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Assassin's Creed Origins – Recensione

Sarebbe eccessivo parlare di reboot, anzi, lo è sicuramente. Però altrettanto sicuramente questo Assassin's Creed Origins costituisce un nuovo, grande inizio per il franchise di Ubisoft, non solo sotto il profilo narrativo (ci arriveremo dopo) ma anche per quanto riguarda quello di pubblicazione e sviluppo. Sì, perché finalmente la serie di Assassin's Creed ha perso la sua cadenza annuale e il risultato è stato strepitoso, con ben poco da invidiare all'altrettanto superbo Horizon Zero Dawn.



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Piramidi e sfingi



In Assassin's Creed Origins i videogiocatori vestono i panni virtuali di Bayek, ultimo dei Medjay, popolazione di lunga stirpe ormai sterminata ma anticamente nota come quella capace di proteggere l'ordine dell'Egitto. I Medjay, come detto, non se la passano troppo bene, e in maniera direttamente proporzionale la pace nel paese è collassata su sé stessa. Principalmente per via di numerosi sovrani perennemente in lotta tra loro, ma anche per via di qualcuno che tesse le fila nell'ombra.



Assassin's Creed Origins, ambientato poco prima dell'avvento di Cristo, è il gioco più lontano cronologicamente rispetto alla nostra epoca, e non a caso tratta la nascita di una nuova forza capace di ribellarsi ai soprusi e alle ingiustizie. Chi ha giocato anche solo un capitolo della serie avrà già identificato due storiche fazioni che, da sempre, nell'universo narrativo di Ubisoft, si danno battaglia. A fare da molla, per Bayek, è un grave lutto familiare che lo colpisce subito, e che avremo la cura di non svelare per non scadere nello spoiler.



Dietro un grande uomo, però, c'è sempre una grande donna. Ecco dunque Aya, personaggio che più e più volte il vostro inconscio ha evocato nel momento in cui abbiamo tirato una testata o una ginocchiata a quel maledetto spigolo del tavolo. Aya non è nativa della desolata Siwa come il nostro Bayek, anzi, ha origini egiziane e greche, ma ci si è trasferita e lo ha conosciuto per diventare poi sua moglie.



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Non solo di personaggi fittizi (chi lo sa, in realtà, se un Bakek e un Aya non hanno vissuto in passato) ma anche di figure storiche realmente esistite si colora la vivace trama di Assassin's Creed Origins. C'è, prima di tutto, la regina Cleopatra, ascesa al trono al momento del decesso del padre ma presto scacciata da fratello (e re) corrotto Tolomeo XIII. Più ingenuo della sorella, il faraone (di cui dovremo distruggere le statue in giro per l'Egitto: collezionabile piuttosto curioso) si trasformerà presto in una pedina in mano a terze parti.



E' a questo punto che Roma, nel gioco e nella storia, interviene. Non tanto con Antonio, di cui è celebre la tragedia shakespeariana, che lo vede affiancato alla regina egizia, piuttosto con Pompeo, re dei mari, e Giulio Cesare. In particolare, quello che è uno dei più grandi conquistatori che il genere umano abbia conosciuto, è interessato a mettere le mani sull'Egitto, ma per farlo gli servono i mezzi e la raccomandazione di Cleopatra stessa.



Si tratta di uno dei periodi storici più belli e interessanti di sempre, capaci di appassionare e insegnare, e va da sé come la trama di Assassin's Creed Origins non potesse che essere all'altezza. Lo sarebbe stata anche senza alcuna finzione, ma con l'aggiunta di alcune licenze poetiche e dell'Ordine degli Antichi le peripezie di Bakek e Aya non annoiano davvero mai. Anche per una serie di fattori sapientemente ripresi dal team di sviluppo, al di là dei fatti duri e crudi, come i contrasti interni, sociali e culturali, che si generarono tra la cultura e la religione ellenica e quella egizia. Davvero: per chiunque sia solito prendere in mano un libro, ogni tanto, e mettere giù il DualShock c'è di che leccarsi i baffi.



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8 gennaio 2018 alle 16:01

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