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ChrisMuccio
Cover Call of Duty 4: Modern Warfare per PS3

***NOTA: LA RECENSIONE SI BASA SOLO SULLA CAMPAGNA SINGLE PLAYER***

Dopo gli iniziali successi il franchise di Call Of Duty va incontro a una battuta d’arresto con il terzo episodio: Call Of Duty 3 non ha aggiunto nulla a quanto già dimostrato dai predecessori apparendo stantio e privo di idee a causa di un setting, quello della Seconda Guerra Mondiale, ormai spremuto al massimo.
Consapevole che non c’era altro margine di manovra con quel tipo di tematiche, per Activision arriva il momento di dare una grossa sterzata al suo già popolare brand in modo da riportarlo nuovamente sotto le luci della ribalta. Ed ancora una volta sarà Infinity Ward a lasciare il segno, con un quarto capitolo che stravolgerà le carte in tavola dettando la nuova direzione non solo per la serie, ma anche per gli sparatutto bellici contemporanei.
Call Of Duty 4: Modern Warfare mette in risalto il suo più importante cambiamento già nel suo sottotitolo: si saluta la WWII e si passa a un setting contemporaneo, a una guerra moderna basata su armamentari e tecnologie odierne. Nel 2007 Activision e Infinity Ward mettono in atto un importante colpo di spugna che stravolgerà il genere degli FPS dando vita a uno dei più grandi fenomeni videoludici di ogni epoca, destinato nel bene e nel male a scrivere la storia del medium.

Ma il passaggio a un’ambientazione moderna non è stato il solo grande cambiamento messo in atto da COD4: per la prima volta c’è infatti una storia vera e propria da seguire. Nel 2011 la Russia è sconvolta da una nuova guerra civile che vedono opporsi la Federazione Russa e il partito ultranazionalista che non approva la costante occidentalizzazione sostenuta dal governo e intende invece riportare la madre patria ai fasti dell’Unione Sovietica. Nel frattempo in un paese del Medio Oriente avviene un colpo di stato messo a segno dall’anti-occidentale Khaled Al-Asad, costringendo così gli Stati Uniti ad intervenire nella regione per riportare ordine.
Personaggio principale di COD4 è John “Soap” McTavish, nuova recluta dei SAS britannici guidati dal Capitano John Price, ai quali viene ordinato di infiltrarsi in una nave da cargo controllata da soldati russi. La squadra scoprirà al suo interno un ordigno nucleare con sopra riportate frasi in arabo, ma sarà costretta a fuggire subito dopo a causa di un attacco di caccia nemici che affondano la nave.
Ai SAS non resta che indagare più a fondo sulla questione che potrebbe avere collegare la guerra civile russa con il colpo di stato in Medio Oriente: proprio qui il sergente Paul Jackson, secondo principale personaggio giocabile, è stato schierato tra le fila dei Marines americani con l’obiettivo di catturare Al-Asad e porre fine ai disordini mediorientali.
Una storia originale dal forte taglio militare ci accompagna attraverso una Campagna suddivisa in Prologo e tre Atti, dove non mancheranno colpi di scena e rivelazioni cruciali. Ma più che la trama in sé, che si pone alla fine come un contorno, è l’azione vera e propria a tenere incollati allo schermo: Infinity Ward ha infatti confezionati un Call Of Duty all’ennesima potenza che fa tesoro di quanto offerto dai giochi precedenti portando così il brand verso nuove vette qualitative.

