (di cui mi è piaciuto moltissimo l'accento nel doppiaggio inglese).
Il gameplay è forse la parte più frustrante del gioco, in quanto limitato ad azioni con la levetta destra R3 del controller; nonostante ciò, c'è un aspetto della parte effettiva di gioco che ho adorato alla follia, ossia le parti dove Norman Jayden indossa l'ARI e si trova sia a raccogliere indizi, sia a risolvere i resoconti della situazione. Nonostante non fossero così frequenti in quanto l'agente non sia il protagonista, mi sono piaciuti tanto e mi sentivo veramente immersa nell'investigazione.
Il comparto grafico è buono, non mi sono dispiaciuti affatto i modelli dei personaggi; su quello sonoro, invece, ho due cosette fondamentali da segnalare: la prima è che le musiche sono strepitose e calzano a pennello con le situazioni e lo stato d'animo dei personaggi, chapeu. La seconda è METTETE IL DOPPIAGGIO IN INGLESE.
Ho sentito le voci italiane e mi sono quasi sanguinate le orecchie, vi spiego: i doppiatori sono stati quasi tutti espressivi nella loro parte... Peccato che l'assegnazione delle voci sia stata fatta letteralmente a caso. Pino Insegno, per esempio, è senza dubbio uno dei doppiatori più esperti e bravi del nostro paese, ma perché tra tutti i personaggi proprio un uomo di neanche quarant'anni come Ethan?
Le voci che si salvano si contano sulle dita di una mano, mentre il doppiaggio inglese è praticamente perfetto sia in quanto a scelta delle voci, sia in quanto espressività.
Termino con la longevità, dicendo che il gioco non durerà più di 10 ore; ma, se ci tenete a platinarlo, a osservare più finali o semplicemente più esiti nelle varie storie, allora sarà richiesta una bella rigiocata.

Concludo dicendo che, nonostante a mio parere Heavy Rain non sia il capolavoro assoluto che molti dicono, rimane comunque una storia bellissima, coinvolgente e indimenticabile. Non a tutti potrà piacere, ma consiglio a chiunque sia fan dei videogiochi dotati di uno storyboard come questo di dargli una possibilità.

8.8

Voto assegnato da Kurenai Nanami
Media utenti: 9 · Recensioni della critica: 9

Kurenai Nanami

ha scritto una recensione su Persona 4: Golden

Cover Persona 4: Golden per PS Vita

Finalmente posso anche io esprimere un parere su questo magnifico gioco!

