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Statik - recensione

Statik non avrà la componente splatter di un Hostel, né un villain psicopatico e spietato come nella saga di Saw, eppure, non appena ci si ritrova entrambe le mani legate, incastrate, fuse ad uno strano marchingegno a forma di scatola, ci si sente irrimediabilmente prigionieri, ostaggi, vittime sacrificali di chissà quale sadico criminale.



L'illusione dura appena un secondo, il tempo necessario per mettere a fuoco quello che sembra in tutto e per tutto un laboratorio, con tanto di silente scrutatore in camice, pronto a segnare pedissequamente, sul suo taccuino, ogni nostra reazione, ogni esitazione, ogni tentativo fallito di liberarsi da quella morsa.



La realtà virtuale, la stretta e salda presa sul Dualshock 4 che idealmente "incatena" le mani dell'utente, concorrono ad incentivare un'immedesimazione totale, quasi asfissiante e terrificante vista la precaria, incomprensibile e assurda situazione in cui riversa l'avatar, vera e propria cavia alle prese con un esperimento dalle finalità, dagli esiti, dai procedimenti oscuri, misteriosi, minacciosi.

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10 luglio 2017 alle 10:50

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