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Alde

ha scritto una recensione su Cyberpunk 2077

Cover Cyberpunk 2077 per Xbox Series X|S

Per coerenza non posso non mettere la recensione anche qui, ma copincollare tutta quella roba mi sembra un po' eccessivo, quindi linko qui la recensione completa. Non vi fermate al voto, perché su questo gioco c'è un sacco di cui discutere nel bene e nel male sisi
https://www.ludomedia.it/news/5045763-cy …

Alde

ha scritto una recensione su Bloodborne

Cover Bloodborne per PS4

Condividiamo un incubo, ma non piacere

E' limitante dire che un titolo multiplayer riesca ad essere unico artefice di un esperienza di gruppo, a un condividere emozioni o più comunemente un divertimento diverso da quello offerto da un single player io dico comunemente che no, non è vero, non del tutto. Fare una esperienza con più persone può offrirti sensazioni diverse che farlo da soli, ma pensiamo alla bellezza di poter scoprire, senza alcuna influenza esterna data dalle persone o dal web, un segreto che magari qualcuno che conosciamo sta provando con lo stesso titolo. Dare indizi, metterli sulle spine, incitarli ad indagare o dare consigli su cosa fare in caso di difficoltà e restituirci il favore con ostacoli che non riusciamo a capire. Una condivisione basata sul descrivere le nostre esperienze. Ieri e oggi ci sono molti giochi che possono dare questa opportunità, senza puntare alla competizione, e, nonostante il pvp contorni una delle meccaniche di questa serie, i titoli Souls offrono sicuramente tutto questo. All'intuizione di qualcosa al rimanerne felici alla sua veridicità. Questo è perché i single player dovrebbero continuare a vivere: senza di loro i videogiochi avrebbero una vita a metà, una vita della brevità di un titolo che si mette da parte per poter seguire con gli altri il prossimo, una cosa che col tempo nessuno riuscirebbe a ricordare per le loro eccezionali scoperte che ti permettono di condividerli comunque gli altri. Un media incompleto.

Alde

ha scritto una recensione su Final Fantasy XV

Cover Final Fantasy XV per Xbox One

"Aahh buuuuu Final Fantasy XIII è una merda! Dov'è il mondo apertooooo (dopo FFX lol)? Dove sono le quest secondarieeee? E gli npc con cui parlare non ci sonoooo! Minchia che schifooo, buuuu"

Ecco, ora state buoni e andate a fare i postini, che la roba non si consegna da sola, dai su.

