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Reita.Roses

ha scritto una recensione su Hollow Knight

Cover Hollow Knight per Nintendo Switch

Malacofauna

Alcuni anni fa presi parte ad uno scavo archeologico di epoca romana imperiale, fui assegnato ad un "saggio" (questo il termine tecnico per definire le varie sezioni di uno scavo) che poi si rivelò soltanto una discarica di materiali edili, nulla di che, ma mentre scavavo questo strato mi imbattei in alcuni elementi particolari, ovvero una piccola area era strapiena di gusci di lumache, sorta di conchiglie e cose simili. La responsabile mi spiegó che sul registro dello strato andava segnalata la presenza di questi elementi con il termine "malacofauna", parola che all'epoca non conoscevo ma - forse un po' a causa della musicalità, e un po' a causa di quanto mi colpì la presenza di tutti quei delicatissimi gusci rimasti lì per 2 millenni - mi rimase molto impressa.
Questa parola mi tornò in mente un paio di anni fa quando mi cimentai nella lettura, assolutamente non facile ma che consiglio, dell'Ulisse di Joyce. Nel terzo capitolo dell'opera uno dei protagonisti, Stephen Dedalus, si trova a passeggiare per la spiaggia di Sandymount e, inavvertitamente calpestando le conchiglie e le alghe sparse sulla battigia si abbandona ad un lungo flusso di coscienza.
Ecco, Hollow Knight mi ha restituito un'esperienza simile a quanto vive Dedalus in quel frangente, ci si immerge in quello strato antico, dimenticato, di malacofauna rendendosi conto che però non è altro che morte, nulla, vuoto. Ci si muove in un organismo morto da tempo e in cui solo la morte sopravvive. Come Dedalus ad un certo punto si ritrova a contemplare una carcassa di cane abbandonata sulla spiaggia, il Cavaliere Vuoto si ritrova a dover fare i conti con un mondo freddo, immobile, morto, e, come nell'Ulisse il cane vivo che passava di lì annusa la carcassa del "fratello" canide, il Cavaliere Vuoto più volte ha assaggio di quello che sarà il suo certo futuro calpestando le carcasse dei suoi "fratelli".
Eppure ogni carcassa, ogni guscio lì abbandonato da tempo immemore porta con sé qualcosa, era stato qualcosa un tempo, anche se ora è nulla, quel qualcosa può essere recuperato solo oniricamente nella dimensione del sogno, un po' come Molly nel suo dormiveglia rivelatorio al termine dell'opera di Joyce.
Ma alla fine, a conti fatti, è e resta solo un pugno di gusci vuoti, neanche più morti, in uno strato di terreno di nessun valore.
Malacofauna.
Mi piace proprio il suono di questa parola e questo sproloquio forse alla fine era solo per togliermi lo sfizio di usarla come titolo di una recensione.

8.9

Voto assegnato da Reita.Roses
Media utenti: 8.8 · Recensioni della critica: 8.9

Reita.Roses

ha scritto una recensione su Knack

Cover Knack per PS4

Merda d'Artista

Facciamo finta che questa recensione sia un saggio sull’esistenzialismo.
Come spieghiamo l’esistenza di Knack?
Come mai Sony ha permesso che un’opera del genere venisse pubblicata? Addirittura, come gioco di lancio per la sua nuova fiammante PS4.
Cosa aveva in mente il quality control di Sony quando ha autorizzato la vendita di questa “cosa”?
Badate bene, “cosa” non vuole assolutamente essere un termine dispregiativo, l’ho utilizzato perché non saprei come altro definire questo software. Giocare Knack è un po' come ritrovarsi dinanzi ad un grande antico lovecraftiano, la nostra mente di piccoli mortali non è in grado di concepire quel tipo di esistenza, così profondamente alieno rispetto al nostro, pretendere di comprenderlo può arrivare a danneggiare le nostre fragili menti, non siamo pronti, non possiamo esserlo.
Knack non è solo un brutto videogioco, è qualcosa di più, è qualcosa di creato appositamente per creare un baratro nel mercato e nelle menti di chi si accinge a giocarlo, la sua mediocrità non è accidentale, è chiaramente qualcosa di voluto e ricercato al fine di inviare un preciso messaggio all’utenza, un po' come i Concetti Spaziali di Lucio Fontana e la Merda d’Artista di Piero Manzoni, anche qui siamo davanti a qualcosa a cui critica e utenza non potevano esser pronti.
Va considerato che il 2013 fu un’annata d’oro in ambito videoludico tra The Last of Us, Bioshock Infinite e GTAV, e in quel novembre, sul finire dell’anno, nessuno poteva prevedere che l’opera più importante dell’anno, ancora non fosse davvero uscita, ma era lì, pronta, solo per la next gen.