Se è vero che in termini di puro gameplay Modern Warfare non stravolge certo nulla puntando anzi su una struttura classica dell’azione e della campagna, c’è da dire che ogni aspetto viene valorizzato al meglio offrendo così una delle esperienze più adrenaliniche e coinvolgenti viste negli FPS di quegli anni. Oltre ad un sistema di controllo impeccabile, a convincere appieno è anche il sistema di mira e sparatorie che trasmette un feeling realistico e credibile che garantisce la giusta immersione nelle battaglie che si scatenano su schermo, sorrette anche da un ritmo ben studiato, che lascia spazio a ben pochi tempi morti quando fa sul serio, ma che si rivela ragionato anche in quelle fasi più lente che ogni tanto caratterizzano l’evoluzione della storia. L’ampio armamentario a disposizione, così come la presenza anche di qualche fase a bordo di veicoli e velivoli, garantisce la giusta varietà a un gameplay che si dimostra soddisfacente anche per il grado di sfida proposto: pur con la ricarica automatica delle energie vitali, è fondamentale studiare con attenzione l’ambiente circostante e il posizionamento dei soldati avversari in modo così da preparare un’adeguata controffensiva, poiché anche un momento di distrazione può risultare fatale nei momenti più concitati dei combattimenti. Il pregevole level design valorizza ulteriormente gli scontri a fuoco rendendoli più dinamici ed imprevedibili, e in certi casi le battaglie si fanno così intense che può anche succedere di perdere per un attimo il controllo dell’azione. Nulla di grave comunque, basta un poco di concentrazione in più per essere sicuri che lo scontro vada a nostro favore, evitando anche quel fuoco amico che può essere punito con un Game Over e la ripartenza dall’ultimo checkpoint. A tal proposito, i checkpoint sono piuttosto frequenti, dunque anche in caso di sconfitta non ci sarà bisogno di dover ripercorrere intere parti di una missione.

Un ulteriore aspetto a favore di Modern Warfare è la maggior libertà d’azione e movimento che viene garantita da scenari all’aperto di dimensioni molto più ampie rispetto a quanto visto nei precedenti COD, sebbene comunque l’evoluzione di ogni livello segua comunque uno schema lineare. Ciò però ha consentito ad Infinity Ward di dare maggiore dinamismo e varietà a ciò che accade su schermo, in una maniera ancora più forte e decisa rispetto ai precedenti giochi della serie. Arrivare ai titoli di coda non richiede comunque troppo tempo, e già dopo 7, massimo 8 ore eccoci all’epilogo della nostra avventura bellica, non troppo lunga ma comunque intensa e soddisfacente.

COD4 compie anche un deciso balzo in avanti tecnico, offrendo modelli poligonali dei personaggi ben curati per realismo ed animazioni oltre a scenari ancora più ricchi di particolari e graziati da un’ottima varietà scenica che valorizza ulteriormente le atmosfere belliche che si respirano dal primo secondo della campagna. Qualche riserva giusto su alcune textures poco pulite e afflitte da evidenti scalettature, oltre a cali di framerate comunque molto sporadici nelle fasi più intense. A parte questo, però, COD4 funziona molto bene in termini visivi, e lo stesso discorso si estende al comparto audio di prima qualità per quanto riguarda musiche d’atmosfera ed effetti sonori che ci fanno sentire ancora più immersi nel campo di guerra. Bene anche il doppiaggio, che ricalca in linguaggio militare con toni credibili e valorizzato da un’azzeccata scrittura dei dialoghi.

La serie Activision si può apprezzare o meno, ma certi suoi esponenti hanno avuto comunque un impatto significativo sulla serie, sugli FPS e sul mercato in generale. Call Of Duty 4: Modern Warfare si può considerare uno dei più importanti e significativi di tutto il franchise per l’impatto che ha avuto. È sostanzialmente da qui che è nato il “fenomeno COD” vero e proprio, e del resto davanti a un gioco di tale caratura, dove persino la campagna merita assolutamente di essere giocata, non sorprende perché COD4, e la serie in generale, sono diventate un punto di riferimento del panorama videoludico. Nel bene e nel male.