Alde

ha scritto una recensione su Bayonetta 2

Cover Bayonetta 2 per Wii U

Quando Platinum Games ha ufficializzato -in seguito a smentite e successive cancellazioni- lo sviluppo di Bayonetta 2, è stato riduttivo ammettere come l’entusiasmo generale dei fan sia decollato. Cosa si sarebbe desiderato di meglio se non l’arrivo del successore dell’action considerato dai più come il migliore della settima generazione? Nessuno pensava certamente che l’aiuto necessario affinché il titolo fosse davvero realizzabile, non venisse più da Sega, non più interessata all’IP dopo le vendite “insoddisfacenti” del primo episodio ma dal publisher più improbabile e inaspettato, che ha voluto dare una seconda possibilità a questo promettente progetto. Nintendo è riuscito a farsi lanciare dietro maledizioni ed elogi ma, da qualunque parte si è decisi di stare, se da quella dei fan delusi e arrabbiati di non vedere la Strega di Umbra su altre piattaforme, o da quella che a gran voce ha tirato fuori la gioia di poter vedere un desiderato seguito che “le altre console non si meritavano”, ciò non importa: il seguito della creatura più promettente dello studio Nipponico di Kamiya e co. è venuta finalmente alla luce, ed è innegabile da entrambi gli schieramenti che l’iniziativa di Nintendo ha offerto un futuro a un brand con potenzialità semplicemente enormi.
Bayonetta 2 riprende circa dove il suo predecessore ci aveva lasciato: sventato il pericolo che minacciava il mondo umano, l’equilibro tra i tre regni si sta stranamente alterando, risentendone pesantemente sul nostro, quello del caos. Al tempo stesso la nostra Strega di Umbra dovrà vedersela con un lungo viaggio verso la montagna sacra Fimbulventr, punto d’incontro tra le porte del Paradiso e dell’Inferno, per salvare Jeanne da queste ultime prima che la sua anima sia consumata per sempre. La trama prende la mitologia generale del gioco, già delineata dal suo predecessore, e la amplia, introducendo personaggi fondamentali alla sua comprensione, primo fra tutti Aesir, il creatore del caos, presentato fin dall’inizio del titolo e reso un punto fondamentale per tutta la narrazione passata e futura della serie. Per tutto il gioco il ritmo non cala praticamente mai, cedendo giusto proprio verso la parte finale, che poteva in qualsiasi modo dimostrare molto molto di più. Kamiya si preferisce però tenere su un tono piuttosto moderato, il che è decisamente strano se si pensa al predecessore del titolo o meglio ancora alla ad una delle ultime opere di Platinum Games, The Wonderful 101, che sprizzava esagerazione da tutti i pori. Effettivamente è tutto il gioco che tende ad avere un’atmosfera differente: non più scene senza senso e ai molti dal palato più raffinato, definibile come estreme, se non nell’introduzione, nel finale e in sporadiche cutscene. Bayonetta 2 punta certamente di più sulla spettacolarità e sui colpi di scena, e approfondisce a fondo eventi e personaggi solo leggermente accennati nel primo episodio. La stessa Bayonetta apparte più matura e moderata in quest’avventura, senza fortunatamente rinunciare alla sua spacconeria, ironia ed esagerazione che da sempre la contraddistingue, momento permettendo. Discorso diverso per i personaggi: si è voluto dare spazio, oltre ovviamente alla protagonista, anche a new entry, come il nostro compagno di viaggio Loki, che sebbene piuttosto discutibile nei suoi atteggiamenti, possiede comunque una personalità propria e soprattutto un suo senso in tutta la faccenda. Nemesi molto interessante invece il Lumen Mascherato, che ci intralcerà più e più volte, rivelando non tanto a sorpresa la sua vera identità, ma sviluppandosi in maniera notevole in uno dei personaggi forse più stimabili della serie, grazie proprio a questo seguito. Personalmente parlando invece si sarebbe potuto dare più spazio a facce già conosciute che in questo episodio si riducono a mere comparse, come Luka, che apparte andarsene in giro e delineare alla nostra protagonista la leggenda di Aeisir non fa poi molto, o Jeanne, questo però a causa di forza maggiore nella narrazione. In generale la storia, scritta sempre da Kamiya che qui fa puramente da supervisore del progetto, funziona, e in certi termini anche in maniera decisamente migliore del suo predecessore che spesso si dilungava fin troppo prima di arrivare al vero fulcro di tutta la faccenda. Cosa altrettanto importante è che si completa e si riunisce perfettamente con i fatti del primo episodio, rendendo il tutto come un’unica storia da seguire. Purtroppo, sempre soggettivamente parlando, il finale fa gridare fortemente al giocatore un grandissimo “tutto qui?”, deluso in parte di non aver visto una conclusione del tutto molto più apocalittica e fenomenale, uno dei punti forse meglio riusciti dal suo precedente episodio.