Ma ora che è abbiamo accennato all’importanza crossmediale di Knack, che spazia dal medium videoludico, alla storia dell’arte fino a toccare la letteratura e la filosofia, parliamo del suo gameplay, dell’interazione, cos’è, terra terra, Knack?
Knack, contrariamente a quanto ne suggerirebbe l’estetica cartoon, non è un platform, ma un action hack’n slash che prende a piene mani dai classici God of War, spogliandolo però di quegli inutili orpelli quali possono essere le combo, la varietà di nemici e gli enigmi; Knack, ermeticamente - manco fosse una poesia di Ungaretti - ha un solo tasto per attaccare e una sola combo possibile che si effettua, ovviamente, pigiando ripetutamente quadrato. Ed è sempre così per tutte le estenuanti, sofferte, infinite, 15 ore di durata: arene dove menare orde di nemici tutti uguali con lo stesso tasto, il tutto con una difficoltà anche molto elevata, che spesso uccide senza colpa del giocatore, costringendolo a ricominciare da checkpoint quasi sempre lontanissimi. Però va precisato che ogni tanto c’è il barlume di qualche piccola breve e accennata fase in cui bisogna saltare, ma sempre presa cum grano salis, a piccolissime dosi, la maggior parte delle volte le arene sono infatti intervallate da cutscene oppure è lo stesso Knack che salta in automatico verso l’area successiva.

Ma chi è Knack? Cosa è Knack? Knack è sostanzialmente un robottino composto da antichi manufatti, dalla discutibile estetica spigolosa, che può ingrandirsi a dismisura attirando come una calamita altri manufatti, ad un occhio poco attento potrebbe sembrare che Knack sia un tentativo di Sony di ricreare un’icona in stile anni 90, un po' come Crash e Sonic, ma io non credo, non credo che qualcuno in quegli studi abbia seriamente pensato che un personaggio così esteticamente sgradevole potesse diventare popolare tra i ragazzini. Ma allora cosa avrà voluto dirci il designer di Knack quando lo ha creato? Si potrebbe forse trattare di una velata critica alla mercificazione dei personaggi kawaii attuata tramite la creazione di un personaggio che di kawaii non ha assolutamente nulla? Probabilmente, salvo interviste a Mark Cerny, producer e director del titolo - nonché uno dei capo-programmatori della PS4 - non lo sapremo mai.
Ma arriviamo quindi ad uno dei perni della questione, la narrativa, la trama, la storia, la quale non è assolutamente secondaria nell’economia di Knack, anzi, è molto presente con lunghi e lenti filmati che interrompono continuamente l’azione di gioco. La narrativa insomma, è parte fondamentale di quest’opera, ed è sicuramente la più interessante da analizzare: partiamo col dire che Knack non parla molto, non ha un vero carattere, è appunto un robottino agli ordini del suo creatore, o scopritore, il dottor Vargas, vero protagonista del titolo, impegnato, insieme ad un gruppo di compagni assolutamente privi di qualsiasi carisma - sia estetico che caratteriale - a sconfiggere un’orda di bellicosi goblin intenzionati a riprendere il controllo delle loro terre, sottratte dagli umani anni prima, i quali confinarono i goblin nelle inospitali terre del deserto. A tal proposito è di fondamentale importanza citare un dialogo che il dottor Vargas intrattiene con un leader dei goblin dopo una bossfight: la creatura, volendo giustificare le sue azioni esclama “Pace? Quale pace? Ci avete cacciato dalle nostre città e spinti nel deserto, volevate farci restare lì per sempre?”, la risposta di Vargas non tarda ad arrivare “I soliti goblin, sempre a rivangare il passato”. Cosa ci suggerisce questo dialogo? Forse che gli umani non sono i personaggi positivi di quest’opera, che noi siamo dalla loro parte in quanto controlliamo Knack, un inerme robottino ai loro comandi, ma non siamo i buoni in questa sanguinosa guerra. Knack, prima ancora di The Last of Us part2 sembra un’opera con una narrativa in scala di grigi, in cui non esistono buoni e cattivi. O forse no, forse la verità è molto più cupa di così, per averne un quadro completo sarebbe necessario analizzare ogni dialogo del nostro Vargas, personaggio centrale, ma limitiamoci alle sue motivazioni: egli combatte questa guerra per riprendere sua moglie, anche lei ingegnere, la quale però ha deciso di mettersi dalla parte dei goblin. Vargas non accetta che “la sua donna” possa intraprendere scelte di vita personali, ma lei comunque resta ligia ai suoi principi, non facendosi convincere dalle patriarcali pretese del marito… ma anche qui, la moglie del dottore è quindi considerabile un personaggio positivo? Qui entriamo leggermente nel campo degli spoiIer, ma nulla di grave, non vi state perdendo assolutamente nulla: molto semplicemente, quando la guerra volgerà al peggio per i goblin, la moglie del dottore prenderà disperatamente la decisione di chiamarlo, scusandosi e chiedendogli di riprenderla con sé, il dottore sente l’inebriante profumo della figa, e accetta. Cosa vogliono comunicarci gli sviluppatori con questi personaggi?
A completare il quadro, il finale, in cui vediamo un Vargas fiero e trionfale sfilare per la città acclamato dalla folla e poi premiato per aver compiuto, con la sua macchina da guerra di nome Knack, una strage, a questo si aggiunge il discorso finale, profondamente intriso di retorica reazionaria. Vargas è un personaggio del tutto negativo, in questo videogioco noi non siamo semplicemente dalla parte di una fazione dalla moralità discutibile, siamo dalla parte del villain, che alla fine non finisce comunque punito, ma premiato per le sue gesta di distruzione ai danni di un altro popolo, colpevole solo di essersi ribellato allo status quo degli umani. Il dottor Vargas è un personaggio edonista, reazionario, ipocrita (questo vale anche per la moglie), razzista, visibilmente ancorato a ideologie di matrice decisamente nostalgiche. In quest’opera i goblin vengono odiati dalla popolazione non in quanto nemici in guerra, ma in quanto razza, gli umani parlano continuamente male dei goblin per la razza a cui appartengono.

