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Blackwood Crossing - recensione

Il medium videoludico è maturato molto dai tempi delle sue origini. Certo, nella maggior parte dei casi c'è sempre da sparare, picchiare, gareggiare o, più in generale, darsele di santa ragione. Esistono però delle eccezioni, titoli il cui unico scopo è raccontare una storia facendo vivere al giocatore un'ampia gamma di emozioni. Questo è il caso di Blackwood Crossing, un walking simulator che mette da parte il gameplay in favore di una storia capace di intenerire il cuore anche del più duro degli hardcore gamer.



Ci troviamo su un treno, la più classica metafora del viaggio, e il nostro fratellino, Finn, sembra aver voglia di giocare. Dopo essersi andato a nascondere tocca a noi, nei panni di sua sorella Scarlet, andare a cercarlo. Già dopo qualche istante però ci rendiamo conto che qualcosa non torna. Nei vagoni incontriamo strani personaggi i cui volti sono coperti da maschere. Restano immobili e reagiscono al tocco ripetendo sempre le stesse frasi.



Come mai, ci domandiamo? Chi sono queste persone e perché hanno il viso coperto? Proseguendo con l'avventura impareremo a conoscerli meglio. Tutti quanti hanno fatto parte della vita di Finn e Scarlet, alcuni erano loro parenti, altri invece amici o insegnati, ma ognuno ha lasciato una traccia, chi più profonda chi meno, nella vita dei due ragazzi.

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26 aprile 2017 alle 10:40