8.5

Voto assegnato da ChrisMuccio
Media utenti: 7.8 · Recensioni della critica: 9.4

ChrisMuccio

ha scritto una recensione su A Hat in Time

Cover A Hat in Time per Nintendo Switch

C’era un tempo in cui i Platform 3D “Collectathon” si erano ritagliati il loro ampio spazio nel panorama videoludico, conquistando critica e pubblico con avventure piene di idee, creatività e collezionabili come se non ci fosse un domani. Con il passare del tempo, i continui progressi tecnologici ed il cambiamento nelle esigenze del pubblico ha portato questa categoria a non godere più della popolarità di un tempo fino a ridursi solo a pochissimi nomi storici, Super Mario su tutti.
Ma riscoprire serie e generi un tempo popolari è un interesse che si è ben consolidato nel mondo videoludico odierno, con sempre più realtà sia grandi che piccole pronte a riportare in scena un glorioso passato nel tentativo di renderlo nuovamente moderno. Jonas Kaerlev, fondatore dello studio indipendente Gears For Breakfast, voleva esattamente questo con il suo A Hat In Time, un Platform 3D che prende fortemente ispirazione da classici del passato come Super Mario Sunshine, Banjo-Kazooie e Spyro The Dragons con lo scopo di far rivivere ai giocatori odierni un’avventura che sembra proprio appartenere a quella lontana epoca a cavallo tra la fine degli Anni ‘90 ed i primissimi Anni 2000, quando il genere spopolava.

Divenuto inizialmente realtà nel 2017, A Hat In Time verrà pubblicato anche su console nei mesi successivi per poi sbarcare infine su Nintendo Switch nel 2019. L’avventura ci mette nei panni di Hat Girl, una bambina in viaggio con la sua astronave verso casa. Durante il tragitto arriva nei pressi di un piccolo pianeta: un membro della Mafia locale si avvicina dunque alla nave per chiedere alla ragazzina di pagare il pedaggio. Al suo rifiuto, il membro della Mafia irrompe dentro l’astronave sfondando il vetro, causando così la perdita dei Time Pieces, preziosissimi oggetti capaci di manipolare il tempo e indispensabili alla protagonista per completare il suo viaggio. Hat Kid raggiunge dunque il pianeta nel tentativo di recuperare tutti i Time Pieces andati perduti. Giunta a Mafialand si imbatte in una misteriosa giovane, Mustache Girl, anch’essa alla ricerca dei Time Pieces. Una volta compreso, però, che quegli strumenti hanno la capacità di manipolare il tempo, Mustache Girl vuole sfruttarli per i suoi scopi personali, scontrandosi dunque con Hat Kid che vuole impedire l’uso improprio dei Time Pieces che il rischio di stravolgere lo scorrere del tempo. Le due diventano quindi rivali, sfidandosi a chi riesce a recuperare il maggior numero di Time Pieces.

Inizia così un’avventura che ci porta ad esplorare quattro diversi mondi alla ricerca dei 56 Time Pieces andati perduti attraverso tali scenari, sebbene ne bastino 25 per finire la storia principale. Proprio come un qualunque Platform 3D che si rispetti, A Hat In Time offre al giocatore ampi mondi liberamente esplorabili, pieni di sorprese, di rompicapi e di scagnozzi da sconfiggere durante le nostre scorribande. Come nei classici Platform 3D di Super Mario, la conquista dei Time Pieces è collegata a specifiche missioni singole da affrontare una per volta, ciascuna con un proprio obiettivo specifico da raggiungere: che si tratti di sconfiggere un Boss, di arrivare in un determinato punto della mappa o di risolvere qualche enigma, sono tanti i modi per portare a termine lo scopo stabilito ed aumentare così la nostra collezione di Time Pieces.
Ma gli scenari a disposizione hanno le loro ostilità da non sottovalutare: Hat Kid può dunque fare affidamento sul suo ombrello come arma principale, così come a una serie di cappelli da sbloccare una volta raccolti gomitoli a sufficienza durante l’esplorazione, ciascuno con il proprio potere specifico da sfruttare a proprio vantaggio. Ottenere tutti i cappelli si rivela fondamentale per proseguire fino in fondo con l’avventura, considerato che determinate missioni potrebbero non essere accessibili senza determinati poteri a disposizione. Fortunatamente gli scenari, per quanto grandi, non solo mai dispersivi ed è anzi piuttosto facile orientarsi al loro interno, garantendo così un’esplorazione soddisfacente e che consente facilmente di recuperare tutti gli oggetti di nostro interesse, compresi i Pons, una “moneta” con la quale non solo accedere a nuove sfide ma anche a Spille inedite da equipaggiare in modo così da ottenere ulteriori vantaggi durante l’azione.