Tralasciando la parte narrativa, che bene o male non è e non vuole per nulla essere il punto fondamentale di tutto il gioco, c’è sicuramente tantissimo da parlare dal punto di vista ludico. In barba a ciò che molti recensori dicono, il battle system di Bayonetta 2 è senza dubbio una versione riveduta e corretta di tutto ciò di buono c’era nel primo capitolo. Il sistema è rimasto fondamentalmente sempre lo stesso: una volta venuti in possesso di qualsiasi tipo di arma (salvo quelli che per logica devono per forza essere tenuti alle mani) avremo la totale libertà di dove preferiremo indossarli. La differenza è che finalmente ogni abbinamento ha una personalità e una precisa lista di combo, non più quindi standardizzate e differenziate solo dal tipo di arma scelto. La cosa si nota per esempio dagli attacchi eseguiti con i piedi che ora hanno una propria lista di abbinamenti, senza per forza doverli affiancare agli attacchi con le armi equipaggiate alle mani e permettendo così di fare un altrettanto numero di danni. Ciò è stata una scelta fondamentale e necessaria, visto il ritmo di gioco più frenetico e veloce: i movimenti generali di Bayonetta, infatti, sono più fluidi e reattivi, meno “meccanici” e standardizzati del suo predecessore, anche se a scapito di questo si sono ridotti i combattimenti aerei, vista la poca presenza di nemici lanciabili per aria. L’unico punto che sminuisce, e di gran lunga, il sistema di combattimento è negli scontri contro quei boss non a misura umana, escludendo quindi gli splendidi scontri col Lumen Mascherato o con altri npc presenti nel gioco. In queste fasi ci si ritrova spesso a usare le nostre ali stregate e sorvolare il campo di gioco, evitando gli attacchi del nemico, il tutto però sempre in maniera piuttosto programmata dato che verremo allontanati o avvicinati in base ai movimenti del nostro avversario. Questo limita tantissimo il sistema di combattimento, e si viene costretti a comportarsi in un certo modo se non si vogliono perdere preziosi punti combo. Nonostante questo comunque potremo sperimentare quanto e come vorremmo, grazie anche a un bestiario degno di questo nome che propone nemici di qualsiasi tipo e dimensione, letali o non, angelici o demoniaci. Discorso più curioso è la scelta delle armi presenti che, come per la varietà dei nemici, motivano praticamente sempre alla sperimentazione: rispetto al primo episodio e tenendo conto ciò che è stato già detto a proposito della varietà di combo presenti, le armi hanno finalmente ognuno un proprio senso, adattandosi perfettamente a qualsiasi stile di combattimento preferiremo e, continuando a cambiare continuamente stile per provare cose nuove, apparendo molto più devastanti se equipaggiati su mani o piedi. Ottimo l’equilibrio presente in ogni arma: le più letali avranno sistematicamente una lista combo e un abbinamento di attacchi molto più brevi di quelli che invece sono meno potenti, ma permettono di scatenare una serie di colpi terminabili con la chioma malefica.
Insieme ai nuovi giocattoli, fabbricati come sempre da Rodin raccogliendo per il gioco i relativi LP, Platinum Games ha ben pensato di non limitare più l’uso dell’Umbra Climax, presente nel primo episodio esclusivamente combattendo boss o equipaggiando l’apposito accessorio: quando le nostre sfere magiche saranno sufficientemente piene, potremo decidere se torturare come sempre i nemici oppure attivare tale modalità nella quale la nostra chioma malefica esploderà in una serie di attacchi devastanti. Apparentemente a ciò che si potrebbe pensare ciò non facilità il gioco, ma lo amplia a nuove strategie e ci motiva a conservarlo o utilizzarlo nei momenti più opportuni, poiché comunque i nemici più grandi avranno una notevole resistenza ai danni e difficilmente verranno tramortiti da quelli normali. Per quanto difficilmente fosse possibile sorpassare il primo Bayonetta, Platinum Games è riuscita comunque nell’intento del tutto inaspettato di ampliare e migliorare tutto ciò che c’era di buono, e la dimostrazione è presto detta: tornare a giocare al primo episodio dopo aver passato ore ininterrotte con questo, sarà un’esperienza terribile, e ciò basterebbe da solo per eleggere a pieni titoli come nuovo sovrano degli action game Bayonetta 2, il tutto senza alcun tipo di ripensamento.

Al di fuori degli scontri, avremo comunque tanto da scoprire e da collezionare. Potremo cercare e affrontare prove extra nel Muspelheim che, come facevano gli Alfheim nel primo episodio, ci sfideranno nello sconfiggere i nemici mantenendo determinati requisiti, pena il fallimento. Loki, non sarà solo un compagno di viaggio occasionale, ma ci aiuterà a proseguire grazie allo sconosciuto potere chiamato Rimembranza del tempo, utile a creare percorsi per il proseguimento. Da un fin troppo evidente punto di vista è innegabile quanto in questo episodio si sia dato spazio più alle pure e semplici parti belliche che a quelle esplorative, un bene per un action puro che richiede di essere giocato e rigiocato al fine di ottenere il punteggio migliore senza avere tra i piedi parti platform o puzzle decisamente non necessari. Altrettanto elogio agli sviluppatori per aver ridotto le sessioni più “arcade” del gioco, altrettanto presenti qui, ma ben più brevi e per nulla pesanti. E’ un pregio quindi come il ritmo si mantenga comunque sempre puntato sul suo genere di appartenenza, minando però forse sull’approfondimento e la varietà del gameplay. Immancabili anche in questo episodio i vari collezionabili da raccogliere, come le Lacrime di Umbra, custoditi da corvi sparsi per tutto il gioco che in questo episodio specifico acquisiscono anche un loro senso, visto che sbloccheranno dei timbri speciali da usare nel Miiverse. Oggetti che motivano nell’esplorazione, i cuori e le sfere magiche sono fondamentali se si vuole ampliare ulteriormente salute e magia. Non mancano neppure qui i lecca lecca che non subiscono numerosi cambiamenti e permettono di recuperare salute e magia, oltre a poter proteggersi e infliggere attacchi. Cosa che potrebbe far storcere il naso è che il loro utilizzo non intaccano nella valutazione finale, dando completa libertà al giocatore di abusarne quanto vuole. C’è da dire che comunque le valutazioni stesse sono più severe in questo capitolo: se vorremmo avere un Platino Puro, ma anche solo un Platino dovremo davvero sudare, non solo impegnandoci per evitare danni, ma anche realizzando il maggior numero di combo possibile, cosa non spesso facile se utilizzeremo armi troppo potenti o abuseremo dell’Umbra Climax e di altri tipi di accessori. Nota a sfavore, visto da una certa prospettiva, è la facilità generale: per un non avvezzo al precedente episodio (o semplicemente per un giocatore spaventosamente troppo fuori allenamento), l’esperienza di gioco almeno alla seconda run è ben facile dal definirsi frustrante, perfino al 2° Climax (normale), ma chi ha ore di gioco dietro si accorge che anche nella modalità più difficile disponibile fin dall’inizio si può risolvere il tutto ottenendo minimo il trofeo d’argento. Il discorso potrebbe essere diverso nell’Infinite Climax, che punisce severamente chi subisce anche il più piccolo dei danni, ma così non è. Un vero peccato da questo punto di vista, anche se l’esperienza potrebbe essere decisamente più appagante se equipaggiati determinati accessori e selezionati specifici personaggi sbloccabili, che offrono precisi vantaggi ma altrettanti e pericolosi malus. Cosa da trattare in una parte tutta loro sono la questione sbloccabili: al Gates to Hell, l’ormai ben conosciuto negozio e locale di Rodin, potremo come sempre acquistare non solo oggetti o armi da equipaggiare su tutti gli arti, ma anche accessori (ottenibili soddisfacendo determinate condizioni), tecniche e costumi, in quest’occasione ampliati ulteriormente, sia per la nostra Bayonetta sia per i personaggi secondari, di qualsiasi stile possibile inimmaginabile, inclusi quelli Nintendo che introducono in più anche elementi differenti durante il gameplay. Pochissimo da dire purtroppo per le caratteristiche esclusive che WiiU e relativo pad potevano offrire: nonostante ci siano sessioni extra nel quale il giroscopio viene utilizzato per controllare i nostri mezzi di trasporto occasionali (cosa che accade anche nell’adattamento del primo episodio sulla console) il touch screen utilizzabile per combattere non è molto allettante per chi vuole un’esperienza completa e si diverte a sperimentare ogni nuova mossa tramite la mole di abbinamenti disponibili.

