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Legion: il futuro degli X-Men è in televisione?

Sarà stato difficile non notare i poster pubblicitari che annunciano l'arrivo di un nuovo supereroe in città. L'emittente Sky, che ha tappezzato i muri delle metropoli italiane, evidentemente ci teneva a farcelo sapere. D'altronde è comprensibile: è la prima volta, per un possessore del gene X, in televisione. E non si tratta certo di un mutante qualsiasi: protagonista è il potentissimo figlio del telepate Charles Xavier, fondatore degli X-Men.



Le dimensioni non contano
Piccolo schermo, grande schermo. In altri ambiti è stato ribadito più volte che – non le dimensioni, ma – conta l'uso degli strumenti a nostra disposizione. Legion, serie tratta dai fumetti Marvel, sembra confermarlo: il primo episodio promette una stagione d'altissimo livello, come finora solo Fargo ha saputo fare (davvero non l'avete ancora vista?). E nomino la serie Coen-inspired non a caso. I due prodotti condividono lo stesso creatore, tale Noah Hawley, un tizio che ha una visione ben chiara delle potenzialità del medium televisivo. Mi spiego: Hawley sa che l'epoca della supremazia del cinema sulla televisione è finita (almeno sulla carta, perché nella pratica lo è già dagli anni '60). Se qualcosa va in televisione, non è (più) detto che debba essere per forza di facile fruibilità. Nell'ultimo anno abbiamo potuto godere di narrazione non-lineare (!), temi di un certo peso (addirittura!), scelte registiche non scontate (sul serio!): due esempi su tutti? The OA su Netflix e già su Sky The Young Pope del Sorrentino nazionale. In entrambi i casi l'azzardo degli autori è stato ripagato dal gradimento di pubblico (il successo di The OA, tolta la sua natura di flamer, è innegabile). Ma la conquista di Hawley è ancor più radicale. Per la prima volta anche agli appassionati di cinecomic viene riconosciuta una capacità d'attenzione superiore a quella degli spettatori di CSI. Legion possiede tutti quegli elementi che caratterizzano un prodotto di nicchia; il target invece ricade – non al centro, ma comunque – all'interno del vastissimo e variegato mondo dei supereroi. Funzionerà? Se nei prossimi episodi verranno rispettate le premesse del pilot, non vedo perché no!



Non è una serie facile
Sin dal pilot Hawley vuol mettere in chiaro che Legion non è per tutti. Le origini vengono liquidate nei primi quattro minuti: la vita di David Haller (Dan Stevens), come un'auto appena acquistata cui dimentichiamo di mettere il freno a mano, scivola troppo presto verso il baratro con un'allegra canzoncina in sottofondo. Scopriamo presto che David, cui è stata diagnosticata la schizofrenia, ha passato gli ultimi sei anni in un ospedale psichiatrico. Ma che razza di mutante è se non riesce nemmeno a fuggire da un manicomio? Tranquilli, ora ci arriviamo. David, l'occhio della telecamera sempre nelle sue vicinanze, è un narratore inaffidabile. Le immagini del presente vengono subito intervallate da flashback e visioni. Anzi, non sappiamo nemmeno distinguere fra le due. E rianzi, quello non è nemmeno il presente. Attualmente David Haller aka Legion è detenuto da una forza militare simile ad Arma X. Il fatto è che le sue facoltà sono così sconfinate (vedi: alterazione della realtà a proprio piacimento) che i medici e il suo subconscio lo hanno convinto di esser pazzo. Il plot non lineare ci affascina e intriga, gli spunti disseminati sono così tanti che a fine primo episodio gli interrogativi senza risposta sono molteplici.



Le uova in molteplici panieri
Legion, a differenza di The OA, non punta su unico aspetto (in quel caso, appunto, la benedetta scomposizione della fabula). Anche l'occhio, ad esempio, vuole la sua parte. Sbeffeggiando la confusa timeline degli X-Men, Hawley adotta una stilosissima scenografia anni '50. La scelta, puramente estetica, è giustificata in scioltezza dal narratore inaffidabile di cui sopra, perciò non vi confonda. Altra lode che mi sento di fare sin d'ora riguarda il casting. Il britannico Dan Stevens è uno schizofrenico perfettamente credibile. Oltre ad essere innegabilmente bravo, ha una faccia che riesce a risultare fuori luogo in qualsiasi situazione (è famoso per aver fatto il borghese nell'aristocratica Downton Abbey). La parte della magnifica Aubrey Plaza, che interpreta la compagna di detenzione di David, era stata pensata e scritta per un vecchio. Hawley, quando ha conosciuto l'attrice, stava per cambiare tutto, ma lei ha voluto che le battute rimanessero invariate. Applausi.



La via della volpe
20th Century Fox, quando Marvel ha venduto le licenze per gli adattamenti, pensava di fare un affarone acquistando quelle degli X-Men e dei Fantastici Quattro. Certo, gli errori sono stati ben altri, ma è vero che in generale il pubblico ha dimostrato meno apprezzamento verso i super-gruppi. E poi è arrivato Deadpool, che ha dato risposta a chi era stanco dei cinecomic all'acqua di rose Disney. E adesso si sta rincarando la dose con Logan. L'interesse per i Rated R, però, potrebbe scemare, e questi due non possono molto contro Thor, Spider-Man, Avengers e i “minori” Guardiani della Galassia. Oltre ad avere dei franchise più complicati, Fox deve anche subire una certa concorrenza “sleale” da parte di Marvel, che ad esempio vieta ai suoi fumettisti di creare nuovi mutanti. In questo panorama entra in gioco Legion e altre serie X che potrebbero seguire. La TV è perfetta come medium: gli autori hanno più libertà, costa meno di fare un film e si evitano interminabili sequel tutti uguali. Disney e Netflix ci sono arrivate prima. La volpe ha ritardato, ma che stile ragazzi!



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20 febbraio 2017 alle 09:00

 

"Piccolo schermo, grande schermo [...] conta l'uso degli strumenti a nostra disposizione"
Non potrei essere più d'accordo. E questa serie è partita davvero bene.