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Mark

ha scritto una recensione su The Town of Light

Cover The Town of Light per PS4

Fatto col cuore - Il Made in Italy che piace a me

Partiamo subito con una premessa importante : The Town of Light è un gioco tecnicamente mediocre. Grafica con tanti alti e bassi (belli gli scenari, pessimi i modelli dei personaggi), gameplay quasi nullo (il cosiddetto "walking simulator", ovvero interazione prossima allo zero e tante lunghe camminate), una narrazione a tratti confusa e incerta, una struttura ludica debole e una realizzazione tecnica vicina a un indie di fascia bassa. Il difetto più grosso è sicuramente la LENTEEEEEZZA. I movimenti, le scene scriptate... Sembra quasi in slow motion, mai come in questo caso ho sentito la mancanza di un tasto dedicato alla Corsa, soprattutto negli scenari più aperti dove bisogna coprire spazi considerevoli. A tratti può essere veramente estenuante.
MA.
MA The Town of Light è un gioco che nonostante tutto ti lascia qualcosa. La storia di Renée mi ha toccato il cuore, non solo perché triste e coinvolgente (e doppiata divinamente in italiano) ma soprattutto per il fatto di essere SPAVENTOSAMENTE plausibile. Come alcuni di voi sapranno The Town of Light è ambientato in un manicomio realmente esistito a Volterra negli anni '50 (ormai chiuso e abbandonato), e il personaggio di Renée è ispirato a veri pazienti che venivano ospitati nella struttura. E come ben sappiamo gli istituti psichiatrici all epoca erano veri teatri dell orrore, quindi vi lascio solo immaginare i temi trattati in The Town of Light. Gioco che, come dicevo, nonostante gli innumerevoli difetti riesce con efficacia a trasportare il giocatore nella mente di un folle, ma anche a mettere in evidenzia le problematiche mediche (e sociali) dell epoca.
Se siete alla ricerca di un esperienza diversa dal solito e che tratti argomenti crudi e angoscianti ve lo consiglio, anche per il fatto che dura veramente poche ore (credo 3 ore andando con calma), ma non fatevi alcuna aspettativa sul lato tecnico e ludico. Gli sviluppatori non volevano creare un videogioco in senso classico ma farci vivere un esperienza, farci fare un viaggio nei ricordi non solo della protagonista ma anche (e soprattutto) di una realtà spesso dimenticata. E il fatto che dietro a un progetto cosi piccolo ma al tempo stesso cosi toccante e sensibile ci sia un team di sviluppo tutto italiano lo considero un gran motivo di orgoglio. Da provare.