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Giulzilla

ha scritto una recensione su The World Ends With You

Cover The World Ends With You per DS

Ho deciso di dropparlo. Non metto voto, ovviamente, visto che non l'ho finito, però volevo scriverci due parole anche per promemoria personale. Non mi viene proprio la voglia di giocarlo. Detesto il combat system: è confusionario, impreciso, non fa gli attacchi che vuoi, sembra che non hai il controllo dello scontro, se cerchi di capire quello che fai ti danneggiano, se spammi attacchi a caso vinci. Il dover controllare due personaggi diversi, su schermi diversi, con nemici posizionati in maniera diversa, con comandi diversi è l'idea più stupida che abbia mai visto. Non è difficile, è solo caotico, non ti soddisfa. Certo, per la cogliona di sopra devi solo premere quattro o cinque volte i tasti della croce direzionale e c'è l'autoplay, ma l'aggiunta delle tre carte è un'altra cosa a cui pensare nel casino. Ma alla fine il segreto per vincere e fare pure un buon punteggio è non pensare e fare a caso. E poi che mi sblocchino la schivata della tizia solo al terzo giorno è inconcepibile. La trama, tanto decantata, non mi ha interessato per un cazzo nell'incipit. Il "gioco mortale" è un cliché trito e ritrito, i personaggi sono animu e piatti come fogli di carta, il protagonista è un edgy del cazzo e la ragazzina è uguale a qualunque ragazzina degli anime, perciò anche fastidiosa. Bella la meccanica dei brand per zona che ti danno dei bonus, bellina l'idea dell'urban fantasy e lo stile graffiti (peccato che è solo di sfondo e tutto il resto è weeb as fuck), bella la possibilità di abbassare il livello a piacimento per aumentare il drop rate. Il cibo che ti dà bonus o aumenta le statistiche non è una cosa che mi va molto a genio in generale negli rpg.

Giulzilla
Cover Ghost Trick: Phantom Detective per DS

Un piccolo capolavoro

Ammetto che prima di iniziarlo, non capivo come mai si osannava tanto questo gioco molto semplice. E Ghost Trick è effettivamente un gioco semplice, con un gameplay abbastanza originale, che sfrutta appieno il touch screen del ds, una difficoltà ben dosata che diverte e dà la giusta dose di sfida senza diventare frustrante, una durata breve ma ottimale per non annoiare, visto che il gameplay rimarrà pressoché invariato a parte un leggero cambiamento nell'ultima parte. Però, per quanto semplice, Ghost Trick diverte, e diverte anche tanto: non sono un'amante dei giochi a tempo, ma qui il tempo mette pressione in modo tale da spingerti a pensare veloce, a cercare subito la soluzione all'enigma sperimentando con tutto quello che hai intorno e non semplicemente andando a tentativi casuali. Inoltre, la difficoltà, all'inizio abbastanza bassa, cresce man mano che continui il gioco ad un ritmo quasi perfetto, spingendo la soluzione dell'enigma sempre più agli ultimi secondi di tempo. Ghost Trick è un gioco che ti spinge davvero a ragionare, da una parte in modo molto logico e meccanico col gameplay, dall'altra riflettendo sulla trama. Trama che, per la prima metà di gioco sembrerà quasi superflua perché, detto terra terra, non si capisce una mazza. La storia comincia come una tabula rasa, dove il protagonista non ricorda assolutamente nulla e si pone subito due semplici domande: "Chi sono io? E perché sono morto?" Solo che andando avanti le domande si aggiungeranno, di risposte nessuna traccia, e verremo coinvolti in una serie di eventi che sembrano non avere nulla a che fare con noi. Ma in questo gioco nulla, e dico NULLA, è lasciato al caso: dalla seconda metà in poi, i puntini cominceranno ad unirsi, la storia prenderà una piega più triste e seria rispetto alla prima metà più ironica e simpatica, e tutto verrà spiegato senza lasciare niente in sospeso. Nonostante la storia si complichi abbastanza nella seconda metà, non si fa fatica a seguirla grazie all'ottima narrazione, ai dialoghi semplici ma non banali e non contenenti informazioni superflue e ad un registro sempre consultabile nel caso si perdesse il filo. Per quanto riguarda i personaggi, non hanno un grande spessore ma svolgono bene il loro ruolo senza essere noiosi e troppo ripetitivi nei loro modi di fare, tutti strambi il giusto per distinguerli gli uni dagli altri.
Ghost Trick è davvero una piccola perla e chiunque abbia un ds deve giocarlo. E poi un gioco che, dopo averlo finito, ti fa subito pensare "voglio rigiocarlo" nonostante tu abbia a mala pena il tempo di respirare, dev'essere per forza un bel gioco.

