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The Walking Dead: Season Two, Recensione di ChrisMuccio

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view post Posted on 17/1/2015, 12:25
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THE WALKING DEAD: SEASON TWO
A TELLTALE GAME SERIES




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CASA: TELLTALE GAMES
SVILUPPATORE: TELLTALE GAMES
GENERE: AVVENTURA GRAFICA
GIOCATORI: 1




Specializzata in titoli dalla forte componente narrativa, Telltale Games ha raggiunto l’apice dei consensi con l’adattamento videoludico di The Walking Dead, popolare fumetto iniziato nel 2003 e poi convertito anche in serie televisiva nel 2010.
La “prima stagione” videoludica, inizialmente rilasciata ad episodi in digitale e poi arrivata in versione retail, ha raccontato una nuova storia nello stesso universo devastato da un’apocalisse zombie, un mondo brutale ed abbandonato in cui il protagonista Lee Everett cerca di sopravvivere collaborando con altri sopravvissuti e prendendosi cura della piccola Clementine, incontrata all’inizio di tutta la vicenda.
Proprio il profondo rapporto che si instaurerà tra Lee e Clem sarà il collante di tutta la storia, una trama che, pur con qualche lieve imperfezione, riesce a dimostrarsi appassionante e ben gestita nell’arco di tutti e 5 gli episodi che compongono la stagione.
Grande il successo riscosso da The Walking Dead, capace di ottenere importanti elogi da critica e pubblico; ci sono dunque i presupposti per la realizzazione di una seconda stagione, che debutta a fine 2013 e prosegue per tutto il 2014 con la stessa formula del predecessore: 5 episodi distribuiti in digitale e successivamente rilasciati su supporto fisico (questa volta in tempi più rapidi rispetto alla prima stagione).
Grandi aspettative per The Walking Dead: Season Two dopo quanto visto con il prequel: tutti si aspettano un prodotto capace di mantenere alto il nome di Telltale, con standard narrativi di grande valore.
Purtroppo, la doccia fredda è sempre in arrivo quando determinate opere hanno addosso un hype non indifferente. E’ il caso di questa seconda stagione, che non regge minimamente il confronto con l’illustre predecessore. Scopriamo perché.


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LA TRAMA

***ATTENZIONE: NEL TENTATIVO DI DESCRIVERE PREGI E DIFETTI DELLA NARRAZIONE, SARANNO INCLUSI SPOILER VARI, ALCUNI DI GROSSA PORTATA. SE NON AVETE ANCORA GIOCATO IL TITOLO E MEDITATE DI FARLO, EVITATE LA LETTURA DI QUESTO PARAGRAFO. TROVERETE ALCUNE IMPRESSIONI GENERALI, PRIVE DI SPOILER, NEL COMMENTO FINALE***

La Seconda Stagione parte 6 mesi dopo i fatti vissuti nella Prima: dopo aver detto addio al suo amato protettore Lee, la piccola Clementine è riuscita a fuggire da Savannah ed a ricongiungersi con Omid e Christa, con i quali continua la ricerca di un posto sicuro dove rifugiarsi per scampare ai non-morti (dai protagonisti sempre chiamati “Walkers”).
Un giorno il piccolo gruppetto, con tanto di Christa visibilmente incinta, si ferma ad autogrill (lo stesso del DLC “400 Days”) in cerca di possibili provviste, quando avviene l’impensabile: un’altra sopravvissuta minaccia Clementine nei bagni, intenzionata a rubarle tutte le risorse a disposizione.
Proprio quando la situazione sta volgendo al peggio, Omid entra in bagno completamente ignaro di quanto stava accadendo; spaventata dall’arrivo dell’uomo, la superstite spara con la sua pistole, uccidendo Omid sul colpo. Una disperata Christa uccide istantaneamente la ragazza, piangendo disperatamente per la morte del suo compagno.
La storia fa un altro balzo in avanti di 16 mesi: Clementine e Christa (che ha perso il bambino, ma la storia non si degna di farci sapere cosa è effettivamente accaduto, lasciando tutto all’immaginazione) continuano la lotta per la sopravvivenza. Non hanno ancora trovato un vero rifugio, ma stanno seguendo la strada per raggiungere una grande comunità, Wellington, casa di tanti sopravvissuti. Non si ha tuttavia la certezza dell’esistenza di tale luogo.
Le due sono nei pressi di una foresta, al freddo, intente ad accendere un fuoco per cucinare della selvaggina, ma proprio in quel momento vengono raggiunte da un gruppo di banditi con intenzioni poco amichevoli. Con un diversivo, Clem riesce a fuggire, ma è costretta ad abbandonare la sua amica che tenta la fuga in un’altra direzione.
Ora la giovanissima superstite si ritrova da sola a combattere con il mondo, stanca ed affamata. Ulteriore beffa, l’incontro con un cane altrettanto affamato che non esita ad aggredirla per ottenere il cibo rinvenuto dalla ragazzina.
Seppur a fatica, Clem riesce a liberarsi del cane, rimediando però una brutta ferita che si infetta. Proprio quando tutto sembra volgere al peggio, la giovane viene trovata da due uomini, Luke e Pete, che decidono di portarla con loro per garantirle un po’ di riposo, non senza forti dubbi dovuti dalla ferita: i due temono che possa trattarsi di un morso degli zombie, che dunque renderebbe Clem una “bomba ad orologeria”.
Nonostante i dubbi, Luke e Pete decidono di portarla con loro al loro rifugio, condiviso con diversi altri superstiti decisamente contrariati dal potenzialmente pericoloso nuovo arrivo.
Inizia un nuovo capitolo della vita di Clementine: dovrà convincere i nuovi arrivati di non essere infetta e di poter dare un valido contributo alla sopravvivenza del gruppo.
Ben presto, poi, la situazione volgerà al peggio, con un uomo misterioso e minaccioso, Carver, che girovagherà nei dintorni in cerca del gruppo. I sopravvissuti, temendo una sua reazione, decideranno di mettersi in marcia. Ma è solo l’inizio di un nuovo viaggio irto di pericoli e di nuovi incontri.


