Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Oldboy condivide alcuni suoi interventi solo con i suoi amici. Se vuoi conoscere Oldboy, aggiungilo agli amici adesso.

Oldboy

ha scritto una recensione su The Last Guardian

Cover The Last Guardian per PS4

Mi sono preso un po' di tempo per buttare giù queste poche righe. Fondamentalmente perchè volevo avere la mente fredda e magari più parole in testa per esprimere le mie impressioni su questo gioco, ma soprattutto perchè una volta terminato avevo già deciso che voto dargli e volevo essere sicuro di volerglielo dare anche a mente lucida.
Alla fine com'è andata? Le parole in più che bramavo spendere non sono riuscito ad ottenerle, ma il voto iniziale è rimasto invariato.
E' particolare la sensazione che lascia The Last Guardian una volta arrivati ai titoli di coda (ed anche oltre gli stessi). Potrebbe essere sintetizzata come un'intensa sensazione agrodolce. L'opera dei genDesign si prefissa (e soprattutto ci riesce) di trattare il tema del viaggio visto non solo come ricerca agognata della libertà, ma soprattutto come efficace mezzo per ampliare i rapporti e le compatibilità tra esseri viventi. Qui la rappresentazione tangibile di questi rapporti è affidata all'anomalo legame che si crea tra l'uomo e la bestia. "Un animale, a volte, mostra più umanità dell'uomo stesso". E' una frase che avremo sicuramente sentito prima o poi, e più volte svariati artisti e non, hanno provato a veicolare il loro lavoro sull'analisi e l'esposizione di questo singolare concetto. In ambiente videoludico, ma non solo. Mi viene in mente, per citare giusto un esempio, di quando ancora ero ancora un bambino e vidi il film Dragonheart diretto da Rob Cohen, in cui si raccontava di questo rapporto quasi simbiotico tra un cacciatore di Draghi e l'ultimo dragone sopravvissuto della sua specie. Un rapporto impensabile, ma nell'ottica del film comunque possibile. E, se la prendiamo in questi termini, The Last Guardian non fa qualcosa di tanto diverso, ponendoci al centro di un forte legame tra una misteriosa creatura mangia uomini ed un ingenuo bambino umano.
Un gioco improntato quindi su un rapporto speciale. E Il risultato finale è appagante, perchè si nota come Ueda e soci sfruttino ogni singola goccia di coinvolgimento ed empatia spremibili dalla loro opera. Se il primo fattore è merito sostanzialmente di una resa artistica ispirata e ricca di enigmi ambientali piuttosto stimolanti (ma soprattutto funzionali nei confronti della narrazione, senza che nessuno di questi risulti inserito forzatamente nel contesto), il secondo è invece tutto legato alle numerose interazioni eseguibili con la maestosa creatura dagli occhi dolci che potete vedere ritratta anche nella copertina del gioco.
Trico, questo il nome del "nostro" amico piumato, è probabilmente uno degli NPC migliori che si possa desiderare come compagno all'interno in un videogame: estremamente protettivo nei confronti del giocatore ma allo stesso tempo bisognoso delle nostre attenzioni, e soprattutto dei nostri comandi. Sarà infatti il modo in cui riusciremo a collaborare con Trico ed allo stesso tempo a farlo collaborare con noi a permetterci di arrivare fino alla fine di questa singolare avventura. E non è un caso che il punto vincente di tutto il gioco sia proprio la genuinità e la spontaneità quasi imbarazzante con cui si evolverà il rapporto d'amicizia e di stima reciproca tra il giocatore e la creatura piumata.
Da questo in punto in poi dovrebbe partire un'analisi specifica dei vari aspetti del gioco, come la grafica o il gameplay. Onestamente, e mi dispiace, ritengo davvero inutile soffermarsi su elementi puramente tecnici e su cui si è già ampiamente discusso, quali la telecamera traballante o il comparto grafico arretrato rispetto ai tempi (d'altronde questo gioco ci ha messo 10 anni ad uscire per via della sua produzione travagliata, era inevitabile). Lo ritengo inutile perchè The Last Guardian è una fucina di emozioni degne della più delicata e struggente delle storie, seppur la stessa vicenda narrata sia dotata di una semplicità strutturale abbastanza evidente. Di fronte ad un'esperienza che a parer mio va a trasmettere solo la passione di voler raccontare una storia, esaltandone musiche, ambienti e interazioni tra personaggi, ogni imperfezione mostrata non può far altro che impallidire e successivamente eclissarsi. E l'esperienza lasciata allontana anche, a parer mio, eventuali spettri di un tentativo pigro o maldestro di semplice monetizzazione del prodotto.
Perchè The Last Guardian è in primis una storia di cuore. Anzi, è probabilmente più questo che un videogioco.
E nelle storie di cuore, elementi come il framerate calante, la telecamera ballerina o il comparto grafico poco moderno non hanno peso.