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Mother Russia Bleeds – Recensione

I picchiaduro hanno sempre appassionato qualsiasi amante dei videogiochi: Street Fighter, Tekken, Mortal Kombat sono tutti must have del mondo videoludico, che hanno accompagnato molti di noi durante la lunga carriera da player. Ma avete mai provato l'ebrezza di Mother Russia Bleeds? Il gioco sviluppato da Le Cartel non ha nulla a che vedere con i titoli citati precedentemente, ma ne ha preso spunto e ha tutti gli ingredienti necessari per poter catturare la vostra attenzione: nemici da combattere, zombie da sterminare, verità oscure da scoprire. Ma prendiamoci il giusto tempo e analizziamo con ordine i vari aspetti del gioco.





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Ossa rotte e tanto sangue



Mother Russia Bleeds è ambientato in una Russia alternativa degli anni Ottanta, governata dall'Unione Sovietica. Quattro tizi che lavorano per un uomo di nome Mikhail guadagnano soldi facendo combattimenti clandestini, ma nel bel mezzo di un incontro le forze governative irrompono sul ring e rapiscono i quattro zingari, che successivamente si risvegliano in un laboratorio governativo in cui vengono eseguiti degli strani esperimenti. Parte dunque in questo modo la storyline del gioco, che ci catapulta nell'avventura tra pugni e calci volanti, attraverso i quali dovremo farci largo per arrivare a scoprire una terribile verità.



Con quattro personaggi tra cui scegliere il proprio eroe, si ha la possibilità di affrontare tutto da soli oppure in compagnia di amici (rigorosamente offline, per un totale di quattro giocatori) e di immergersi in otto ambientazioni intrise di insana pazzia. Il combat system è abbastanza elementare e facile da capire; ci si può muovere sia in senso orizzontale che verticale, attaccando non solo con i classici kick & punch, ma anche impugnando oggetti, come pistole, armi da mischia o siringhe per farci di Nekro.



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Effettivamente il gioco ruota proprio intorno a essa, ovvero la nuova sostanza sperimentata dal governo sovietico. Collocata nell'apposita barra vicina a quella dell'energia del giocatore, questa specie di droga verde può essere utile sia per ripristinare un po' di salute, sia per scatenare qualche secondo di vero caos, simile alle cutscene a cui assistiamo nelle fatality di Mortal Kombat. Man mano che si avanza con il gioco, infatti, il livello di difficoltà aumenta sempre più, quindi saremo costretti per forza di cose a dover ricorrere a delle continue iniezioni di Nekro. I nemici verdastri, una volta messi al tappeto, si attorciglieranno su loro stessi, rilasciando quel liquido verde che può essere drenato e usato per incrementare la nostra forza, ma bisogna anche trovare il giusto tempo per effettuare tali prelievi, tra una guardia russa che ci fracassa le gengive e uno zombie che cerca di farci a brandelli.



Cercando di imparare al meglio i comandi di gioco, però, ci si rende conto che Mother Russia Bleeds qualche colpo a vuoto lo presenta. Innanzitutto le movenze dei personaggi sono troppo frenetiche e veloci, e l'ampiezza della profondità grandangolare voluta dagli sviluppatori di certo non aiuta. Spesso, infatti, ci si trova accerchiati da orde di nemici, che ci attaccano da entrambi i lati, ma l'effetto di prospettiva in finto 3D delle zone in cui ci si muove, rende molto difficile l'allineamento con il potenziale malcapitato che si vorrebbe legnare.



Dopo qualche iniziale momento di frustrazione si arriva comunque a un compromesso con il gioco. Le armi, ad esempio, danno la giusta soddisfazione, in particolar modo i coltelli da infilzare nel cuore nei nemici, piuttosto che quelle da fuoco, troppo lente e pesanti. Venendo agli attacchi a mani nude, invece, si possono sferrare combo infinite di pugni, che risultano essere più letali rispetto ai calci. Nella mia esperienza questi li ho utilizzati soltanto per allontanare i nemici, ma non mi hanno lasciato quel giusto senso di potenza tanto desiderato. Una cosa che poi mi ha particolarmente colpito è stata la possibilità di scaraventarmi su un nemico a terra, colpirlo più volte, lanciarlo in aria e sfondarlo con l'arma che in quel momento avevo tra le mani.



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22 aprile 2018 alle 16:10

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