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Kessels

ha scritto una recensione su Silent Hill 3

Cover Silent Hill 3 per PC

Un oscuro avvenire: Silent Hill 3

Il terzo capitolo della saga di Silent Hill prosegue il percorso del suo diretto predecessore, Silent Hill 2, nell’intrecciare atmosferico orrore corporeo e introspezione psicologica e di più: se Silent Hill 2 era una parabola scritta da Dostoevskij sull’accettare le colpe delle nostre azioni, Silent Hill 3 è un possibile racconto di Zulawski su di un corpo che cresce.
Dico questo fin dall’inizio perché nell’opinione comune Silent Hill 3 avrebbe perso quella componente psicologica che contraddistingue il precedente capitolo della saga, ritornando ad un “puro” horror come era il primo Silent Hill. Niente di più sbagliato. Silent Hill 3 narra dell’essere un’adolescente ad inizio anni 2000, con le paure, le ansie e le voglie tipiche di quell’età (e infatti il gioco inizia non a caso in un centro commerciale, dopo il sogno iniziale).
Ma tutto il gioco è un continuo ritornare su tematiche come la maternità, nel suo aspetto più corporeo: il sangue; l’essere negli anni di transito fra l’infanzia e l’età adulta, e allora si vorrano dimenticare gli aspetti bambineschi che ancora ci caratterizzano, ma che inconsciamente non ci abbandonano (il sogno iniziale…). Inoltre Silent Hill 3 ci presenta un distorto complesso di Elettra: solo dopo la morte del padre Heather riuscirà a capire chi è veramente, e a rifiutare un destino non suo, ma la morte del padre non è stata a causa sua…
L’avventura di Heather non è che un racconto su come crescere in un’era di grande disagio, come fu quella a cavallo fra fine anni ‘90 e inizio 2000, dal punto di vista femminile; e l’atmosfera è costruita magistralmente: il gioco, in un connubio perfetto fra aspetto visivo e musicale, si presenta come un inferno industrial in cui neppure il silenzio sarà capace di farci rilassare.

8

Voto assegnato da Kessels
Media utenti: 8.7

Kessels

ha scritto una recensione su The Outer Worlds

Cover The Outer Worlds per Nintendo Switch

Che dire, era dai tempi di Fallout New Vegas, gioco da me amato e rigiocato fino all’inverosimile (mi comprai addirittura la guida, nonostante l’avessi già finito), che aspettavo un gioco di Obsidian, perciò potete capire l’attesa che avevo verso The Outer Worlds.
È stata ricambiata?
Purtroppo per nulla, a partire dalla versione su cui l’ho giocato, indiscutibilmente la peggiore: graficamente è orribile, con texture in bassissima risoluzione, pop-up, orizzonte visivo e frame rate discutibili… insomma dal punto di vista tecnico la versione Switch è insalvabile (e io l’ho giocato con l’update che doveva migliorare la situazione).
Dal punto di vista del gameplay invece ho trovato quello che mi aspettavo, un action rpg à la Fallout in tre dimensioni, molto semplice da apprendere ma sufficientemente divertente da non annoiarsi mai.
Ora però vero veniamo all’altro grande problema: la trama.
Non sono riuscito a farmi prendere né dagli eventi, né da qualche personaggio, nessuno veramente carismatico o iconico; nonostante la scrittura non sia così differente da quella di New Vegas (anche qui umoristica e un po’ weird).
In definitiva: sconsiglio la versione Switch, e sconsiglio anche il gioco in sé, a meno che non abbiate davvero voglia di giocare un action rpg fantascientifico.

Kessels
Cover Shin Megami Tensei IV: Apocalypse per 3DS

Cosa dire del primo SMT che abbia finito?
Sicuramente a livello di gameplay è uno dei migliori jrpg che abbia giocato fino ad ora: le combinazioni possibili (sfruttando le debolezze dei demoni avversari, usando skills magiche che aumentano/fanno diminuire attacco/difesa/hit rate/ecc.) in ogni scontro sono infinite, in questo il turn press non è invecchiato di una virgola.
Oltre al fatto che dialogare coi demoni per renderli alleati non è così semplice, mi sono successo molte volte “trattative” in fase avanzata che si sono risolte col demone che semplicemente scompariva.
A livello di ambientazioni questa Tokyo distopica è realizzata bene, rende abbastanza la sensazione di paura ed angoscia che eventi simili potrebbero suscitare; purtroppo però i dungeon soffrono di una ripetitività evidente, non solo in fatto di texture, ma anche di composizione dei piani (oltre a percorsi vuoti che non servono a nulla, che vabene ci stanno idealmente, ma nella realtà sono solamente frustanti).
Della trama posso dire che forse mi aspettavo qualcosina di meglio: capiamoci, niente di troppo inconcludente o noioso, ma alcune soluzioni nello svolgimento le ho trovate un pochino scontate; così come il peace ending (che forse non è il true ending fra quelli disponibili, ma non potrei dirlo con certezza non avendo visto gli altri) mi ha lasciato un po’ deluso.
Carina l’idea di un party più simile ad un Persona, però come ho detto prima, alcune evoluzioni dei personaggi (almeno perseguendo
il peace ending) sono risultate banali.
Infine la difficoltà: già giocando a conflict sarà necessario grindare abbastanza, che è una caratteristica del gioco che a me a dirla tutta annoia, ma non ci si può far molto, dipende da che giocatori si è.
Lo consiglierei a qualcuno che non ha mai giocato un SMT?
Non credo, sia perché il party poteva essere sviluppato in maniera migliore, sia perché la trama non mi ha mai offerto spunti che mi tenessero incollato allo schermo, o quantomeno mi facessero empatizzare veramente coi personaggi, cosa che invece mi è successa in Strange Journey, sebbene vi abbia giocato ancora poco.

Kessels
Cover Kentucky Route Zero: TV Edition per Nintendo Switch

Kentucky è sicuramente un gioco non per tutti, per molti motivi: i temi di cui tratta (alcuni dei quali non credevo potessero esserci, come la crisi climatica e una critica profonda al capitalismo) sono difficilmente digeribili per il videogiocatore medio, senza contare i tempi estremamente diluiti che il gioco si prende per mandare avanti la “trama”, e le citazioni filosofiche, letterarie, ed artistiche più in generale, di cui i dialoghi e il mondo di gioco sono zeppi (si va da Bachelard, Beckett, Frost, fino all’ovvio Twin Peaks, del quale, seppur non venga mai citato direttamente, si può ritrovare lo stesso gusto per atmosfere e situazioni inquietanti).
In generale si può dire che Kentucky Route Zero voglia essere una sorta di Ulysses contemporaneo, i cui personaggi sono tutti sconfitti (dal tempo, dal mondo lavorativo, sociale), che però riescono a trovare una via di fuga, almeno momentanea, unendosi uno all’altro, in questo viaggio che a lunghi tratti sembra non avere una meta vera e propria.
Davvero una gemma della decade scorsa - anche grazie ad un’estetica low-poly che si sposa benissimo con l’atmosfera del gioco - seppur per essere apprezzata a pieno richieda un’attenzione ed una curiosità extra-videoludica non indifferenti, ma che verranno ampiamente ripagate.

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