A rendere grande A Hat In Time è però la varietà delle sue missioni e dei suoi mondi. Se infatti Mafialand è strutturato come il più classico e consueto scenario che ci si aspetta da un Platform 3D, ecco che Battle Of The Birds cambia le carte in tavola introducendo qualche dinamica stealth (seppur invero molto abbozzata), momenti investigativi e gettandoci nel bel mezzo di una faida tra registi cinematografici, mentre in Subcon Forest c’è persino spazio per momenti “horror” di inaspettata atmosfera. Alpine Skyline, infine, cambia ulteriormente le carte in tavola, abbandonando il concetto di missioni e permettendoci di esplorare in completa libertà un mondo enorme, raccogliendo Time Pieces ed esplorando il vasto scenario senza alcuna soluzione di continuità, proprio come accadrebbe in uno Spyro o in Banjo-Kazooie.
A Hat In Time appare fresco ed originale, con un level design studiato con grande attenzione e tante idee avvincenti ben amalgamate tra loro: tutti questi elementi presi assieme lo rendono estremamente intrigante per chi ama il genere ed ha atteso per molto tempo di ritrovarsi un suo degno esponente che non fosse un Super Mario o qualche altro classico del passato. Anzi, da un lato forse dispiace pure che ci siano pochi mondi a disposizione e si arrivi piuttosto velocemente al gran finale: collezionare Time Pieces in gran quantità non richiede troppo tempo e nel giro di una scarsa decina di ore siamo già all’atto conclusivo del nostro viaggio. Fortunatamente il fattore rigiocabilità si fa sentire, e chi vuole finire a fondo tutto ciò che l’avventura offre, compresi gli stage speciali Time Rift (che prendono fortissima ispirazione dai “Livelli Mistero” di Super Mario Sunshine), troverà ancora materiale a sufficienza per intrattenersi altre ore ancora.

Dove A Hat In Time non convince appieno è nel suo comparto tecnico, che appare piuttosto datato e che lascia spazio anche a qualche problema tecnico su Nintendo Switch, tra cali di framerate e bug visivi. Come direzione artistica, però, l’opera targata Gears For Breakfast sa il fatto suo dimostrandosi piuttosto creativa e con un certo fascino. Le musiche si sposano perfettamente con lo stile e le atmosfere di ogni mondo, rivelandosi un piacere da ascoltare con i loro toni scanzonati, leggeri ed avventurosi.

Sì, per atmosfere, idee e filosofia A Hat In Time sembra davvero un Platform 3D di quelli che si vedevano su Nintendo 64 o la prima PlayStation: ci ha riportati a quei tempi d’oro facendoli sentire ancora attuali ed avvincenti proprio come un tempo. È questo il suo più grande merito che lo rende un’opera imperdibile per chi con quei giochi ci è cresciuto e li ricorda ancora adesso con passione e nostalgia. Gears For Breakfast ha confezionato il miglior tributo possibile al genere (superiore anche al pur buon Yooka-Laylee suo contemporaneo) mettendoci anche molto di suo, e in fondo ci fa sperare di vedere anche qualche altro gioco ancora che provi a cimentarsi con questo modo di fare Platform tridimensionali.

