Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Oldboy condivide alcuni suoi interventi solo con i suoi amici. Se vuoi conoscere Oldboy, aggiungilo agli amici adesso.

Oldboy

ha scritto una recensione su INSIDE

Cover INSIDE per PC

"Lo colpì il fatto che ciò che veramente caratterizzava la vita moderna non era tanto la sua crudeltà, né il generale senso d'insicurezza che si avvertiva, quanto quel vuoto, quell'apatia incolore."
(1984, George Orwell)

Un bambino con indosso una maglia rossa sbuca improvvisamente da un anfratto roccioso. E' solo, ed è visibilmente in fuga da qualcuno che gli sta dando la caccia. Corre in mezzo agli alberi, spaventato, in una surreale foresta avvolta dalla freddezza della nebbia e dalla paurosa oscurità della notte.
Con questo incipit immediato ci viene presentato Inside, un platform-puzzle game a scorrimento orizzontale creato dai ragazzi danesi di Playdead. Ciò che infatti caratterizza questo prodotto a livello di gameplay è uno schema in verità piuttosto comune e basilare, nutrito a suon di piccoli enigmi ed azioni ambientali: saltare, arrampicarsi, nascondersi, scendere, salire, nuotare, spostare oggetti e via dicendo. Le sfide proposte per ottenere lo step successivo non sono di certo particolarmente impegnative, ma non risultano nemmeno banali o di rapida risoluzione. Anzi, spesso e volentieri occorrerà anche veder morire il nostro piccolo protagonista nei modi più barbari e cruenti possibili prima di riuscire ad avere la meglio su ciò che il gioco ci chiede esplicitamente di fare per proseguire in una storia dalla durata non eccessiva (può essere completata infatti in 4-5 ore massimo).
Parlando appunto della storia, Inside narra una vicenda criptica e volutamente silenziosa. Il nostro alter ego non parla, non ha nemmeno un volto con cui possa esprimere le sue emozioni, non ci sono cutscenes di sorta a venirci in soccorso per comprendere cosa stia succedendo e non ci sono nemmeno righe di testo da leggere per indirizzarci narrativamente da qualche parte. Inside, da questo lato, punta perciò ad un forte e determinato minimalismo. Gli elementi che compensano questa volontaria menomazione creativa da parte dei Playdead e ne garantiscono comunque un risultato più che soddisfacente sono da individuare nell'ambientazione e nella profonda cura riposta nel level design generale.
Il motore grafico Unity ci suggerisce infatti in maniera efficace un mondo opprimente e colorato di grigio, dove paradossalmente è il buio ciò che garantisce un po' di sicurezza al nostro avatar braccato, mentre la luce è invece una fonte continua di pericolo, perché proveniente esclusivamente dai fari delle macchine di sorveglianza e non dal canonico e confortante sole. Quest'ultimo sembra anzi essere completamente sparito dal nostro pianeta. Al posto del sole è invece onnipresente l'acqua (specialmente nella seconda parte del gioco), dall'aspetto denso e torbido, oltre che in grado di fungere da aiuto o da condanna a seconda delle circostanze.
In questa curiosa ed affascinante distopia da scoprire passo dopo passo, e solo attraverso l'analisi dei vari elementi di contorno presenti nei livelli di gioco, l'umanità sembra essere giunta infine sull'orlo del baratro ed aver abbracciato un progresso scientifico fatto di grotteschi esperimenti genetici e di totale oppressione alla libertà del singolo individuo.
Una nota doverosa va fatta a proposito del finale. L'epilogo di Inside è oscuro e fortemente pregno di domande. Se da un lato qualcuno potrebbe superficialmente pensare ad una trovata comoda da parte degli autori per risparmiare fogli di sceneggiatura, io preferisco invece pensare ad una volontà esplicita dei Playdead di lasciare un significativo spazio riflessivo da riempire, una comprensione prettamente personale della vicenda data da come noi abbiamo vissuto l'intensa esperienza di questa singolare avventura.
E, per quanto si possano muovere le più disparate critiche a riguardo, non si può far altro che lodare comunque la bellezza di un viaggio sì sensorialmente tortuoso e struggente, ma a conti fatti semplicemente e piacevolmente straordinario.