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All’uscita del 2015.

Incredibile. Credo siano passati almeno 4 anni dall’ultima volta che ho scritto da queste parti. Ma la cosa ancora più sorprendente è come sia sempre il periodo natalizio a portarmi a delle riflessioni. È passato così tanto tempo… Sono cambiate tantissime cose. Particolari all’epoca imprescindibili sono ora lontani ricordi. Ho completamente cambiato vita, vivo in un’altra città, provo differenti emozioni ed esperienze completamente nuove mi hanno travolto nel corso di quest’ultimo anno. 

E adesso che arriva il Natale mi rendo conto del perché non lo vivessi così bene, almeno 4 anni fa. Avevo tutto, eccetto una cosa. Un’infanzia felice tutt’ad un tratto violentata, strappatemi via dalle mani, magia del Natale annessa. Ma adesso è diverso: adesso ho voglia di tornare a casa, abbracciare la mia famiglia, dirle che le voglio bene. Dirle che è tutto passato, che ho bisogno di loro per ricaricare un po’ le pile. Sarà per poco, 2 settimane scarse, ma senza non conterei nulla. Sono giunto quasi al limite delle mie forze e staccare dalla vita quotidiana che mai mi sarei aspettato qualche tempo fa è più importante di qualsiasi altra cosa. E quale occasione migliore del Natale?

  

Il mio nuovo angolo.


Scusami Babbo, ho fatto delle sciocchezze, ho detto cose che non avrei mai voluto neanche pensare. Ma sono buono, te lo assicuro. Non è mai stata mia intenzione fare del male o creare un dispiacere a qualcuno che amo. È che ho paura. Paura di non piacere, di deludere le aspettative. Paura di non essere amato o di risultare antipatico. Le persone intorno a me sembrano tutte così sicure di sé… So che è così. La vita mi vuole donare un po’ di autostima, per quanto sia difficile. Ma, caro karma, non credi che sarebbe meglio condividere questa insicurezza con qualcuno, piuttosto che farmi sentire ancora meno di quanto già non mi sento? Direttive divine, credo. Sennò non si spiega.

Chi vivrà, vedrà.

Io voglio vivere. Sono contento di esserlo. Ne ho bisogno…

Ovunque

Non mi piace stare qui.
C’è della gente, dentro, fuori, ovunque vicino a me. Troppa, forse. Una moltitudine. Tutte molto fastidiose. Ovviamente sono una maggioranza, ma esistono. Queste persone tentano alla mia serenità. Perché? Fino a poco tempo fa non avrei mai immaginato di provare odio. Il mio motto era “fai del bene e del bene riceverai”, puttanate. Eh Già, La fiducia a quanto pare è qualcosa di concreto, un peso, una pietra. Pronta a tenerla finché non la si scaglia. Da qualunque parte, quando e dove meno te l’aspetti: dentro, fuori, ovunque da me.
Tali persone mettono me stesso contro me stesso. Fra pensieri etici e un po’ meno etici.
La guerra non finisce mai, dentro, fuori, ovunque per me.

Sono circondato, li vedo. Ma sono…

Sopra, sotto, dietro di me.

La storia si ripete

Di che storia stiamo parlando? Del Natale.
Per chi se lo fosse perso, il 25 Dicembre del 2011 scrissi un articolo sulla pochezza di questa festività ormai sulla via dello squallore. Inutile dirvi che mi si è lanciato, rotolato, disperso, un sorriso per tutto il sottonaso.
Non è cambiato NULLA. Da allora la questione non ha fatto altro che evolversi in peggio. Quest’anno neanche la più tradizionale delle processioni natalizie si è svolta con decenza, per quanto me ne possa importare. Neanche l’arrivo di Babbo Natale (altra bizzarra tradizione di famiglia, alla quale si dovrebbe dedicare un articolo a parte) è stato il massimo quest’anno.

Non possiamo neanche incolpare i Maya per tutto ciò: sapevamo tutti che non sarebbe successo niente.
La tristezza del Natale (o la tristezza della Pasqua, o dell’Epifania o della prima corsa clandestina fra tricicli in completa nudità) è plasmata solo dalla tristezza delle persone che la vivono, specchio, a loro volta, delle vite a cui appartengono.

Le Due Mani della settimana – Eric “Slowhand” Clapton

Ben ritrovati con la ormai annuale rubrica “Le Due Mani della settimana”!