Knack è, in conclusione, un’opera inspiegabile, insondabile, conturbante, la quale uscita, da sola, nasconde tanti misteri; e ancor di più ce ne sono dietro al fin troppo mediocre gameplay, abbozzatura degli scenari… e la narrativa, dalla morale decisamente discutibile. Davvero, è davvero tutto troppo tarato verso la mediocrità per non esser stato fatto apposta, forse è un tentativo di critica verso la qualità ad ogni costo inseguita dagli altri videogiochi. Non lo sapremo mai, ma quel che maggiormente stupisce è che questa cosa sia uscita dagli studi di Sony, e abbia addirittura avuto un sequel (e Bloodborne no).
Comunque, consiglio vivamente di giocare Knack, perché si tratta di un’opera importante a prescindere dalla qualità, talmente scadente da essere unica, un benchmark al contrario, il metro di paragone della merda. Davvero, è un’esperienza che consiglio tanto, videogiochi così sono più unici che rari, un viaggio kafkiano nella spazzatura lungo 15 interminabili ore, da vivere tutte d’un fiato.
Il voto numerico è solo indicativo, sarà basso ovviamente, ma l’importanza del titolo è immane.

4.5

Voto assegnato da Reita.Roses
Media utenti: 6.8 · Recensioni della critica: 5.7

Reita.Roses

ha scritto una recensione su Spyro Reignited Trilogy

Cover Spyro Reignited Trilogy per PS4

Ricordi, nostalgia e draghi viola

Ci sono opere, personaggi e brand che, nonostante manchino dalle scene da molto tempo, continuano indissolubilmente a vivere nei ricordi di chi li ha potuti conoscere e vivere, a maggior ragione se sono stati scoperti in tenera età. Questi protagonisti, queste icone, hanno cresciuto molti di noi, e sono stati i cancelli per la nostra entrata nel medium videoludico: i primi timidi passetti digitali in un mondo digitale, ma così tanto reale agli occhi di un bambino, nonostante i limiti di quell’epoca, la grafica sgranata e le texture a bassa risoluzione. E rivedere quei personaggi dopo tanti anni in veste rinnovata, rivivere anche solo brevemente parte di quelle avventure o solo riascoltarne una melodia tratta dalla soundtrack... causa nell’utente una forte forma di nostalgia, per tanti - per me – si è tradotto nella voglia di poter tornare bambini e correre sputando fuoco tra le verdi Colline Pietrose inseguendo un ladro blu, o cadere nel vuoto dopo aver miseramente fallito un salto in super carica a Tree Tops.

Già da qualche anno ormai, la nostalgia è diventata uno dei grandi motori dell'intero intrattenimento.

