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The Banner Saga Complete Pack PS4 – Recensione

In simultaneità con la positiva conclusione del Kickstarter imbastito per coadiuvare lo sviluppo del terzo e ultimo episodio della saga, Stoic ha pensato bene di rilasciare su console i primi due capitoli e l'inedita modalità sopravvivenza in un unico pacchetto scontato, a beneficio di quanti non si sono ancora addentrati nelle atmosfere squisitamente norrene di The Banner Saga: nel mondo di gioco gli déi sono morti o, quantomeno, hanno smesso di rispondere alle preghiere dei mortali, il sole d'un tratto ha arrestato la propria corsa in cielo ed un'antica razza di umanoidi, i Dredge (“riesumati”, letteralmente, tradotti come Distruttori), è risorta da un'epoca ormai dimenticata per sterminare l'attuale popolazione di uomini e Varl, giganti cornuti creati da una divinità capricciosa e impossibilitati a riprodursi, la cui intera esistenza è dunque a rischio di estinzione. Due distinte carovane, le cui strade sono destinate ad incrociarsi, si mettono in cammino con scopi differenti e la speranza condivisa di scoprire un modo per porre fine ad una successione tanto apocalittica di eventi. Le decisioni prese nel corso dell'avventura e l'esito delle battaglie hanno ripercussioni concrete sullo svolgimento della storia, spesso non percepibili nell'immediato: interrompere il viaggio per accorrere in difesa di un insediamento preso d'assalto dai Distruttori potrebbe tradursi nella possibilità di reclutare nuove unità per la nostra causa, oppure in un'imboscata che ci costerà molto in termini di vite e risorse, o ancora nell'ostilità del capo di un villaggio successivo perché rivale di quello che abbiamo assistito. Spesso è facile discernere le conseguenze delle proprie scelte perché il modo in cui vengono formulate, le circostanze o il carattere dei nostri interlocutori sono evidenti, ma Stoic ha optato per una volontaria ambiguità che carica quindi sulle spalle del giocatore un fardello aggravato dalla costante sensazione di dubbio, che non scompare del tutto nemmeno durante gli eventuali playthrough successivi. E' necessaria qualche ora prima di comprendere appieno la mitologia occultata dalle nevi perenni che ammantano il pianeta, nonché le regole che governano l'originale sistema di combattimento che lega il potenziale offensivo alla salute dei personaggi, ma il tutto viene spiegato attraverso dialoghi, annotazioni e brevi racconti dei personaggi stessi che inquadrano alla perfezione il contesto senza essere mai troppo ampollosi o invadenti. Il racconto non è lunghissimo, ma lungo la strada incontreremo svolte inattese, rovesciamenti di fronte e colpi di scena di tale intensità da farci rammaricare della mancanza di una vera e propria conclusione.



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Il pellegrinaggio fra una zona e l'altra mostra la carovana che si muove lungo splendidi paesaggi, mentre il vessillo che si staglia in cielo rappresenta in maniera simbolica le condizioni della nostra gente.



