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The Sexy Brutale - recensione

L'espediente ludico su cui poggia The Sexy Brutale non può certo definirsi inedito. Senza scavare troppo in profondità, a ritroso nel tempo o nel fervido panorama indie, l'esempio, il termine di paragone che viene quasi naturale tirare in ballo, è ovviamente The Legend of Zelda: Majora's Mask, capolavoro che costrinse Link a misurarsi, più che con colossali mostri e corazzatissimi guerrieri, contro un avversario apparentemente imbattibile, indomabile, persino impalpabile: il tempo.



Il marchese Lucas e la devota moglie Eleanor sono i padroni di casa, fieri proprietari di una villa gigantesca, sinistramente ammaliante, grottesca, teatro di un'insolita festa che riunisce la crème, l'élite della società che, un po' per gioco, un po' per celare le proprie fattezze, indossa simbolicamente delle maschere. Nelle ambientazioni, nei costumi elegantissimi e pur stravaganti degli invitati al gala c'è un pizzico di Eye Wide Shut, che si riverbera in una fotografia particolarmente satura, nonché la terribile sensazione che, di lì a breve, qualcosa di macabro possa accadere proprio davanti ai nostri occhi.



Lafcadio Boone è l'eletto di un'entità metafisica, l'unico che può e deve interrompere il ciclico, eterno, inarrestabile ripetersi degli omicidi di tutti i presenti, degli uomini e delle donne accorsi con letizia a presenziare l'evento organizzato dal marchese e signora. Apparentemente, la reiterazione degli efferati delitti perdura ininterrottamente da tempo immemore, costringendo gli sfortunati attori di questo triste spettacolo in un'opprimente prigione temporale che incatena gli ignari partecipanti ad andare in scena, forzatamente e inesorabilmente, replica dopo replica.

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15 maggio 2017 alle 17:00