La nostalgia è oramai parte integrante ed estremamente remunerativa del mercato, è diventata una delle tendenze più presenti degli ultimi anni: prendere vecchi franchise a cui il pubblico è particolarmente affezionato e riportarli in vita. Succede in ambito cinematografico con gli scadenti remake live-action Disney, e sta succedendo con uguale - se non maggiore - intensità in ambito videoludico: vedi i casi di Crash Bandicoot, Medievil, Resident Evil... e osservando il responso del pubblico paiono tutte produzioni ben più attese rispetto ai nuovi giochi. Basti notare le vendite stratosferiche della Crash Bandicoot N'Sane Trilogy in un mercato dove il genere platform pareva ormai morente da tempo, per quanto invero vivente sotto molte produzioni quasi tutte indipendenti e più o meno piccole, dove in ambito tripla-A i grossi numeri vengono solo dal buon vecchio Mario su console Nintendo, ormai ultimo baluardo del genere platform con sviluppo ad alto budget. Poi però spuntò dopo anni di assenza un certo marsupiale arancione eclissatosi dai riflettori da diverso tempo, che con la sua trilogia di titoli vecchi di vent'anni riuscì a fare strage di vendite. Ovviamente i meriti sono legittimi, il lavoro di remake (o di "remade" per dirla meglio) fatto con Crash è eccezionale, e i tre classici per quanto anziani e leggermente "superati" nelle meccaniche sono ancor oggi validissimi. Ma la cosa che stupisce è che si tratta di platform: un genere apparentemente ormai non più negli interessi del grandissimo pubblico. E qui entra in gioco la nostalgia, è evidente come i publisher, dopo le insistenti richieste dei fan, si siano accorti di quanto quest'ultimi siano inossidabilmente legati ai videogiochi della loro infanzia, e quanto desiderino poterli rigiocare e rivedere più belli di quanto se li ricordassero tramite operazioni di restyling più o meno radicale; ciò porta come ovvia conseguenza una "corsa al remake" a causa della quale vediamo questa mole impensabile di opere "vecchie" invadere gli scaffali nei negozi... tutto causato da un pubblico insospettabilmente attempato che va in "hype" più per l'annuncio del remake di Final Fantasy VII che per un nuovo capitolo della saga JRPG di Square-Enix. La nostalgia vende, e lo fa più di quasi qualsiasi produzione completamente attuale. Ma la vera protagonista di questo fenomeno è stata Activision, entrata anni addietro in possesso dei diritti di determinati franchise, pare aver scoperto solo in periodi recenti che queste IP, anzi, questi personaggi, queste icone, sono una potenziale miniera d'oro. E quindi, dopo aver realizzato, tramite l’eccellente lavoro di Vicarious Games, il remake dedicato alla trilogia originale di Crash Bandicoot con relativo successo commerciale, il passo successivo sarebbe stato ovvio e prevedibile: toccava al draghetto viola di Insomniac, era il momento che tornasse Spyro.

Icona della prima Playstation, Spyro è uno dei personaggi a cui la generazione 90' è ovviamente maggiormente legata: un draghetto viola sputafuoco che esplora in tre dimensioni un mondo fiabesco e coloratissimo abitato da ogni genere di creatura fantasy; il tutto con una narrazione leggera, adatta a qualsiasi età, ma mai stucchevole. La Spyro Reignited Trilogy comprende i primi tre videogiochi dedicati al personaggio, quelli sviluppati tra il 1998 e il 2000 da Insomniac Games ed esclusive PS1, tre grandi classici dell'epoca che resero il draghetto viola una delle icone più apprezzate del panorama Playstation. Ad occuparsi dell'operazione di remake stavolta sono stati i ragazzi di Toys for Bob, team che aveva già avuto a che fare con Spyro tramite la sua discutibile apparizione nel franchise Skylanders, e su cui quindi molti nutrivano ragionevolmente seri dubbi. Eppure, sin dalle prime immagini trapelate ad aprile 2018, era chiaro che il lavoro fatto, almeno a livello estetico, fosse di altissima qualità. Il nuovo modello 3D di Spyro è eccezionalmente fedele all'originale pur avendo una nuova anima, ancora più legata ad un feeling da coloratissimo cartone animato donata da un sapiente uso dell'Unreal Engine 4. L'operazione fatta con la Reignited Trilogy è appunto quella di un vero e proprio remake, infatti, come per la N'Sane Trilogy di Crash, si tratta di titoli a 32 bit, quindi, è pressochè impossibile farne una semplice operazione di remaster dato che spessissimo, per i titoli di quell'epoca, i codici originali sono andati perduti o sono inutilizzabili, e anche quando si ci è provato il risultato è stato discutibile, vedi Final Fantasy VIII Remastered. Pur tuttavia, è appunto giusto precisare che, sempre come nel caso della N'Sane, parliamo di un remake sostanzialmente 1:1 rispetto all'originale, Toys For Bob ha infatti praticamente "scannerizzato" gli inutilizzabili codici originali tramite un tool di sua creazione chiamato per l'occasione "Spyroscope" che ha permesso di poter replicare in formato leggibile quei dati portando alla creazione di un remake quanto più possibile identico all'originale. Difatti il level design, dimensioni degli scenari, posizionamento di nemici e collezionabili, tutto è rimasto pressochè invariato rispetto ai classici PS1, una precisa scelta atta a restituire un'esperienza che possa essere un tuffo nei ricordi per chi ha già vissuto i classici originali, e un’occasione per scoprirli nella maniera più fedele possibile per i neofiti, senza però rinunciare ad una grafica tecnicamente all'avanguardia.