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Diciamolo subito: pur con alcuni momenti di grande coinvolgimento, la storia non si rivela appassionante come nella prima stagione. Troppi dialoghi prolissi, troppi tempi morti e, soprattutto, la mancanza di un cast forte e con personaggi memorabili.
Andiamo con ordine ed esaminiamo brevemente i 5 episodi di questa stagione.
Il primo episodio, pur con un paio di fasi ben riuscite (l’incontro/scontro con il cane e la cura fai-da-te di Clementine applicata alla sua ferita), si distingue per un ritmo decisamente molto lento e con dialoghi a tratti ripetitivi e tirati troppo per le lunghe. Nel complesso è senza infamia e senza lode, funge da introduzione ai nuovi personaggi e pone le linee basi che caratterizzeranno l’intera stagione.
Il secondo episodio si dimostra largamente soporifero per gran parte della sua durata: dialoghi noiosi, eventi poco coinvolgenti, ritmo decisamente lento.
A salvare baracca e burattini ci pensano il ritorno di un gradito personaggio, Kenny, miracolosamente sopravvissuto ai fatti di Savannah, e l’introduzione del crudele antagonista, Carver. Proprio quest’ultimo, quando appare in scena, riesce a catalizzare l’attenzione del giocatore, rivelandosi un subdolo calcolatore, abile nei giochi psicologici e capace di incutere timore solo alla vista.
Grazie a questo personaggio, gli ultimi momenti dell’episodio si rivelano esplosivi e carichi di tensione, rendendo dunque sopportabile il quasi-nulla proposto da questo secondo atto.
Nel terzo episodio saremo prigionieri nel covo di Carver, che avrà tutte le luci della ribalta addosso mettendo in mostra la sua durissima linea dittatoriale, ritenuta necessaria per poter gestire un gruppo di superstiti. Nonostante una visione forte, quasi delirante, Carver è il perfetto esempio della “legge del più forte”, indispensabile per sopravvivere in un mondo ormai divenuto identico all’inferno. Lo ha compreso anche Kenny, che già in questo episodio si lascerà andare ad attimi di brutalità che mai gli sono appartenuti.
Vengono inoltre introdotti alcuni nuovi personaggi (e fanno la loro comparsa i personaggi di 400 Days, tutti in banali camei ad eccezione di Bonnie), tra cui l’unica a spiccare è la misteriosa Jane, che mostrerà il suo scaltro ed intelligente carattere alla drammatica fine dell’episodio.
Tuttavia, persistono i dialoghi fin troppo prolissi e fini a loro stessi, ed in quanto a narrazione questo terzo atto è probabilmente quello più lento, davvero troppo in certi casi. Il terzo è anche il capitolo dove si “giocherà” meno in assoluto, a causa dell’abbondanza di dialoghi e di decisioni da prendere.
Lentezza è ormai sinonimo della trama di questa stagione, e la situazione non cambia nel capitolo successivo, dove comunque conosceremo più a fondo la misteriosa Jane, personaggio duro e distaccato per necessità, che tuttavia non lesina qualche atteggiamento più amorevole nei confronti di Clementine, ai suoi occhi l’unica del gruppo di grado di sopravvivere (a Clementine lo dice chiaro e tondo: distaccarsi dai suoi compagni è l’unico modo per salvarsi).
Tra gli eventi degni di menzione, da citare la negativa sorte di Sarah, la più giovane di tutto il gruppo, personaggio estremamente fragile e, a tratti, persino irritante data la sua inutilità. Quanto le accade si ricollega alla descrizione di Carver: la piccola Sarah è il rovescio della medaglia, la prova di come una mentalità fragile ed inerme non può assolutamente sopravvivere in un mondo simile, confermando ulteriormente che solo i più forti di spirito potranno resistere a lungo.
L’ultimo episodio è probabilmente l’unico capace di convincere: il ritmo è molto più sostenuto, i dialoghi più sensati e con il giusto spazio e, trattandosi della conclusione, l’evolversi degli eventi sarà incessante e coinvolgente, portando poi ad una brutale battaglia finale tra Kenny e Jane, due personaggi agli antipodi, dove il nostro compito sarà quello di decidere come comportarsi nei loro confronti dopo quanto appreso nel corso della storia. Presenti poi diversi finali multipli a seconda di come ci comporteremo in quella precisa circostanza.