DOMATTINA ABBATTEREMO UN SUNDR
Quale parte integrante di una trilogia, The Banner Saga 2 inizia nel punto esatto in cui termina il suo predecessore, pertanto è consigliabile giocare i due titoli in ordine per avere un quadro d'insieme completo e l'opportunità di importare i livelli, i compagni e l'equipaggiamento già accumulati, nonché la risoluzione di alcuni eventi decisivi. In alternativa, si può comunque ricominciare da zero prendendo per buone le soluzioni indicate dagli sviluppatori come “canoniche”. Il salvataggio dei nostri progressi viene gestito in automatico, dettaglio che pone ulteriore accento sul bisogno di analizzare con cura la strada da imboccare, poiché non si può ricaricare una posizione precedente per evitare gli strascichi di una conversazione gestita in malo modo, ma siamo obbligati a conviverci. Il costante accesso al disco rigido dopo ogni passaggio importante comporta anche un leggero ritardo nei tempi di caricamento tra una schermata e l'altra su console, oltre ad aver generato un blocco in un paio di occasioni. Come già ribadito per la sequenzialità degli episodi, sarebbe opportuno affrontare la succitata variante survival dopo aver concluso l'avventura principale, dato che include quasi tutti i personaggi che in quest'ultima vengono resi disponibili solo con l'avanzare della narrazione, dunque il rischio di spoiler è abbastanza elevato. Scopo della sopravvivenza è, come di consueto per questa tipologia di sfide, oltrepassare indenni (o quasi) quaranta battaglie di fila e investire i punti fama guadagnati con l'uccisione dei nemici durante gli intermezzi fra le stesse, onde migliorare le caratteristiche dei combattenti o aggiungerne qualcuno al nostro piccolo esercito fra quelli non selezionati nella fase iniziale, magari per rimpiazzare uno sfortunato defunto. Benché anche la storia principale ci ponga in situazioni difficili nelle quali certe unità possono essere perdute in maniera definitiva, tale eccezione è invece la regola in questa modalità ed ogni guerriero caduto scompare assieme ai punti spesi per il suo addestramento. Per fortuna, almeno gli accessori in suo possesso vanno ridistribuiti fra i superstiti, così da offrire a qualcun altro maggiori probabilità di cavarsela. La morte in battaglia comporta inoltre una serie di complicazioni aggiuntive rispetto alla modalità principale: quando un contendente cade, ad esempio, il suo turno non viene assegnato ad un altro membro della sua compagine, e così la fazione avversaria si trova nella vantaggiosa posizione di poter muovere più unità in maniera consecutiva, laddove nella storia l'ordine viene sempre riorganizzato in modo che il giocatore e l'intelligenza artificiale agiscano a turni alterni fino alla fine. Oltre a ciò, gli scontri sono temporizzati e, sebbene ci venga offerta la facoltà di ricominciare quelli iniziati con il piede decisamente sbagliato, tale privilegio è invocabile soltanto per un numero limitato di volte.



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I combattimenti si svolgono su una scacchiera: è necessario valutare bene il posizionamento delle unità per evitare che si ostacolino a vicenda, lasciando i nemici liberi di agire.



La presentazione complessiva è impeccabile: il tratto di Arnie Jorgensen, reminiscente dei classici Disney degli anni ‘60, è caratteristico ed evocativo, e in più di un frangente sembra di assistere ad un rifacimento della trasposizione animata de Il Signore degli Anelli firmata da Ralph Bakshi anziché interagire con un “semplice” videogioco. La cura per i dettagli trapela da ogni singola inquadratura ed è in parte utile per intuire a cosa stiamo andando incontro, come i Distruttori in agguato fra le fronde di una foresta che abbiamo scelto di attraversare. Anche le mappe strategiche brulicano di minuzie animate, fra spettatori irrequieti che osservano la scena e soldati impegnati nei loro personali duelli. I brani orchestrali realizzati da Austin Wintory, celebre per aver lavorato su Flow e Journey di thatgamecompany, presenta una vasta gamma di arrangiamenti vocali grazie al contributo di artisti quali Peter Hollens, Taylor Davis e Malukah e ad una straordinaria interpretazione dei testi in islandese, la lingua moderna più vicina all'antico dialetto parlato dai popoli scandinavi. Gli effetti sonori, invece, avrebbero bisogno di qualche rettifica, dato che quelli implementati per indicare l'utilizzo di punti vigore (una risorsa che regola le abilità speciali, la distanza percorribile e l'ammontare dei danni inflitti, recuperabile sacrificando parte delle azioni in un turno) o di un attacco a distanza sovrastano la musica in maniera fastidiosa e, considerato il frequente impiego degli stessi, il desiderio di eliminare del tutto l'audio potrebbe oltrepassare i livelli di guardia. La conversione di The Banner Saga su PlayStation 4 è tutto sommato accettabile, ma il posizionamento delle proprie unità tramite levetta analogica manca della precisione garantita dal puntatore di un mouse, soprattutto perché la prospettiva isometrica è fissa e spesso il cursore si perde dietro un assembramento significativo di guerrieri. E' un problema che risalta in particolar modo quando il tempo durante gli stage di sopravvivenza inizia a stringere, e ritrovarsi fuori dalla portata di un attacco per aver selezionato la destinazione sbagliata può fare la differenza tra un successo e una sconfitta.



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10 maggio 2017 alle 11:10