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Little Nightmares – Recensione

Il team svedese Tarsier Studios, per quanto giovane, non è nuovo al mondo videoludico: con opere quali Little Big Planet e Tearaway Unfolded si è fatto le ossa e quest'anno ha voluto dimostrarci che sarebbe meglio non smettere di parlare di loro. Il perché è riassumibile con solamente due parole: Little Nightmares.



Già ai tempi della Gamescom 2016 i ragazzi dello studio svedese ci avevano fatto assaporare un'atmosfera grottesca, asfissiante, terribilmente affascinante.



Noi di PlayStationBit, controller alla mano, abbiamo analizzato l'esperienza unica offerta da Little Nightmares e siamo pronti a dirvi se abbia mantenuto o meno le aspettative.







Piccole luci



Il gioco comincia con un filmato nel quale si può intravedere appena una figura femminile dai tratti orientali che si gira versa di noi, per poi sparire nel buio. Qui comincia la nostra avventura, in una stanza angusta e in penombra, con quella che a tutti gli effetti sembra essere una bambina in impermeabile giallo appena svegliatasi da un brutto sogno: si tratta di Six, la protagonista di questa storia. Così, con appena dieci secondi di filmato e il sussulto di una bambina, siamo chiamati subito a giocare e muoverci nel buio.



Qui cominceremo a impratichirci con il gameplay che, se non brilla per varietà, lo fa per semplicità e immediatezza, pur essendo purtroppo i movimenti di Six alquanto goffi, restituendo a volte un feedback non del tutto responsivo. In ogni caso, le azioni da padroneggiare son poche ed essenziali: saltare, arrampicarci, accucciarci e correre ci basterà per arrivare fino alla fine del gioco, accompagnati solo da un accendino che con la sua flebile fiamma ci aiuterà a fendere l'oscurità che aleggia ne “Le Fauci”, nave dove la storia si svolge e dove alloggiano creature tormentate da una fame insaziabile.



La narrazione è silenziosa, nascosta, che si presta facilmente a speculazioni di ogni genere, lasciando viaggiare la mente del giocatore in un tripudio di pensieri angoscianti e sorprendendo anche con colpi di scena inaspettati.





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Brancolando nel buio



Come abbiamo detto, la prima cosa che capiremo di dover fare sarà scappare senza interrogarci troppo sulle motivazioni della piccola Six, sulle quali avremo tempo di speculare durante la nostra fuga.



Enigmi ambientali, puzzle, dirupi e aberranti creature umanoidi chiamati Nomes, saranno i nostri principali ostacoli.



Sebbene alcuni puzzle ed enigmi si ripetano fra loro nelle già poche (circa quattro) ore di gioco a nostra disposizione e non richiedano apparentemente una riflessione troppo accurata per essere risolti, questi diverranno comunque interessanti e carichi di tensione in quanto ci ritroveremo quasi sempre a doverci nascondere in luoghi angusti e claustrofobici per sfuggire e aggirare i già citati Nomes, che vorranno a tutti costi catturare Six e nutrirsene.



Questi si allerteranno se dovessero sentire rumori quali vasi che cadono o porte che si chiudono e, quando si avvicineranno troppo, potremo sentire il battito accelerato di Six a ritmo con la vibrazione del controller.



Dovessero acciuffarci sarà inevitabile il game over, obbligandoci a riprendere dall'ultimo checkpoint automatico o dall'ultima candela o lanterna accesa precedentemente, in quanto queste fungono da punti di salvataggio veri e propri nel momento in cui dovessimo abbandonare la partita per poi riprenderla in seguito.



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15 giugno 2017 alle 16:51

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