Molte cose presenti nel primo episodio sono state in questo seguito appositamente tralasciate ma l’esperienza e la longevità totale del gioco si attesta comunque ad un alto numero di ore, sia per la fortissima rigiocabilità, che soprattutto per l’introduzione esclusiva di questo capitolo della Doppia Apoteosi che moltiplica a tempo pressoché infinito l’esperienza di gioco. Questa modalità è una cooperativa online, nel quale noi e un altro giocatore, una volta deciso il personaggio, il costume, le armi e agli accessori che vorremmo utilizzare, potremmo decidere di disputare una partita di sei round nella quale scegliere una carta appartenente a qualsiasi tipo di nemico affrontato nella modalità storia, e combatterlo. Potremo scommettere sopra un tot numero di aureole, ma la difficoltà sarà sempre più alta in base a quanto mettiamo in palio. Durante la partita si calcolerà il punteggio di entrambi i giocatori e a fine scontro si saprà qual è il vincitore della sfida che avrà le proprie aureole come ricompensa. Ciò amplia la concorrenza ma anche la cooperazione dato che se uno dei due giocatori finirà atterra e non lo salveremo in tempo perderemmo la sfida. A ogni round e se saremo abbastanza fortunati avremo anche una carta fortuna, che ci permetterà di combattere un nemico esclusivo di tale modalità, e se sarà quello giusto anche sbloccarlo come nuovo personaggio da utilizzare. Per quanto sia un’idea facilmente tralasciabile per la qualità effettiva del gioco è comunque una cosa in più, e potremo usarla anche per conto nostro dato che potremo decidere di giocare con la CPU se saremo abbastanza asociali da non accettare una richiesta da parte di qualcuno in cerca di un compagno di squadra.