Un solo episodio riuscito su cinque non è esattamente un buon risultato. Va detto che, complessivamente, tutti e 5 gli atti offrono comunque alcuni spunti interessanti e capaci di attirare l’attenzione, ma il problema è che il ritmo troppo lento e la sovrabbondanza di dialoghi prolissi rende il tutto davvero difficile da digerire in determinati passaggi. Certo, anche la prima stagione aveva i suoi momenti più lenti (specie nel terzo atto), ma il tutto era gestito in maniera molto più convincente e, facendo i paragoni tra i singoli episodi, è evidente che ad uscire vincitori dal confronto sono gli episodi della prima stagione, persino nel finale: quello della seconda stagione apparirà pure più intenso, ma non regala lo stesso coinvolgimento e le stesse emozioni provate a conclusione della prima.
Il vero problema di The Walking Dead: Season Two è la mancanza di un vero e proprio fulcro narrativo attorno a cui far ruotare gli eventi. Nella prima stagione il rapporto tra Lee e Clementine era quel potente collante che rese l’avventura coinvolgente, mentre nella seconda il tutto si riduce alla “semplice” sopravvivenza, concetto già ampiamente presente anche nel predecessore. Volendo nella seconda stagione si potrebbe far notare un maggior risalto alla degenerazione umana, ma l’impatto è meno forte del previsto.
Non aiuta la caratterizzazione dei personaggi: la quasi totalità del gruppo di superstiti appare letteralmente anonima e ben poco interessante. Il giocatore non riesce proprio ad affezionarsi a nessuno di loro, non solo perché le loro personalità non vengono a momenti sviluppate, ma a tratti nemmeno c’è questa possibilità, considerato il “vizio” degli sceneggiatori di far morire gran parte dei personaggi all’improvviso. Neanche Luke, all’apparenza spalla principale di Clem per larghi tratti, si rivela capace di suscitare la minima emozione.
Ma persino Clementine stessa suscita sensazioni contrastanti: sicuramente come personaggio è uno dei più interessanti, si nota la sua grande maturità nonostante gli 11 anni di età, ed in quanto a personalità ha fatto enormi progressi, dimostrando un carattere forte e freddo al momento opportuno.
Ciò che però non convince appieno è il suo ruolo di protagonista: nonostante il suo forte carattere, resta pur sempre una ragazzina di 11 anni, e nonostante questo, per quasi tutta l’intera avventura viene dato un peso quasi eccessivo alle sue decisioni.
Tutto sembra dipendere unicamente da lei, tutti pendono dalle sue labbra, tutti attendono lei per la risoluzione dei problemi anche più semplici ed idioti, che qualunque adulto potrebbe risolvere in un attimo e senza fatica. Ma invece no, se Clementine non dice la sua o non muove un dito, tutti gli altri restano inermi a guardare. Ed ovviamente, anche nei momenti in cui bisogna prendersi dei rischi, il gruppo di persone adulte manda sempre avanti la piccola ragazzina. Troppo forzato e davvero poco credibile, a tratti ridicolo: per tutti questi motivi, Clementine non è una protagonista credibile ed troppi compromessi per farla sembrare tale non solo non convincono, ma influiscono negativamente su quello che, in teoria, sarebbe uno dei pochi personaggi decenti della produzione, al fianco di Jane e di Carver (che viene fatto uscire di scena davvero troppo presto).
Infine, da segnalare la possibilità, se giocato sullo stesso sistema, di poter importare i salvataggi della precedente stagione. Ciò comunque non comporta nessun cambiamento rilevante ai fini narrativi, sebbene qualche vecchia conoscenza potrebbe richiamare alla mente con maggiore dettaglio alcuni fatti del passato.
The Walking Dead: Season Two è un’opera che punta tutto sulla narrativa, ma inciampa malamente proprio su tale aspetto. La storia, purtroppo, è da bocciare: troppo pochi i momenti memorabili, troppe le forzature ed eccessiva la lentezza di tanti passaggi.