Per chi non lo ricordasse, quest’angolo del blog serve per discutere di personaggi più o meno famosi che hanno lasciato il segno e/o che ammiro. Nell’ultima puntata abbiam parlato di un personaggio di fantasia ( Revy “Two Hands”, se non la conoscete acculturatevi qui: https://oneworldtwohand.wordpress.com/2011/11/08/le-due-mani-della-settimana-revy-two-hands/ ) mentre questa volta punteremo la lente d’ingrandimento verso uno dei chitarristi – ancora vivi – più bravi al mondo: Eric “Slowhand” Clapton.

Se lo chiamate “Dio”, si gira lo stesso. Effettivamente, oltre ad essere un chitarrista eccezionale, fa molto uomo “di chiesa”, dimostrando una totale sicurezza e serenità anche durante le sue sessioni musicali, che fanno onore al suo soprannome, oltre che nella vita di tutti i giorni. Il soprannome ,che ad un primo sguardo può sembrare negativo, ad una visione più accurata e profonda spiega appieno le caratteristiche tecniche e stilistiche del musicista britannico.

Eric “Slowhand” Clapton in piena svisa orgasmica.

Il nome “Slowhand” (Mano lenta [Non pensate male! ndr]) difatti rappresenta proprio il suo movimento, delicato e leggero, con cui sfiora lo strumento di cui si serve per comporre un capolavoro dietro l’altro.

Qualcuno si starà chiedendo: “Non è che l’hai inserito nella rubrica solo per il soprannome?”

Vi dirò, questo è uno dei tanti motivi del perché ci sto scrivendo sopra, ma la cosa valse anche con Revy che, oltre ad avere un nick in tema con il blog, aveva un bel messaggio con se che voleva condividere con tutti.
E allora qual è il messaggio di Dio Clapton?

Slowhand non ha un messaggio, ma è un esempio. Rappresenta gli educati, me compreso. Una razza quasi estinta che viene sempre più. oppressa dalla società moderna. Là dove l’apparenza la fa da padrona, Eric Clapton risponde con i fatti. Basta guardare un suo Live per rendersi conto della genuinità del personaggio: è raro vedere un chitarrista vestito come un impiegato, ma chi è che ci fa caso quando tutti sono ipnotizzati dalla melodia?

 Nessuno.

P.S.
Forse il fatto che Clapton abbia partecipato alla colonna sonora di Ritorno al Futuro è un altro dei motivi che mi ha spinto a scrivere questo articolo…

Bluff di inizio anno

Incredibile, nonostante la volontà, fra compiti ed impegni vari, non sono riuscito ad avere l’opportunità di stare un paio d’ore davanti al pc in santa pace. Mi spiace aver preso un impegno e non averlo rispettato, anche se relativamente non muore nessuno se non scrivo niente. Però sto ingannando me stesso, anche se involontariamente, e questo non va bene. Ho anche un paio di argomenti e non vedo l’ora di condividerli con i fortunati prescelti che leggeranno il blog in questi giorni.
A presto. 🙂

One World – Two Hands riapre ufficialmente i battenti!

Dopo un periodo di pausa da riflessione, posso dire con certezza di aver riacquistato la stabilità mentale necessaria per riprendere a scrivere. Ovviamente delle cose interessanti e non delle porcherie come quelle degli ultimi articoli. La voglia è tanta ma l’orario non mi permette di riprendere l’attività, quindi da domani potete riprendere a controllare quotidianamente il blog, sempre che qualcuno ne sia interessato.

404 – Christmas spirit not found

Il tempo passa, si cresce e si sfatano i miti. Le ricorrenze, gli avvenimenti che un tempo ci sembravano eccezionali, pian piano perdono di significato, ma questa volta è diverso. Il Natale dovrebbe essere speciale a prescidere. Il periodo natalizio non può perdere così all’improvviso il fascino che ha sempre meritato.

Ma purtroppo, chi per un motivo e chi per un altro, la maggior parte delle persone si lamenta per questo 25 Dicembre che quest’anno non si è fatto proprio sentire. Tutta colpa di una tradizione costruita male fin dalle basi, ed ora che qualche mattone inizia a mancare la struttura sta crollando, se non l’ha già fatto.