Il gameplay di Spyro è estremamente semplice e basilare, il draghetto può sputare fuoco, caricare con le corna, saltare e planare, la sua "barra della vita" è letteralmente segnata dal colore della libellula Sparx che accompagna il nostro eroe per tutte le sue avventure, un metodo originalissimo per l'epoca di evitare un fastidioso HUD a schermo. E poi ci sono i livelli di volo, vere e proprie prove a tempo dove distruggere determinati bersagli, appunto, in volo, e forse si tratta dell'unica punta di vera e sana difficoltà dell'intera produzione. Insomma, alla base è tutto qui, almeno per il primo capitolo, il più povero di contenuti e variazioni di gameplay, ma anche quello probabilmente con l'"anima" più forte, più rappresentativa, più iconica e riconoscibile. In Spyro il focus del game design, a differenza di quanto avviene col cugino marsupiale, non è il superare ostacoli e saltare piattaforme per arrivare alla meta in un percorso lineare “a tunnel”, ma l'esplorazione e la raccolta di collezionabili di vario tipo, si va dai draghi cristallizzati per il primo capitolo alle uova di drago del terzo, a ciò si aggiungono le onnipresenti gemme colorate sparse per i vari scenari. L'intera trilogia condivide a grandi linee la medesima struttura, costituita da vari hub, i quali contengono portali che portano ai vari livelli strutturati da open-map liberamente esplorabili. Sin da subito è importante precisare come questo tipo di strutturazioni e meccaniche, così tipicamente anni 90, non siano invecchiate affatto risultando ancora oggi fresche e divertenti, il ritmo sostenuto del videogioco mantiene sempre alta la curiosità di scoprire - o riscoprire, per i giocatori più attempati - come sarà il prossimo mondo, chi lo abita, i nemici che vi troveremo e così via; perché - e questo è qualcosa di quasi impensabile oggi visti i costi per modellare e animare i modelli 3D moderni - la mole e varietà di nemici presenti in questa trilogia è incredibile: ogni singolo livello ha nemici unici ed esclusivi, e vale per tutti i mondi di tutti e tre i giochi.

A livello autoriale, il lavoro fatto da Toys for Bob ovviamente incide maggiormente sull'estetica, per quanto non manchino cambiamenti più o meno sensibili anche in ambito di game design: innanzitutto per quanto ne riguarda i movimenti di Spyro, che sono leggermente più veloci rispetto ai titoli originali, non obbligando ad usufruire della carica anche per spostamenti brevi, il tutto è coadiuvato da nuove animazioni deliziose e fluidissime, che rendono le movenze del draghetto quasi feline, centrando in pieno il concetto di kawaii (anche se non parliamo di un personaggio giapponese, il concetto è quello), insomma, dopo aver visto l’estetica e le movenze del "nuovo" Spyro, la prima cosa che si desidera è averne un peluche. Ma in realtà visto il mastodontico lavoro di design fatto sulla trilogia, ed in particolare sul primo capitolo, si desidera avere merchandise di qualsiasi cosa: dagli scenari ai personaggi, amici o nemici, tutto ha subito un re-design piuttosto importante, spesso anche leggermente invasivo, soprattutto confrontando questo progetto con la N.Sane Trilogy, la mantiene una fedeltà stilistica quasi religiosa con i classici originali, la Reignited va a prendersi quindi non poche libertà stilistiche e licenze poetiche, con il rischio di scontentare i fan più "puristi".

