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Siren: blood curse [recensione]

Lì, in quel ridente villaggio rurale che è Hanuda

SIREN: BLOOD CURSE si presenta come un titolo di genere survival horror giapponese – credo uno dei pochi, se non unico, di questa generazione – con qualche americanata annessa.
E’ una sorta di remake del primo capitolo della ‘saga’, Forbidden Siren per PS2.



Il gioco delinea le vicissitudini di vari personaggi che, chi per un motivo o per un altro, si trovano nel villaggio di Hanuda e si dovranno destreggiare nei vari luoghi del posto per venire a capo di cosa sia successo e cercare di sopravvivere alle orde di shibito (zombie giappocineseggianti) che infestano il villaggio stesso.
Una troupe televisiva, intenta a filmare uno strano evento in uno strano posto (appunto uno sperduto villaggio rurale nel bel mezzo del… boh), si ritrova spettatrice di un rito sacrificale che non sembra andare a buon fine a causa della comparso di Howard, un altro protagonista che impersoneremo durante la storia.
A questo proposito, infatti, avremo a disposizione più di un personaggio da comandare e portare avanti, ognuno con le sue peculiarità, il che permette anche di “variare” un minimo sotto l’aspetto del gameplay: se con Howard possiamo impugnare le più svariate armi, tra bianche e da fuoco, logicamente lo stesso non possiamo fare con la bambina, con la quale siamo costretti, ovviamente, ad agire unicamente alternando fasi stealth con fasi di fuga, dato che è impossibilitata ad impugnare armi di sorta per ovvie motivazioni.



Nel muoverci saremo aiutati, oltre che dalle armi di fortuna disseminate qua e là (il gioco vanta un discreto numero di armi bianche e pseudo tali – anche perfettamente in linea con l’ambientazione generale – oltre che ben poche armi da fuoco), anche dal potere del sight jacking, il quale, una volta attivato, ci permette di vedere attraverso gli occhi dello shibito “puntato” in modo tale da capire i suoi spostamenti in una determinata area. Inoltre è possibile attivare il potere e allo stesso tempo continuare a muovere il nostro PG tramite uno split screen, il che potrebbe risultare comodo da un lato, ma la visuale data dallo splittamente l’ho trovata decisamente poco comoda allo scopo (personalmente infatti il SJ l’ho usato veramente in poche e necessarie occasioni, ho preferito per la maggiore muovermi furtivamente).



Come già detto, Blood Curse è in tutto un survival horror, anche se non manca nell’avere sprazzi action, ma vi assicuro che in nessun momento quest’ultimi diventano invadenti rispetto al genere madre per il quale è stato concepito il gioco.



Se vi aspettate un survival dove l’esplorazione fa da porta bandiera, scordatevelo: c’è da dire, anzi, che la voglia di ispezionare ogni punto delle locations non raggiunge livelli così alti, anche perché i nemici spesso e volentieri sono ubicati in zone “strategiche” che facilmente ci limitano nella esplorazione libera (ma è anche vero che il gioco non è stato concepito con questo intento).



L’IA dei nemici, per quanto ho potuto constatare, è a tratti altalenante (considerando che l’ho giocato a facile, e pure non è stato così “facile”, nel senso che in qualche punto non è che abbia avuto fatica, ma la strada non era propriamente in discesa): alle volte basta un ciuffo di capelli fuori posto, che sporge dall’angolo di un muro, per farti scoprire e, hai voglia a girare, difficilmente ti mollano, altre volte invece lo stesso stratagemma funziona fin troppo bene e al primo angolo svoltato non ci penseranno più.
Nel complesso comunque la difficoltà l’ho trovata abbastanza bilanciata: si trovano shibito un po’ ovunque e la mancanza effettiva di armi ci costringe in svariate occasioni ad evitare lo scontro diretto in quanto avremo la peggio stando a mani nude… più conveniente darsela a gambe.



So per fama che i due Forbidden Siren precedenti (il primo in modo indiscusso) avessero un gameplay che dire ostico è poco. In Blood Curse, a paragone, questo è piuttosto semplice sotto quasi tutti i punti di vista, l’unica cosa che mi è mancata è un tasto che permetta a PG specifici di rotolare (e quindi eventualmente schivare) e un sistema che potesse agganciare il nemico nel combattimento. Senza quest’ultimo sono finita più di una volta a non allinearmi con lo shibito da affrontare andando a volte a vuoto con i colpi (quante imprecazioni!).
Nonostante quindi il gameplay sia stato molto semplificato, ci vuole giusto un attimino di pazienza per prenderci familiarità, soprattutto per abituarsi alla coppia furtività/sight jacking.
Si aggiunge alla semplicità di “movimento” un sistema di obiettivi a prova di stupido. In pratica ti prende la manina e ti conduce alla fine di ogni obiettivo secondario, fino alla fine di quello principale. Per il 95% del gioco non si avrà il minimo dubbio su cosa bisogna fare e in che modo, anche perché sulla mappa ci viene anche segnato, tramite un segnalino blu, dove-come raggiungere una determinata area interessata o un determinato oggetto/arma che ci serve appunto per andare avanti…



La trama è suddivisa in episodi, ognuno dei quali a sua volta è suddiviso in vari capitoli. Ed ecco l’americanata: ogni inizio episodio è preceduto da un filmato stile …nelle puntate precedenti e ad ogni fine episodio invece si accompagna una sorta di nella prossima puntata…. Manovra carina, ma sinceramente non ne ho capito il senso, sempre se si è voluto dare un senso a questa cosa. Mi viene comunque più facile credere che sia stato giusto un tocco di stile da telefilm che, a mio parere, se fosse mancato non avrebbe nel complesso tolto nulla al gioco in sé.



Le sessioni di gameplay di questo Siren sono decisamente brevi (considerando anche che in alcune è possibile “non perdere tempo” e farsi la location tutta di corsa evitando gli shibito sul cammino) il che sviluppa dei pro e dei contro:
- Di buono c’è che la tensione si mantiene costante durante la nostra esperienza, non vengono creati momenti morti e, quindi, raramente ci si annoia giocando
- Di contro, però, sono davvero troppo brevi! Diventa un eccesso al contrario, il gioco si velocizza veramente troppo. Quasi quasi non si ha nemmeno il tempo di accumulare l’ansia “necessaria” che si riesce tranquillamente a terminare il capitolo, scaricandola di conseguenza, sapendo che si può tirare un sospiro di sollievo.



Venendo ora alla parte più tecnica e premettendo che di grafica ne capisco poco e altrettanto poco mi interessa, non mi pare di aver notato una brutta resa grafica, anzi. Non mi è per niente dispiaciuto e mi sembra che i luoghi sviluppati siano stati fatti con una certa cura nel dettaglio, rendendo le ambientazioni davvero gradevoli agli occhi.
Per quanto riguarda gli effetti sonori nulla da segnalare nemmeno qui. Certo, non ha un comparto sonoro che ti rimane nel cuore e fa gridare al miracolo, anche perché non mi pare ci sia una vera e propria colonna sonora. Più che altro nel gioco siamo accompagnati da vari effetti, accentuati quando attiviamo il SJ e sentiamo proprio le parole/versi dei simpatici shibito.



Nel complesso un buon gioco e un buon serviva horror next gen. Sono rimasta molto soddisfatta dell’acquisto e credo che a chi piaccia il genere dovrebbe farci il medesimo pensierino.

pubblicato alle 14:15 del 12/05/2012

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