Nel mio contesto familiare vige una regola non scritta dal senso pratico e comodo che invita i parenti a fare i regali solo ai propri figli in modo tale da evitare lunghe ed estenuanti ricerche.
Ora, sarà anche comodo, ma non ci vedo nemmeno un pizzico di Natale in tutto ciò. E’ vero che poi tutti gli zii fanno il regalo al nonno/capo, ma così si toglie l’unica cosa divertente di cui è composto questo giorno! Donare è molto più divertente e significativo del ricevere, soprattutto quando non sai cosa dare a quel nipotastro di sei anni con cui hai condiviso poco o niente.

Ma la mia famiglia si sa, è un agglomerato di persone particolari tutte diverse, ma tutte uguali. Da scriverci un romanzo… Metteremo quest’idea da parte per un secondo momento.

Ritornando al Natale, qualunque abitudine può smarrirsi da un momento all’altro.
Per esempio, se prima non facevo altro che parlare di videogiochi, in pochi mesi ciò è sparito per tutta una serie di tediose motivazioni. Ma le previsioni dicono che la vita sociale verrà presto rimpiazzata da lunghe sessioni videoludiche, quindi non temete.
Giusto per darvi una giustificazione, questo lungo periodo di assenza dal blog è stato causato da un grandissimo senso di soddisfazione dato da un glorioso 8 nel resoconto critico del test scolastico d’italiano, almeno per quanto possa leggere nel profondo del mio subconscio.

Ma se c’è un’ abitudine che nessuno mai si dimenticherà, questa è proprio quella dei regali natalizi, quasi a siglare l’ipocrisia dell’evento.
Ed’è proprio sfruttando al massimo quest’ipocrisia che ho ricevuto avidamente gli agognati doni, ma non avendo dato grandi indicazioni su cosa mi avrebbe fatto piacere avere, i miei regali avrebbero fatto invidia a chiunque… a patto che questo chiunque avesse non più di tredici anni! Ma solo fino ad un certo punto. La mia è stata una caccia al soldo pesante ed ho quasi raggiunto la cifra che permetterà l’acquisto di un basso elettrico nuovo, e l’inaspettata macchina fotografica datami è stata davvero l’apice di questa giornata. Per un momento ho sentito un qualcosa dentro che ricordava vagamente dello spirito natalizio, ma poi è passato fortunatamente.

Credo che sia di dovere prefissare un obiettivo (finalmente con una sola “b”):
Sarà importante per le generazioni future la valorizzazione del Natale con tutte le virtù che questo comporta ed invito tutti ad impegnarvi per far sì che questo giorno così speciale possa essere ricordato con gioia.

Vi lascio in regalo uno scorcio di laboratorio donato gentilmente dalla nuova fotocamera, buon Natale e felice anno nuovo!

No, non sono monco, una mano serviva per scattare la foto.

In attesa di qualcosa

Qualcosa che non sia un treno o una data particolare, non so nemmeno se sia qualcosa di tangibile o di esprimibile. La cosa peggiore è che non so se questa arriverà, prima o poi, col tempo. Ma intanto son li ad aspettare, come se mi avessero obbligato a farlo. Anche se non mi andasse di attendere, lo farei inevitabilmente, senza un motivo, senza un perché. Non avrei comunque di meglio da fare, in quest’ oblio comunemente chiamato Week-End.

La mente è vuota, o almeno così vuole farmi credere. In realtà è così affollata che non ci faccio caso, un po’ come quando ti si para una struttura davanti talmente grande che non la noti. Gli occhi son persi nel vuoto, quasi dormienti, ma al contempo rapidi nel captare qualunque segnale. Le mani vanno ormai da sole, guidate non dalla riflessione ma dall’istinto, ormai padrone delle mie azioni. Lo stesso istinto che mi ha spinto a scrivere queste due righe a mezza notte passata, dopo aver trascorso una giornata di assoluto far nulla.

Ho preso un libro, anzi, Il Libro. Il libro della mia vita, mi son sempre detto. Si dice che l’essenza di un libro sia riposta nella pagina numero 69, o in quella numero 99, ora non ricordo. E, fra uno starnuto e l’altro, posso assicurarvi che non c’è nulla di più sbagliato. Quel libro che ho tanto amato non lo sfiorerei nemmeno se mi affidassi a quell’ infondata diceria.  Quindi ho fatto di testa mia e ho preso a sfogliarlo nella speranza di trovare una bella frase da riproporvi.