Questo, come anticipato, è particolarmente evidente col primo capitolo, Spyro the Dragon, uscito nel 1998, esattamente 20 anni fa e vero protagonista di questa release. Si tratta invero del videogioco più semplice e basilare contenuto nella trilogia, lo si nota già dalla narrazione che qui si limita ai minimi termini: i draghi insultano l’orco Gnasty Gnorc, che, ragionevolmente offeso, li tramuta in cristalli, ma Spyro, che è piccolo, non viene visto e sarà suo compito salvare gli altri draghi... fine. La sentite la lore potente? Questi erano tutto sommato gli anni '90, anche se già con i capitoli successivi la saga acquisirà una narrazione un po' più presente. Quindi, nel primo Spyro bisogna salvare dei draghi in giro per i vari mondi, il restyling di queste creature fu, poco dopo l’annuncio del remake, il perno della discussione riguardo quanta libertà si possa prendere chi opera un’operazione di questo tipo... perchè sono completamente, troppo, diversi dagli originali. I draghi dello Spyro originale su PS1, oltre ad essere nudi, erano tutti molto simili nel design - per quanto agli occhi di un bambino di quell'epoca apparivano l'apoteosi dell'originalità - ebbene, Toys For Bob ha preso questi circa 80 draghi e li ha ridisegnati tutti, rendendoli tutti completamente diversi l’uno dall’altro, hanno un design bellissimo, accattivante, con l’aggiunta di animazioni uniche che vanno ulteriormente a caratterizzarli singolarmente nella loro individualità. Un lavoro quindi mastodontico, effettuato per personaggi che compaiono tipo 10 secondi (o anche meno nel caso di quelli che si limitano a dire "grazie per avermi liberato") prima di sparire... e tranne un paio di questi che ricompaiono sul finale o in cutscene, della stragrande maggioranza non vi sarà più traccia nel resto del gioco. Inizialmente questo potrebbe, ed effettivamente ebbe l’effetto di stranire i fan, che si aspettavano un lavoro più fedele, ma è innegabile che ci ritroviamo davanti ad un netto miglioramento rispetto ai design originali. E lo stesso vale per i nemici ovviamente, e per gli scenari, molti dei quali acquisiscono degli "sfondi" che annullano la vecchia impressione che davano i livelli degli originali Spyro di essere isole fluttuanti nel nulla. Il lavoro di design è quindi pari, se non superiore, a quello che si attua nella produzione di una nuova IP tripla A, qualcosa di veramente maestoso, tra le tante maestranze messe in campo per quest’opera va anche citato il bravissimo character designer italiano Nicola Saviori che ha curato l’estetica di molti personaggi facendo un lavoro oltre la perfezione.

Il secondo e terzo capitolo di Spyro, rispettivamente Gateway to Glimmer (aka Ripto's Rage) e Year of the Dragon, sono la naturale evoluzione del primo capitolo, la trama si fa più presente con la comparsa di comprimari come Hunter ed Elora, ma soprattutto i mondi appaiono popolati da npc che si portano dietro delle pioneristiche forme di missioni secondarie, tra le quali abbiamo attività "particolari", veri e propri minigiochi, come l'hockey, corse sui carrelli, carri armati semoventi, addirittura nel terzo capitolo abbiamo lo skateboard la cui profondità lo rende praticamente un “gioco nel gioco”. Insomma, la formula si arricchisce tantissimo, anche grazie a fasi subacquee (nel primo Spyro l'acqua danneggia) e nuovi metodi offensivi, come la possibilità di sputare rocce verso i nemici. Addirittura, in Year of the Dragon abbiamo altri personaggi utilizzabili in determinati momenti, portando a situazioni di gameplay completamente inedite rispetto al passato. Spyro 3 Year of the Dragon è ancora oggi un platform eccezionale, talmente vario e divertente da avere pochissimo da invidiare a qualsiasi produzione moderna, e il lavoro di restauro è ottimo anche su un videogioco così grande e complesso, peccato che l'impegno e la cura che c'è stata con la rivisitazione dei draghi del primo titolo non si veda anche nei cuccioli che vanno salvati in questo terzo capitolo, di cui abbiamo davvero poche varianti che si mescolano tra loro, un peccato. Ed è anche un peccato che, sempre Spyro 3, sia afflitto da molti problemi tecnici, tra cui bug e glitch di varia natura, quasi come se non ci sia stato il tempo di ottimizzare al meglio quest'ultima parte della trilogia, a differenza dei primi due che risultano tecnicamente ineccepibili. Ad oggi questi problemi non sono ancora stati corretti, ed è ironico come il capitolo ludicamente migliore sia anche quello tecnicamente meno curato. Fortunatamente, cuccioli di drago del terzo capitolo a parte, il restauro mantiene l'altissima qualità, il lavoro di design resta vero protagonista della riedizione, gli scorci di alcuni livelli sono pura arte, in particolare gli effetti di luce, che rendono il titolo ancor più colorato.