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IL GIOCO

Trattandosi di un titolo che punta tutto sulla narrativa, è logico non avere aspettative sul versante strettamente ludico. La “prima stagione” presentava un gameplay piuttosto essenziale, ma nel suo contesto riusciva a svolgere dignitosamente il compito, non facendo minimamente pesare la mancanza di un gameplay vero e proprio grazie ad un comparto narrativo vincente.
Con la “seconda stagione” l’aggravante è proprio la mancanza di una solida narrativa, come abbiamo esaminato nel precedente paragrafo. Come se non bastasse, questa volta gli aspetti relativi alla parte giocata sono stati ridotti totalmente all’osso, ancora più essenziali rispetto al predecessore al punto che si prenderà davvero raramente il controllo della piccola Clementine, giusto per qualche sessione decisamente molto breve per esplorare limitati dintorni e rinvenire qualche oggetto più o meno utile.
In tal senso, nel terzo episodio della stagione si tocca il fondo: non si prenderà praticamente mai il controllo della protagonista se non per brevissimi atti e le scene filmati abbondano fin troppo, facendo desiderare al giocatore di poter finalmente mettere le mani su quel dannato pad e muovere la piccola Clementine.
Sono diminuite persino le fasi di “combattimento” con gli zombie (meno presenti del solito, specie nel già citato terzo episodio) o con altri umani, che consistono al solito in veloci Quick Time Events da eseguire alla perfezione, poiché in caso di fallimento il Game Over sarà garantito.
Abbondano invece le scelte da compiere ed in alcuni casi si nota una maggiore incisività rispetto a quanto visto nel passato episodio: in determinate situazioni, alcune decisioni potrebbero cambiare (o forse sarebbe meglio dire “rinviare”) la sorte di determinati personaggi oppure dare accesso a fasi diverse a seconda di quale direzione si decide di seguire. Ad esempio, a seconda di come concluderemo il primo dei cinque episodi che compongono l’avventura, assisteremo ad un differente inizio del capitolo successivo.
La storia, comunque, segue sempre un suo determinato percorso, ma quantomeno la linearità appare adesso lievemente smorzata. Positiva in tal senso la presenza di diversi finali a seconda di quali decisioni prenderemo nell’ultimo episodio, portando cosi a diverse conclusioni della vicenda; questo è un piacevole passo in avanti rispetto alla prima stagione che aveva soltanto due finali piuttosto simili tra loro, sebbene a conti fatti vengano tenute in considerazione soltanto le scelte alla fine dell’avventura.
Al contrario, i rapporti con i personaggi appaiono meno curati rispetto a prima: nel predecessore, determinate parole dette in circostanze particolari potevano cambiare o meno il rapporto con alcuni personaggi e portare ad alcune conseguenze verso il finale, mentre stavolta i vari comprimari tendono ad ignorare precedenti situazioni proseguendo come se nulla fosse accaduto. Si storce il naso di fronte a tutto ciò, è inevitabile.
Considerato quando detto ad inizio paragrafo, il fatto che il Gameplay sia cosi dannatamente essenziale può anche passare eccezionalmente in secondo piano data la tipologia di gioco, tutto incentrato sulla narrativa, purtroppo scadente a questo giro.
E forse proprio perché trama e personaggi lasciano a desiderare risulta questa volta più difficile digerire un comparto ludico simile: anche nella prima stagione era tutto fortemente limitato, ma era tutto comunque ben amalgamato nel contesto; qui invece manca tutto ciò ed il controller lo si sfiora davvero raramente (dialoghi a parte).
Passi indietro pure per la Longevità, considerato che questa volta per arrivare a fondo basteranno una decina di ore circa. La presenza di una manciata di scelte più incisive ed i diversi finali potrebbe però spingere a rigiocare alcune scene (tramite il menù principale si potranno praticamente selezionare tutte le scene principali senza doversi necessariamente rigiocare l’intero capitolo) giusto per scoprire le “strade alternative”, ma data la pochezza narrativa non è scontato il desiderio di riprendere in mano il gioco una volta completato.