“Non esiste nulla che sia un problema senza un dono per te nelle mani. Tu cerchi problemi perché hai bisogno dei loro doni.”

Alla faccia di chi disse della pagina 69, questa frase l’ho trovata alla 61. Ciò non significa niente, ma è la frase sopra scritta ad essere importante.

E mentre sento stranamente un fischio proveniente dall’ appartamente affianco, mi vien da ridere di come la vita abbia uno spiccato senso dell’umorismo. Una frase del genere non la si trova così per caso in un momento così particolare. Ma non per niente quello che sto reggendo è Il Libro, la mia vita in formato cartaceo.

Che buono il profumo della carta stampata… Manderei al rogo ogni tablet e/o libro elettronico privo di emozioni. Perché una cosa è leggere un articolo di un blog di seconda (ma anche di terza, o di quarta) categoria sul freddo monitor del pc, mentre ne è un’ altra leggersi il proprio libricino “profumato” alla luce di un lume a basso consumo.

Sfoglio ancora e mi appare quest’altra frase:
“Per poter vivere libero e felicemente devi sacrificare la noia. Non sempre è un facile sacrificio.”

In questo caso, la pagina 134 mi sta lanciando un vero e proprio guanto di sfida. E mentre il delirio notturno mi riaffiora alla mente un tema di battaglia di un gioco Pokémon a caso, rifletto su come ci si possa sentire da un momento all’altro delle persone fragilissime, capaci di farsi abbattere da delle frasi prese a caso da un libro.

Prendo Il Libro e lo ripongo di nuovo nello scaffale, ormai mi incute quasi timore quell’ammasso di carta.

Lo sento, mi sta per venire la febbre. Ma non me la sento di andare a letto, il mio senso del dovere non mi permetterebbe di dormire.

Ma mi chiedo: Dovere verso cosa? Bah, starò impazzendo, ma io DEVO aspettare quel qualcosa. Un illuminazione, un ricordo… Chi lo sa.

Il naso inizia a colare insistentemente, le orecchie bruciano e la gola… pure.

Ed è tutt’un declino generale, un declino dovuto a quel maledetto biplano che non ha avuto modo di precipitare insieme a me, in quanto non è mai decollato…

Troppe promesse insieme non fanno bene, il rischio di perderti qualcosa lungo la strada è troppo alto!

Ed evidentemente c’è anche il rischio di prendersi un raffreddore… Accidenti!

Z Generation – Siamo noi

Caparezza Docet.

Mente sconvolta, pensieri affollati e previsioni futuristiche al di sopra del catastrofico: tutto questo in pochi attimi di riflessione poco dopo la visione di uno spettacolo teatrale niente male. Ma vi posso assicurare che la rappresentazione non c’entra niente. Tutto è successo durante il dibattito (a senso unico) che abbiamo affrontato con gli attori come si fa di solito nelle attività extra-scolastiche. Data la nostra prevedibile scena muta, è saltata fuori l’alienazione della nostra generazione a causa della Televisione e di Internet, così sottolineando la pessima considerazione che hanno gli adulti verso noi giovani.

– Come potergli dare torto? , pensai fra me e me.

Guardandomi attorno con attenta  circospezione, iniziai a notare l’ignoranza che mi pressava. Rari erano i casi di effettiva attenzione verso coloro che erano sul palco e questo per me era motivo d’angoscia. Al sentire della domanda rivolta agli attori: “Che squadra tifate?” mi sono vergognato terribilmente. Vergognato da questa maggioranza di ragazzi completamente accecati dal futile e dal superfluo con cui condivido la vita di tutti i giorni. Muti come sepolture e aridi d’argomenti.

Ma la domanda che più mi sta assillando in queste ore è: Com’è possibile che non se ne rendano conto?

Possibile che debba sopportare le maldicenze dei grandi solo perché i pochi ragazzi consapevoli di loro stessi sono completamente oppressi dall’indifferenza generale dei propri coetanei?

Apriamo gli occhi! Chi mai vorrebbe a capo del futuro governo un giovane della nostra epoca? Nessuno, ve lo dico io.

Purtroppo però non è facile aprire gli occhi, a questo punto ormai. La stranezza che mi pervade nel pensare che sono l’unico che si complessa dopo tale evento è uguale alla stranezza che pervade gli altri nel vedermi complessato. Ormai la storia ha scelto il suo percorso, sperando che questo porti verso un futuro meno doloroso possibile. E anche se qualcosa dovesse andare storto, in cuor mio potrò avere la sensazione di aver dato qualcosa a qualcuno, già solo scrivendo questo breve, ma intenso, articolo.