Dal punto di vista tecnico ci sono stati molti dubbi sulla console che avrebbe ospitato questa promettente esclusiva. Molti hanno immaginato venisse fuori un lavoro notevole per la macchina di appartenenza, comune comunque per gli standard portati da numerosi titoli precednti, ma mai ci si sarebbe aspettato che Bayonetta 2 letteralmente brillasse a ogni fotogramma mosso su schermo. I sessanta fps fissi sono, infatti, uno degli aspetti fondamentali che circondano il ritmo di tutto il gioco, mostrando come in un genere come questo siano assolutamente fondamentali al fine di avere il massimo dell’esperienza. Non sia mai una volta che sia una che calino, uniche eccezioni sono giusto quei momenti nei quali le cose su schermo sono davvero così tante ed eccessive che qualsiasi console di precedente generazione avrebbe avuto una possibilità praticamente nulla di reggere. Anche nelle parti meno conciate è semplicemente una gioia continua per gli occhi: le strutture curate nel minimo particolare, l’effetto dell’acqua quando ci passiamo sopra, le migliaia di effetti particellari durante gli scontri e non, per non parlare dell’aspetto estetico che aleggia in generale per tutto il gioco, rendono il suo predecessore un pallido ricordo, sia dal punto di vista tecnico che soprattutto stilistico. Se proprio vogliamo trovare il difetto a tutti i costi si può dire che alcune texture e soprattutto aliasing delle ombre tendono spesso a farsi ben più che presenti, senza comunque intaccare il risultato generale che si è riuscito ad ottenere sulla macchina Nintendo
Enorme passo in avanti lo si ha anche con l’Ost, che se nel primo episodio era notevolmente presente nei momenti più importanti, e nel secondo è semplicemente memorabile dall’inizio alla fine. La stessa Tomorrow is Mine, tema di battaglia per tutta la durata del gioco, come lo fu in passato Misterious Destiny, non ha niente da rivaleggiare con quest’ultima, che viene semplicemente sorpassata senza alcun problema. Si potrà passare ore infinite a combattere senza stancarsi neppure un po’ della solita tiritera. Un peccato per Moon River invece che, distrugge altrettanto Fly me to the Moon, ma a differenza di questa si sente in quantità pressoché ridicole, togliendole la possibilità di renderla memorabile per il giocatore se non andandosela a cercare per conto proprio. Per il resto le musiche sono più orchestrali e serie, come si sentivano in ogni boss fight nel primo Bayonetta, decimando però letteralmente queste ultime e offrendo per tutto il tempo atmosfere semplicemente epiche o anche solo motivanti durante gli scontri, cosa non da poco per un gioco del genere dove anche la parte sonora deve caricarti a dovere.

Se il primo episodio godeva di un ritmo generale abbastanza moderato, il suo seguito porta continuamente il giocatore a dire che “più epico di così non può diventare” riuscendoti poi prepotentemente a sorprendere ancora di più. Sia chiaro che non è un titolo perfetto, come tutti i giochi a dire il vero: molte cose del precedente episodio potrebbero mancare a molti in questo, come il simpatico (ma forse inutile ai più) Angel Attack, o semplicemente alla varietà offerta nel primo episodio che comunque, effettivamente come già scritto prima, toglieva di gran lunga l’effetto di rigiocabilità minata da parti non necessarie e decisamente prolisse. Unica nota negativa veramente considerevole è la durata effettiva di gioco necessaria per sbloccare contenuti extra, anche se la parte cooperativa online allunga abbastanza questa lacuna. Alla cosa nel quale si poteva osare molto molto di più è la difficoltà, assolutamente molto più abbordabile dopo ore di pratica: un chiaro esempio sono i Muspelheim che non richiederanno tentativi su tentativi prima di arrivare alla loro risoluzione, e presentano regole certamente molto più realizzabili anche al primo colpo.
Da premettere che il voto definitivo è dato dal semplice fattore soggettivo, data dalla mancanza di determinati elementi a me sinceramente piaciuti nel predecessore, e dalle aspettative molto più alte e probabilmente forse più prevedibili nella parte finale, nel quale si sarebbe potuto osare molto molto di più. Per il genere però, e per un fattore molto più neutrale, è indiscutibile come il titolo possa avvicinarsi molto più alla perfezione.
Gli action puri come Bayonetta sono purtroppo in via di estinzione, e molto probabilmente questo sarà l’ultimo esemplare di tale genere, surclassato da altri giochi dove il senso di sfida e di appagamento nella riuscita di un determinato punteggio viene sostituito sempre più da un sistema semplice, elementare e fin troppo insoddisfacente, al fine di evidenziare al massimo la parte estetica e cinematica del gioco. Le cose però potrebbero perfettamente convivere tra di loro, senza togliere l’interazione del giocatore su ciò che fa, sulla soddisfazione creata nell’affrontare un nemico temibile per poi finirlo con agilità e tecnica. Bayonetta è stata la dimostrazione che questo è possibile, ma Bayonetta 2 è non solo la conferma definitiva, ma anche la dimostrazione oggettiva di come il gameplay e l’interazione generale deve essere il fulcro centrale della spettacolarità stessa, bocciando su tutta la linea la sola parte visiva che, e qui non transigo, dovrebbe limitarsi al solo mondo cinematografico senza essere rincorsa dagli sviluppatori come unica e vera rivoluzione nel settore videoludico.

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