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The Witness – Recensione

Che sia chiaro: racchiudere all'interno di qualche migliaio di caratteri quel che viene celato dal secondo, maestoso, involucro binario progettato dal genio visionario di Jonathan Blow costituisce un'impresa improba. Inchiostriamo pertanto una recensione basata sul feeling, senza la presunzione di produrre un'analisi omnicomprensiva, tendente a toccare quelle corde emotive che intersecano, in particolari brandelli di review, un'analisi maggiormente puntuale e tecnica. Una recensione sincera e illuminata dalla bontà del soggetto analizzato, adeguatamente permeata dalla medesima passione che traspira prepotente da ogni poro di The Witness, ivi celebrato in funzione della propria pubblicazione su Xbox One.



La prosopopea del videogiocatore inizia ex abrupto, senza alcuna spiegazione. I primi vagiti prodotti sono anche quelli più rumorosi, destabilizzanti, con i polmoni del protagonista impegnati a fornire l'aria necessaria destinata a urlare nelle fasi immediatamente successive l'acclimatamento. L'homo ludens strilla di piacere, inebriato da un maieutico susseguirsi di puzzle contraddistinti da un livello di difficoltà lordo capace di mandare in bambola persino il più navigato degli avventurieri, o degli aficionados de La Settimana Enigmistica, fate vobis. Qualche metro soltanto insomma, ed è subito Myst.



Trastullarsi con The Witness equivale a condividere un'epifania su scala globale, sembra quasi di sfuggire alle redini dello spaziotempo per riabbracciare estaticamente i remoti anni ‘90. Lambire le assolate terre che fanno da cornice a questa meravigliosa escursione nel mistero ricollegano istantaneamente l'animo del fruitore col decennio della dance music, dei Power Rangers e della Sellerona, refreshando le annebbiate schermate del discusso capolavoro made in Cyan che, per anni, ha costituito il punto di riferimento per ogni adventure game. E mentre qualcosa si gonfia, lì sotto, la peregrinazione sulle calde superfici del fratello di Braid incentiva l'harakiri dei neuroni del fruitore mediante una duplice azione corroborante.



Gli indovinelli aumentano in numerosità e complessità, elargendo a ogni piè sospinto enormi dosi di ludogodimento. Elementi quali la vastità e la ricchezza dell'ambiente da esplorare, d'altro canto, vanno a fare il paio con l'istinto esplorativo del videogiocatore, perennemente alla ricerca di nuovi dettagli da elaborare e introiettare. Un'esplosiva endovena di sensazioni che confluiscono in un'unica, maestosa considerazione: The Witness è da trip mentale.



Quasi impossibile da incasellare in un unico genere di riferimento, la meravigliosa produzione di Thekla aumenta la stimolazione delle sinapsi, trasformando le vie neuronali in un'autostrada di eccitazione frammista a desiderio. Traspare il desiderio di scoprire l'ignoto, l'arcano e di decifrare ogni minuscolo dettaglio per poi poterlo unire al resto della copiosa quantità di informazioni sciorinate a video, tentando di comporre un quadro totalizzante di una (ir)realtà virtuale che difficilmente potrà essere dimenticata, vuoi per il livello qualitativo raggiunto, vuoi per una durata globale che sfiora le settanta ore.



Un tasso di sfida incredibilmente elevato, quasi diabolico, conduce per mano il videogiocatore guidandolo alla scoperta dell'isola di The Witness, vero e proprio rebus finale in una valanga e mezza di indovinelli e domande. Posando le sue membra su ogni anfratto binario possa attirare la propria attenzione, l'homo ludens continua a produrre copiosa bava, tanta è la fame di conoscenza che lo attraversa. Un appetito che non viene saziato neppure dai titoli di coda di questa capolavorica opera.



Il porting in sé, poi, è realizzato a regola d'arte, spingendo il piede sull'acceleratore soprattutto in relazione alla risoluzione di ogni frame, bloccata a 1080p. Un aggiornamento che bussa (quasi) costantemente alla porta dei 30 quadri al secondo esalta le doti di un engine grafico che, per volontà dello stesso Blow, è stato plasmato su misura per The Witness.



La perfezione fatta videogioco, insomma? Quasi, ma solo perché la perfezione non esiste.



Qualora si dovesse proporre a qualsivoglia amante delle avventure di selezionare una lista di videogiochi da sbattere in faccia ad una amichevole feccia aliena, The Witness non faticherebbe senza dubbio alcuno a trovarvi posto. Giocosamente impeccabile, tecnicamente sublime e decisamente longevo, quest'ammasso di zero e di uno riconcilia col Paradiso, distribuendo ludogodimento a chiunque volesse suggerne il saporitissimo nettare giocoso. Potete trovare anche la nostra recensione di The Witness per PS4 a questo link.

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25 settembre 2016 alle 09:10