Da lodare poi la soundtrack, in particolare quella di Spyro the Dragon che conta di sonorità particolari, originali già all'epoca, ancor di più oggi, riascoltarla dopo anni è un tuffo al cuore della nostalgia più pura, anche perchè la musica è effettivamente ciò che tocca maggiormente determinate corde, e diventa davvero difficile non commuoversi. Come accade spesso con i remake, anche in questo caso la soundtrack è stata rivista e remixata, ma quasi mai in maniera troppo invasiva, è comunque possibile cambiare con la versione originale in qualsiasi momento dal menù opzioni. Tecnicamente il gioco viaggia a 30 frame al secondo non sempre stabilissimi, almeno su PS4 standard, ed eventuali problemi tecnici si limitano, come anticipato, unicamente al terzo capitolo.

In conclusione, Spyro Reignited Trilogy si presenta come un ramake 1:1 tra i migliori in circolazione, un pacchetto nostalgia per i giocatori più attempati, e l'opportunità per scoprire un pilastro del genere platform 3D per i più giovani. Un concentrato di magia fantasy, un viaggio in coloratissimi mondi fiabeschi popolati da centinaia di creature e nemici diversi, l'art design di altissimo livello è, da solo, un motivo più che sufficiente per cui recuperare queste tre perle. E il gameplay ancora oggi è meravigliosamente godibile, divertente e rilassante. Insomma, le tre fiamme originali di Spyro divampano come non mai, non resta che sperare in una quarta fiammata, magari inedita, degna del draghetto viola.

