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Yomawari: Midnight Shadows – Recensione

Esistono svariate soluzioni per suscitare paura, terrore, angoscia o ancora ansia in una persona. E chi per passione o lavoro ha il compito di creare qualcosa da zero ne è ben conscio. Riconoscendo le potenzialità e le caratteristiche del medium che si andrà a sfruttare sarà possibile racchiudere un'emozione in qualsiasi tipo di opera d'arte, che si sprigionerà poi allo sguardo dell'ascoltatore, del curioso, del videogiocatore. Un quadro o anche un fumetto possono incutere paura passando per il senso della vista, attraverso giochi di luce e ombra, personaggi spaventosi o parole taglienti. Una canzone può suscitare questa emozione passando invece per l'udito, attraverso note fastidiose, stridenti.



Un videogioco, per sua stessa natura, può passare anch'esso per la vista, per l'udito, tuttavia ha un elemento chiave che lo contraddistingue: l'interattività. Essa permette un dialogo più o meno profondo tra giocatore e gioco, nel quale quest'ultimo offre un terreno virtuale potenzialmente sconfinato e il primo è in grado di immedesimarsi nel personaggio che interpreta, così che le emozioni di quell'insieme di poligoni diventino le sue.



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Mostri sotto il letto



Così, fra le possibilità offerte dal medium videoludico, Nippon Ichi Software ha scelto forse una delle più subdole per creare un titolo survival horror: narrare le paure che hanno in comune molti bambini, le stesse che appartenevano a molti giovani adulti di oggi. Yomawari: Midnight Shadows è il seguito diretto di Yomawari: Night Alone, coppia di titoli survival horror sviluppati, come accennato, da Nippon Ichi Software, che nel curriculum vantano Disgaea.



Yomawari: Midnight Shadows ha il merito (spaventoso) di farci scavare nella nostra memoria per recuperare le paure infantili, quelle che non ci permettevano di dormire beatamente per il terrore che qualcosa o qualcuno fosse sempre nascosto nell'unico angolo della nostra stanza rimasto al buio, nonostante la lucina che avevamo chiesto di installare per salvarci. La luce è l'unica ancora di salvezza per le due piccole protagoniste del gioco, Yui e Haru, che dopo aver guardato uno spettacolo di fuochi d'artificio cercano di tornare a casa, ma qualcuno o qualcosa sembra seguirle.



Haru si allontana per controllare e Yuri rimane da sola, al buio; la sua piccola amica è svanita apparentemente nel nulla. In questa avventura saremo chiamati a controllare l'una e l'altra nel tentativo di farle riconciliare, camminando di notte per le strade, i cunicoli e gli edifici della nostra città che tale non sembra essere più. La luce e la torcia rappresentano le nostre sole armi contro i veri nemici, le nostre paure più profonde.



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La notte delle paure viventi



Il prossimo pericolo si sarebbe nascosto sotto il letto o sopra di noi? Come posso coprirmi ancora per scampare dalle grinfie di… quella cosa? Chi da bambino aveva di queste paure, saprà che il fantomatico mostro non aveva sempre una fisionomia ben distinta, dopotutto nasceva nell'oscurità e lì si annidava. Tale è la situazione per le due amiche, dal momento che durante il nostro peregrinare incapperemo in mostri dalle fattezze antropomorfe o ancora semplici spiriti dalle forme indefinite. E non esistono vite, cuori; se ci avvicineremo troppo a uno di loro verremo portati a vedere una schermata dal significato inequivocabile. Buio, chiazze di sangue: game over.



Lungo il cammino potremo soffermarci presso le statue di Jizo, piccole raffigurazioni di una qualche divinità che fungeranno da checkpoint e che permetteranno di teletrasportarci da un punto a un altro della mappa. Salvare la partita non sarà gratuito: ogni salvataggio richiede un'offerta alla divinità, una moneta, fra i vari oggetti che troveremo a terra (che sono, per inciso, proprio monete ma anche sassi e collezionabili). A proposito della mappa: essa altro non è che uno schizzo sul diario personale di Yui, che si arricchirà man mano che avanzeremo. Su un'altra pagina di diario troveremo il nostro inventario, dove ogni collezionabile viene descritto con una nota a lato.



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6 febbraio 2018 alle 16:00

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