Polpettone killer

Son tempi duri per il mondo studentesco! Siamo agli sgoccioli e il Natale è alle porte: interrogazioni e verifiche sono all’ordine del giorno. Chi vuole guadagnarsi la promozione senza problemi, in questi periodi si ha sempre e solamente la testa sui libri… E anche io mi sto impegnando molto per raggiungere tale obiettivo. Non nascondo che la partenza non sia stata delle più brillanti, ma sono disposto a recuperare.

Non tocco Zelda da almeno 5 giorni, come vogliate che mi senta? Certo, ogni tanto li trovo 10 minuti di tempo libero fra una materia e l’altra, ma Skyward Sword non è un gioco mordi e fuggi, tutt’altro. Invece sembra corrispondere alle mie esigenze il buon Super Mario 3D Land, le sue sessioni di gioco si possono concludere in meno del tempo a disposizione.

Ma nel frattempo c’è anche il basso elettrico che chiama da lontano per dirmi: “studiami Simone, studiami!”. Perchè io sono uno di quelli che lo strumento se lo studia, quindi è indispensabile che mi metta a suonare almeno una mezz’oretta al giorno.

E poi ci sono tante altre cose a cui si vorrebbe dare la priorità assoluta, un esempio lampante: la ragazza. Quanto mi piacerebbe starle vicino tutto il tempo possibile, ma purtroppo non si può.

E mentre pensi a tutto ciò studi come un dannato fino a ora di cena, giusto in tempo per finire di mangiare prima dell’inizio della partita della tua squadra del cuore. Ed è proprio mentre ti stai ingozzando che fra una chiacchiera e l’altra ti accorgi che all’improvviso non stai più respirando: un fottutissimo pezzo di polpettone ti si incastra in gola.

IT’S A TRAP!

La discussione viene interrotta bruscamente da un rumore dato dal tentativo di respirare con la bocca: in questi casi ci si dimentica di avere un naso. Lancio uno sguardo fulminante a mio padre che velocemente analizza la situazione, dopodichè mi alzo di botto e faccio un sorso d’acqua, ma non succede niente: “Sto per morire” penso fra me e me. In quegli interminabili attimi di panico sento mio padre urlare con le lacrime agli occhi: “Tossisci cazzo!” quasi come se mi leggesse nel pensiero. Infatti prima ancora che terminasse la frase un colpo di tosse libera le vie respiratorie senza sputare il polpettone: un cibo così letale non può non essere mangiato!

Ancora tremante cerco di smorzare la tensione con una risata, ma le mie doti teatrali non riescono ad ingannare mio padre: sono visibilmente provato. Me la sono vista proprio brutta.

Di li in poi la serata è filata liscio: ci siamo visti la partita, abbiam giocato a Ping Pong e nel complesso ci siamo divertiti.

Ma, come se questo blog non fosse già così triste, non posso fare a meno di chiedermi: e se fossi morto?
Prima di tutto non sarei qui a raccontarvi la mia esperienza e forse questo non sarebbe mancato a nessuno, ma tante sarebbero state le prevedibili conseguenze che però non sto ad elencarvi. Perchè, più che la risposta, in questo caso è importante la domanda.

Sono eventi come questo che ti fanno riflettere come non hai fatto prima d’ora: il mal di testa non mi vuole abbandonare e l’intenso ricordo difficilmente mi farà dormire. Ma cosa ho capito da tutto ciò? Tutti gli sforzi, le passioni, gli impegni, utili o non utili che siano, potrebbero non essere serviti a nulla da un momento all’altro. Ma questo non significa che non dovremmo dedicarci alla vita perchè questa potrebbe sembrare inutile, au contraire.

Bisogna godersi ogni singolo istante come se fosse l’ultimo e lottare per avere un futuro sempre migliore. Bisogna sempre puntare ad un livello più alto.

Mi piacerebbe scrivere tutta la notte per evitare l’insonnia ma, citando il grande Eduardo De Filippo, “adda passà a’ nuttata” e quindi me ne vo a dormire, se ci riesco.
Mi raccomando, masticate bene quando mangiate!