La trama è una perla del genere JRPG indubbiamente, all'inizio può non apparire così appassionante, le cutscene iniziali possono sia incuriosire sia annoiare e alcuni potrebbero sentire odore di "già visto". Al contrario di questi ultimi, l'ho apprezzata proprio per la sua originalità sempre più rivelata, nonché per la grande profondità che raggiunge in molti punti; "ricerca" e "verità" sono senza dubbio le parole chiave di questa storia, non solo di ciò che si nasconde dietro al caso che ci ritroveremo a risolvere, ma anche dei veri sé stessi dei protagonisti, e perché no, anche del nostro vero "io".
Ho adorato i riferimenti alla mitologia giapponese sia nei Persona dei protagonisti sia a degli eventi parecchio spoiler che, ahimè, devo stare attenta a citare. Pur non essendo esperta, dopo aver finito il gioco non ho potuto fare a meno di informarmi un po' dappertutto e, personalmente, trovo questi riferimenti molto ben inseriti!
Ammetto che alla fine, dato il fatto che tutti i boss da quello di Void Quest in poi - Shadow Naoto esclusa - fossero tutti dei potenziali boss finali dati i sospetti che ricadevano su di loro, stentavo quasi a crederci che l'avventura fosse veramente finita. xd
I personaggi sono assolutamente il punto più forte del gioco. Un cast composto da adolescenti (e un orso) con una caratterizzazione profonda, mai banale e solida, e questo vale sia per il gruppo in sé, sia per i singoli caratteri.
Ho adorato l'inserimento degli Shadow Self di questi, raramente in un videogioco (ma anche in una storia qualsiasi) i lati oscuri dei personaggi vengono mostrati in questo modo. E se c'è una cosa che mi ha fatta impazzire, è il fatto che i Persona si ottengono proprio sconfiggendoli, perché è accettando noi stessi per chi siamo veramente il modo per la quale possiamo diventare invincibili, sia nella vita vera sia in un mondo parallelo al nostro nascosto all'interno della TV.
Inoltre, è stato molto interessante scoprire sempre di più dei personaggi tramite i Social Link molto profondi e i quali fanno ricredere su alcuni che di primo impatto possono dare un'impressiono non molto positiva, ma alla fine non si potrà fare a meno di adorarli.
Pure i personaggi secondari riescono a reggere più che degnamente il confronto con il cast principale, non solo Dojima e Nanako e il loro, talvolta, burrascoso legame padre/figlia, ma anche coloro che troveremo a scuola, al nostro lavoro part-time o in giro per strada. Tutti nascondono qualcosa, tutti sono da scoprire.
Per quanto io abbia adorato tutto il cast, mi sento in dovere di fare delle menzioni speciali: Yosuke, Rise (nella quale mi sono ritrovata più e più volte), Kanji e Naoto sono senza dubbio quelli che più mi sono entrati nel cuore.
Parliamo del gameplay! Ho giocato al predecessore Persona 3, personalmente trovo P4 decisamente più avanti e con meccaniche, seppur simili, molto più dinamiche e divertenti.
L'esplorazione ora è molto più leggera, ci ritroveremo davanti a dungeon non solo dal bel desing e dalle belle ost, ma anche di otto-nove-dieci piani (alla faccia dei duecento e passa del Tartarus asd) dove le battaglie contro gli Shadow non annoieranno mai, anche grazie a qualche aggiunta sparsa qua e là della versione Golden.
Il livellaggio potrebbe parere stressante all'inizio, ma personalmente non mi sono mai stufata e, grazie alle Golden Hand, a volte far raggiungere ai personaggi il livello desiderato non è assolutamente complicato.
Una cosa che ho notato, a differenza di P3, è che i soldi vengono spesi molto di più e spesso mi sono ritrovata in bancarotta, niente che una sana serie di battaglie per il dungeon più recentemente sbloccato non possa risolvere. :D
Al di fuori della TV, la vita a Inaba non è mai statica e ci sono moltissime cose in più da fare oltre ai Social Link! Dato che le statistiche non di battaglia sono cinque e non più solo tre, si è certamente propensi a passare i pomeriggi piovosi a farle salire per sbloccare nuovi SL e altro ancora.
Assolutamente niente da dire per quanto riguarda la grafica. La trasposizione PS2 -> PSVita è molto ben fatta e fluida nel Golden (considerando che ho sentito più di una lamentela riguardo la grafica per la console di sesta generazione).
Molto espressivi i modelli dei personaggi, molto ben curato l'aspetto dei dungeon, pollice in su anche per le cutscene in stile anime!
Anche nella colonna sonora, rispetto a Persona 3, siamo avanti anni luce. Fin dall'inizio le OST catturano ed entrano subito in testa con il loro stile energico, a volte più scatenato come nelle battle theme e altre volte un po' più rilassato come nelle theme mentre si è in giro per la città o a casa.
E a proposito, ho amato alla follia tutte le battle theme, non solo le due di base ma anche le boss theme (I'll Face Myself è ormai una colonna sonora pure della mia vita) e, se proprio dovessi scegliere una OST preferita in assoluto, direi certamente quella pre-boss finale: Mist, un tripudio dinamico di chitarre ed emozioni, tutto in perfetto stile Persona 4.
Non mancano di certo le OST che si possono ascoltare nei Social Link o nei momenti di tensione o tristezza, le quali toccano il cuore e commuovono accompagnando degnamente le scene.
La longevità è ottima, perfetta oserei dire per un gioco come questo. La sola, magnifica trama durerà sulle 70-80 ore, mentre impegnandosi al massimo si arriverà a oltre cento ore di puro divertimento e pure emozioni!

Conclusione: Persona 4 è un titolo che ogni possessore di un emulatore PS2 o di una PSVita dovrebbe giocare. Un'avventura indimenticabile, che mi dispiace molto aver concluso in poco più di un mese e per la quale non ringrazierò mai abbastanza il mio ragazzo per avermela prestata!
Oh e, come se non bastasse, si è guadagnato una posizione nella mia Top 5 di videogiochi, anche se ancora devo decidere dove collocarlo di preciso. Chissà, se riflettessi un pochino di più considerando tutto ciò che rende questo gioco magnifico, potrebbe anche raggiungere facilmente la top 3!

9.5

Voto assegnato da Kurenai Nanami
Media utenti: 9.2 · Recensioni della critica: 9.1

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