8.5

Voto assegnato da ChrisMuccio
Media utenti: 9.3

ChrisMuccio

ha scritto una recensione su Mario Tennis

Cover Mario Tennis per GBC

Proprio come accaduto con Mario Golf, anche Mario Tennis ha goduto di una versione Game Boy Color affiancata all’edizione maggiore per Nintendo 64. E proprio come Mario Golf, anche Mario Tennis per Game Boy Color non è un mero porting riadattato alle caratteristiche della console portatile Nintendo, ma è in realtà qualcosa che funziona perfettamente in maniera indipendente con contenuti e idee diversi rispetto all’edizione principale.

Perché Mario Tennis su GBC non è solo un ottimo sportivo arcade che funziona egregiamente nei controlli offrendo così una giocabilità immediata, curata ed avvincente una volta impugnata la racchetta e preso parte ad intense partite in singolo o doppio, ma è anche un brillante “gioco di ruolo” molto più sofisticato di quanto possa sembrare in apparenza. Anche in questo caso Camelot concentra il focus del gioco su una componente RPG a tinte sportive, con il proprio personaggio da sviluppare un poco alla volta a suon di pratica e sfide individuali prima di cimentarsi con i vari tornei a disposizione. Lo scopo principale è diventare i campioni dell’Accademia sconfiggendo in campo Mario, il giocatore più formidabile in circolazione. Ma per arrivare a un simile traguardo ci vuole tempo, impegno e dedizione per rendere il nostro tennista in erba un giocatore provetto e in grado di cimentarsi in ogni tipo di sfida, dalle più semplici fino alle più ardue con l’avanzare dell’avventura.
Lo story mode in stile RPG si dimostra anche in Mario Tennis un grande valore aggiunto, capace di intrattenere per diverse ore permettendo al tempo stesso di sbloccare anche nuovi contenuti, compreso lo stesso Mario non disponibile da subito.

Per il resto l’offerta ludica di Mario Tennis su GBC non è in verità ricca e si ha inizialmente accesso a una rosa ristretta di personaggi giocabili (che comprende Luigi, Donkey Kong e Baby Mario oltre ad una serie di atleti originali pensati appositamente per il gioco). Oltre alla modalità Esibizione ci si può cimentare in una serie di minigiochi piuttosto piacevoli e con difficoltà crescente una volta portate a termine le sfide iniziali, sebbene a lungo andare esauriscano la loro carica di originalità. Tramite Transfer Pack con il quale collegare tra loro le versioni N64 e GBC di Mario Tennis è comunque possibile sbloccare ulteriori personaggi giocabili come Wario, Waluigi, Yoshi e Bowser, sbloccando in questo modo anche altri minigiochi ancora con i quali intrattenersi.

Il fulcro del gioco resta pur sempre lo story mode, il Mario Tour pieno di tornei e partite diverse con cui cimentarsi, ma in ogni caso anche l’offerta di contorno dimostra di funzionare egregiamente intrattenendo con gusto. Anche il contorno audiovisivo è di tutto rispetto, con uno stile che ricalca quanto fatto da Camelot con Mario Golf in versione GBC: Mario Tennis è un piacere da vedere grazie a colori sgargianti e le splendide animazioni degli sprites in campo, mentre la colonna sonora riprende quanto ascoltato nell’edizione N64 riadattandolo in chiave 8-bit con grande successo, offrendo così musiche subito orecchiabili e che restano ben impresse nella mente.

Dopo Mario Golf, Camelot fa pieno centro anche con Mario Tennis imponendolo al vertice dei giochi sportivi mai visti su GBC, se non proprio su Game Boy in generale. Una scelta assolutamente da non perdere se amate Mario, il tennis e i giochi di ruolo.

8.5

Voto assegnato da ChrisMuccio
Media utenti: 8.7

ChrisMuccio

ha pubblicato delle immagini nell'album PaulMuccio

Con molta probabilità finisce qui la mia scalata con Paul, visto che arrivati a questo punto serve una conoscenza è una padronanza del gioco che francamente non ho così sviluppata. Ma resta per me una bellissima soddisfazione.
Però intanto si può portare su qualche altro personaggio: zitto zitto, Shaheen...

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