9.2

Voto assegnato da Reita.Roses
Media utenti: 8.3 · Recensioni della critica: 8.4

Reita.Roses

ha scritto una recensione su Ratchet & Clank

Cover Ratchet & Clank per PS4

Involvere

Non penso di dover fare presentazioni per quanto riguarda la saga di Ratchet e Clank, opera di lunga data di Insomniac nata su PS2 che ha sapientemente unito platform e third-person-shooter in un connubio che, nel corso degli anni, si è evoluto fino a rasentare la perfezione (se non proprio raggiungerla) in alcuni titoli della saga. Quindi non mi dilungherò in descrizioni, basta dire che le basi di gameplay sono ormai, dopo più di 15 anni, talmente ben rodate e perfezionate che è praticamente impossibile per Insomniac fare un brutto gioco della serie. In particolare nei capitoli PS3, A Crack in Time in primis, mi sento di dire che la saga raggiunge il suo picco di perfezione, il suo peculiare gameplay raggiunge il suo apice e la sua forma migliore, mi sentirei di dire "immigliorabile". Quindi successivamente a quel capitolo Insomniac decise di dedicarsi a spin-off a basso budget più sperimentali, come Q-Force che è un tower-defence carinissimo, e All 4 One che è un esperimento multiplayer non proprio riuscitissimo. E poi c'è anche Into the Nexus che è una breve conclusione per l'arco narrativo PS3 che appunto, forma classica, è un piccolo gioiello.
E poi, 2016, esce questo remake del primo Ratchet e Clank datato 2002, la prima cosa che pensai? Wow, questi mi sparano il primo Ratchet riadattato con tutte le novita è gli accorgimenti avuti passo passo nei capitoli successivi... in pratica pregustavo il capolavoro. Col cazzo. Tutte le innovazioni che abbiamo avuto da Ratchet e Clank 2 in poi... COMPLETAMENTE ASSENTI. E no, prima che qualcuno dica "però per Crash va bene che il remake è uguale a quelli vecchi eh"... no, preciso subito, prima di tutto Crash non ha avuto una crescita effettiva del proprio gameplay dopo il terzo capitolo, al massimo ha avuto stravolgimenti vari da parte di altri sviluppatori, poi questo di Ratchet e Clank non è e non vuole essere un remake 1:1. Le differenze sono decine, tra tagli di scenari, boss diversi, armi diverse, siamo davanti ad un remake che si prende moltissime libertà... ma senza innovare realmente il gameplay e le feature. Cioè ragazzi, non si può sparare sui grind, una cosa che c'è, se non vado errato, almeno da Gladiator del 2005, forse anche prima ma non vorrei dire corbellerie, la memoria potrebbe ingannarmi. Nelle zone gravitazionali (quelle coi graviscarponi) non si può fare assolutamente nulla, a stento si può saltare, e io ricordo chiaramente che nel terzo capitolo del 2004 era possibile fare il mondo in quelle sezioni di aree. E andando avanti, che figata sarebbe stata rendere la galassia di Solana esplorabile con la nave come accadeva in A Crack in Time... invece no, elenco di pianeti, come ai vecchi tempi... sul serio? Prima mi innovi e poi mi involvi? Tra l'altro su una console pure più potente quindi non esistono scuse. Io quando vidi che sto gioco era venduto a prezzo budget lo capii che la feccenda puzzava essendo i capitoli principali di Ratchet sempre stati ragionevolmente a prezzo pieno, invece questo tie-in per pubblicizzare il film (ci arrivo tra poco) vale i 35 euro che costava al lancio... perchè è un titolo a basso budget che Insomniac ha confezionato in fretta e furia su ordine di Sony per accompagnare il film. Infatti le cutscene sono prese a forza dal film e inacastrate nel gameplay... cosa che funziona fino ad un certo punto rompendo la fluidità a cui la saga ci ha abituato negli anni visto che c'è un bel caricamento quando ci sono questi spezzoni di film, però ci sono anche cutscene fatte appositamente per il gioco, solo che sono solo campi e controcampi di dialoghi, tra l'altro fuori sync nel doppiaggio italiano e terribilmente statici, mi hanno ricordato i dialoghi con gli npc di Spyro 2 e 3, roba di fine anni 90. Che poi... vogliamo parlare dell'umorismo? L'umorismo di Ratchet e Clank è sempre stato cattivissimo, tutt'altro che infantile, ripieno di black humor e battute infamissime... qua... nulla, tutto stemperato per arrivare al target del film, chiaramente molto più infantile rispetto a quello dei videogiochi. Ora, non chiedo i livelli di Gladiator, che è il capitolo più adulto, ma almeno il target dei giochi PS3... che vantavano una trama davvero avvincente... qua manco quella, succedono cose a caso e in fretta con ste cutscene dal film piazzate a caso... tra l'altro la regie di queste cautscene è abominevole, io non ho visto il film, ma ne ho sentito parlare peggio che malissimo... e dagli spezzoni che si vedono capisco perchè.
Però, ed è un "però" grande come un grattacielo, al netto di tutte queste critiche che ne fanno uno dei capitoli peggiori della saga, sopratutto relativamente all'epoca in cui è uscito e relativamente a cosa c'è stato prima, il gioco è di per se estremamente valido. Come ho detto all'inizio, questa saga vanta una formula talmente solida, talmente ben rodata... che è impossibile fare male. Semplicemente, è divertentissimo. Ratchet e Clank, e parlo della saga principale, vanta un gameplay estremamente vario, divertente e magnetico, io penso che Insomniac sarebbe capace di sfornarne pure uno al mese, e sarebbero tutti videogiochi validissimi. Il problema è che questo remake... è un enorme, gigantesco, passo indietro. Si fosse cercata un pò l'innovazione o la sperimentazione in qualche altro ambito, avrei capito e chiuso un occhio... ma qui la saga non viene migliorata minimamente ne si avverte il minimo tentativo di farlo o di sperimentare qualcosa di minimamente nuovo, tutt'altro, si retricede... e il fatto che sia un remake non è una scusa quando poi in altre cose stravolgi ciò che era l'originale.
Quindi... siamo davanti ad un tie-in in pieno stile anni 90, fatto per seguire la scia del film e ripieno di spezzoni del suddetto film, esattamente come accadeva egli anni 90 con, ad esempio, i tie-in Disney di cui ho tanti bei ricordi comunque. Di buono c'è che il gameplay di Ratchet è incredibilmente bello e divertente, e credo non invechierà mai, è un pò come i Super Mario Bros, son sempre bei giochi perchè il gameplay è estremamente ben rodato, però i capitoli meno belli ci sono, brutti invece è impossibile farne. Dare un voto è veramente difficile... la formula, per quanto denudata di tante novità, aggiunte, evoluzione ed innovazioni che ha avuto nel corso degli anni... è una formula da 10, è perfetta alla sua base, come Super Mario Bros, l'ho detto... ma appunto... è denudata...

7.3

Voto assegnato da Reita.Roses
Media utenti: 8.1 · Recensioni della critica: 8.6

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