Giulzilla
Cover Phoenix Wright: Ace Attorney per DS

Giacché l'ho rigiocato e rifinito dopo anni, lo recensisco.
La saga di Phoenix Wright potrebbe essere considerata l'erede di vecchie avventure grafiche come Broken Sword e Monkey Island, anche se non può essere considerata una loro evoluzione. Infatti, sebbene Phoenix Wright conservi certe caratteriste degli altri due giochi (l'investigazione, la raccolta di oggetti, una meccanica di punta e clicca simile, la simpatia, l'assurdità di alcuni eventi), per potersi addattare ad una console portatile ha dovuto essere strutturata come una visual novel piuttosto che un'avventura grafica completamente animata, rinunciare ad una trama contigua per una episodica e alla possibilità di poter combinare gli oggetti. Un Broken Sword in formato mignon, in pratica. Ma il bello di Phoenix Wright risiede soprattutto nell'adattarsi perfettamente alla console portatile, sfruttandone ogni caratteristica (soprattutto con l'ultimo caso che aggiunge un paio di meccaniche nuove) e alla diversità nel tema: per quanto le risate e le situazioni assurde non manchino, in Phoenix Wright dovremo indagare in casi di omicidi e soprattutto tenere un processo nel quale noi rappresenteremo la difesa. Infatti sono i processi, più che le indagini, la vera anima del gioco, oltre alla parte più difficile. Quindi Phoenix Wright è un gioco difficile? Na, non proprio. Per quanto ci sia un'impennata di difficoltà con gli ultimi due lunghi processi, un errore non equivale ad un immediato game over, anzi, di errori ne sono concessi ben 5. Aggiungendoci anche il fatto che le meccaniche sono molto semplici e che il gioco è anche un po' giudato ed aiutato, la bassa difficoltà arriva ad essere quasi un difetto, compensato dalla grande qualità dell'ultimo processo lungo ed estenuante. In conclusione, il primo Phoenix Wright è ancora un gioco semplice ed acerbo ma con delle belle idee di base, dei casi intricati ed emozionanti (per quanto per niente realistici) e una smodata quantità di personaggi al quale sarà difficile non affezionarcisi, nonostante lo spessore di un foglio di carta.

Giulzilla

ha scritto una recensione su Okamiden

Cover Okamiden per DS

Come fare male un simil Zelda

Non mi aspettavo molto da questo gioco, se non quanto meno uno stile di gameplay simile ai The Legend of Zelda: esplorativo, dungeon con piccoli enigmi, ecc. Purtroppo però questo gioco sembra più uno scimmiottare quello stile, con dungeon estremamente facili e corti ma con nemici e soprattutto boss fight frustranti per la fatica che si fa a trovare il modo migliore per sconfiggerli ed arrivare alla vittoria. In particolare, dalla seconda metà del gioco in poi, i Brush (simil incantesimi da tracciare con lo stilo, a sostituzione degli oggetti dei TLOZ) saranno talmente tanti da rendere difficilmente intuibile quale sia più adatto a sconfiggere ciascun mostro, costringendoti più ad andare a tentativi che a ragionarci sopra. Questo andare a tentativi comporta il dover compensare con una quantità smodata di oggetti di cura e di ricarica dell'inchiostro (il mana in pratica). Oltre a questi oggetti ci saranno anche dei consumabili (frecce magiche ed esorcismi) che potranno essere usati per danneggiare i nemici (anche se mi pare non funzionino sui boss, per fortuna). Siccome non è nel mio stile di gioco, non li ho usati per molto tempo, fino a che non decisi di rushare fino al finale perché mi ero rotta le palle. Ebbene, nonostante fossi nelle fasi finali del gioco, questi oggetti erano op, il livello massimo di ciascuno dei due shottava, gli altri facevano comunque ingenti danni. Come se il gioco non fosse già abbastanza facile di per sé. Oltre a questi difetti, si aggiungono quelli tecnici: visuale che negli spazi aperti se ne va un po' a cazzo suo, cambi di visuale all'interno dei dungeon non sempre comodi (nel penultimo, quello ghiacciato, ad un certo punto non potevo più tornare indietro per come era posizionata la visuale), terrificanti cali di framerate, leggero delay dei comandi. Gli unici veri pregi del gameplay sono i Brush che implementano la funzione del touch screen in maniera equilibrata e il continuo cambio di partner con ognuno le sue caratteristiche e funzioni diverse.
Ciò che invece mi ha leggermente stupito ed è andato sopra alle mie aspettative è tutto il resto: l'ambientazione e l'estetica sono molto caratteristiche, attingendo a piene mani dal giappone e la sua mitologia; la storia è carina ed interessante per quanto lineare, bambinesca ma non troppo e non vuota o superficiale; personaggi semplici ma simpatici, riesci ad affezionartici. Pro personale: i cuccioli delle divinità dolcissime e pucciose e il poter giocare tutto il tempo nei panni un doge tenerissimo.
Nel complesso Okamiden è un gioco sì carino ma non fatto in maniera ottimale, con idee belle ma inserite in un gameplay davvero povero. Inoltre il suo più grande difetto è il peggiore che un videogioco possa avere: la noia. Okamiden mi ha annoiato. Se la prima metà di gioco la consideravo almeno piacevole e rilassante anche se non particolarmente divertente, la seconda metà è stata noiosa, ripetitiva e frustrante. Il finale poi ha avuto anche la pessima idea di farmi ripetere quasi tutte le bossfight del gioco (che son solo 4 eh, ma è stata comunque una rottura di coglioni doverle rifare) prima delle ultime due.
Davvero un peccato.

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