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Due parole sui videogiochi

Uno dei vantaggi del poterti comprare i videogiochi autonomamente è la possibilità di evitarti quell'imbarazzante conversazione tra te e il tuo finanziatore che, guardando la copertina e il retro della confezione del gioco che gli stai con moderazione chiedendo di comprarti, ti richiede in poche parole di spiegargli di che si tratta e se la trama ha risvolti filosofici, una conversazione che è possibile evitare solo se stai acquistando un titolo Nintendo perché la copertina è sempre tutta colorata e allegrotta e se poi pianti Mario in copertina riesci persino a coprire il fatto che Super Smash Bros è in breve "i personaggi di Nintendo più alcuni altri che se menano".
Per questo motivo, e per questioni di hardware nonché di impossibilità di acquistarne tanti, ho sempre tralasciato quella categoria di giochi sopra le righe, satirici e violenti e tanto per farla breve, di tutti quei giochi che ti fanno divertire più di un GTA (che per forza di cose a sua volta fa parte della categoria) ma visto che non è gittìah i media non intonano lo sfrangimaroni per raccontare che quei giochi ti fanno diventare un politico.



Per l'appunto.

O meglio, un assassino, un pazzo scatenato e quello che parcheggia sempre in doppia fila il giorno in cui c'è il mercato.
Perché almeno una volta l'anno, tra una campagna di compassione fittizia per un disastro naturale e un'altra sulla guerra di turno, torna puntualmente in auge la polemica per cui i videogiochi sono l'ultimo ritrovato del demonio per insinuarsi nelle menti dei giovani trasformandoli in psicopatici pronti a causare una strage e compiere atrocità varie, perché ovviamente i bambini vedono i loro primi nudi giocando a GTA e non guardando certi programmi televisivi in prima serata.

E come ogni anno, i videogiocatori si ritrovano a dover sentire il solito discorso su come la loro passione per i suddetti sia sbagliata e pericolosa.

Ora, cercherò di spiegare il concetto in termini semplici così che anche un succube di Candy Crush possa capirlo. Quei tizi che hanno ucciso i genitori di uno di loro due non l'hanno fatto perché l'hanno visto in un videogioco, né tantomeno sono stati i videogiochi a dir loro di fare ciò che hanno fatto e analogamente, le stragi nelle scuole americane non avvengono perché i responsabili giocavano ai videogiochi ma perché avevano dei seri problemi.
Anche perché, seguendo questa logica per cui se due idioti decidono di arrampicarsi sul Colosseo perché volevano imitare gli Assassini della Cricca, allora gli idraulici dovrebbero andare in giro tutto il giorno a lanciare palle di fuoco e rubare spiccioli, le facoltà di archeologia dovrebbero essere sovraffollate, perché laureandosi le donne risparmierebbero sulla chirurgia plastica e i trapianti di cuore verrebbero eseguiti usando una mano sola da un tizio che nel tempo libero si diverte a buttare per terra tutto ciò che ha sulla scrivania.

Ciò che questi distinti signori che continuano a puntare il dito contro i videogiochi non sanno quanto ciò sia ormai inutile alla loro causa perché l'industria videoludica si è espansa in maniera ragguardevole negli ultimi anni e ormai è come andare contro il calcio, assolutamente ridicolo, visto quanti soldi muove. Tuttavia, non è l'inutilità del gesto a farmi provare quel sincero disappunto che chi mi conosce interpreta come presagio di tempesta, ma sono i pregiudizi che questa polemica crea.
L'Italia è di per sé un paese piuttosto conservatore, che non vede di buon occhio le infrastrutture funzionanti, che ancora non vede di buon'occhio il ragazzo che conserva i suoi vecchi giocattoli per nostalgia e che riserva un particolare posto nella gerarchia dello sdegno ai videogiochi per un qualche oscuro motivo. Per questo, un videogiocatore non può assolutamente accennare in pubblico di apprezzare i videogiochi senza essere considerato una specie di untore e, se per di più, il videogiocatore in questione appartiene al gentil sesso viene allestito un tribunale dell'Inquisizione straordinario per giudicare la malcapitata per stregoneria.

Prima di proseguire sfato subito il mito: ci sono davvero ragazze che giocano ai videogiochi, sono sempre esistite ma non si vedono spesso in giro perché sono a casa a giocare.
A parte Karen Switch, lei è in giro a suonare ai citofoni per far conoscere la nuova filosofia di Nintendo Switch "share the fun" o "passa sto controller, barbone".

Come dicevo, tutta questa politica non danneggia l'industria videoludica ma le persone e sinceramente sono stanca di essere guardata come se avessi detto di passare il sabato sera sacrificando capre al Dio Nanòs e praticando la stregoneria solo perché ho ammesso, con un certo orgoglio come ogni volta che parlo di un mio hobby, di videogiocare, per di più con una certa regolarità.
Forse sarebbe meno grave se questi sguardi pieni di sospetto non venissero da gente che acquista un maledetto iPhone per giocare a Candy Crush e a tutti quei giochini che dominano l'App Store. Ho una notizia per voi criticoni, anche quelli sono videogiochi, sono poco avvincenti, assolutamente pilotati per creare dipendenza, ma la loro natura è quella.

"Quando sei ossessionato dal nemico, tu stesso diventi il nemico."
L'ironia alle volte, eh?

Se proprio vogliamo parlare di un problema legato ai videogiochi parliamo di come i pregiudizi su di essi sono responsabili di un'ulteriore frammentazione della società. No, eh? Ah, no, non suona abbastanza sensazionalista.

"Videogames are bad for you? That's what they said about Rock 'n Roll." ~Shigeru Miyamoto

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