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ATMOSFERA

Come di consueto nelle produzioni Telltale, il comparto grafico è rigorosamente il Cell Shading, complessivamente piuttosto curato per quanto riguarda i modelli poligonali dei protagonisti, dotati di buone animazioni durante le cutscenes ed espressioni molto credibili e perfettamente appropriate ad ogni situazione che vivranno, da quelle più tranquille fino alle più drammatiche.
Anche stavolta è positivo la caratterizzazione del mondo post-apocalittico in cui si muovono i sopravvissuti, fortemente fedele all’originale opera cartacea da cui è nata questa avventura grafica; non mancano alcuni scenari inediti rispetto a quelli già conosciuti in passato, ed in particolare si rivela ispirato l’ultimo episodio della stagione ambientato in pieno inverno: i passaggi sul lago ghiacciato e sulla strada in piena tempesta di neve si rivelano evocativi e coinvolgenti.
Nel mondo devastato di The Walking Dead si lotta continuamente ed incessantemente per la sopravvivenza, e questa seconda stagione videoludica sottolinea in maniera ancora più decisa che i veri mostri da cui bisogna guardarsi le spalle non sono unicamente i non-morti, ma gli uomini ormai disposti alle azioni più brutali ed egoistiche pur di sopravvivere anche un solo giorno in più; difficile fidarsi di chiunque in una condizione simile, ma ancora peggio è dubitare persino dei propri amici e compagni di sventura, e questo aspetto verrà sottolineato più volte nel corso dell’avventura.
Se dunque l’atmosfera si può considerare complessivamente riuscita anche stavolta, il rovescio della medaglia è tuttavia rappresentato da un comparto tecnico che mostra il fianco a diverse critiche, almeno nelle edizioni “Old-Gen” dell’opera. I problemi visti nel predecessore non solo persistono, ma sono persino intensificati.
I caricamenti continuano ad essere molto regolari e soprattutto molto lunghi, specie quello iniziale di avvio partita, che porta addirittura ad un momentaneo freeze della console che può durare anche un paio di minuti abbondanti. I riassunti delle puntate precedenti posti all’inizio di ogni nuovo capitolo sono quasi inguardabili a causa dei continui blocchi e caricamenti, ulteriore segno di una situazione ben peggiore rispetto a quanto visto nel primo titolo.
Durante il gioco persistono i movimenti legnosi della protagonista, specie se la costringiamo a muoversi in una direzione in cui non ci possiamo muovere, con risultati quantomeno bizzarri e totalmente irrealistici. In generale le magagne visive non mancano, pur non essendo eccessivamente frequenti, ma lascia perplessi il totale immobilismo tecnico rispetto al passato.
Da evidenziare uno spiacevole passo indietro, almeno per coloro che non hanno una buona padronanza dell’inglese: a differenza del predecessore, questa volta nemmeno la versione Retail è stata localizzata in italiano, che si presenta dunque interamente in lingua anglofona anche per i testi. Considerato che in questo gioco si dovranno spesso prendere decisioni anche cruciali in un breve lasso di tempo, la mancata localizzazione potrebbe creare qualche problema a più di un giocatore.
Almeno il doppiaggio inglese è anche stavolta ottimamente recitato per tutti i personaggi, mentre l’accompagnamento musicale riprende lo stile già ascoltato nel precedente gioco, con musiche di sottofondo malinconiche nei momenti di calma ed invece dai toni più cupi nelle fasi critiche della storia. Splendide le canzoni poste ai titoli di coda di ogni singolo episodio, coinvolgenti e con una forte dose di malinconia volta a sottolineare ulteriormente lo stato di abbandono in cui versano il mondo ed i sopravvissuti.
Ma a parte l’ottima realizzazione sonora, a conti fatti l’unico aspetto realmente ben fatto della produzione, è difficile non provare un forte amaro in bocca per la situazione tecnica della produzione.
La sensazione è quella di trovarsi davanti ad un prodotto realizzato un po’ in fretta e superficialmente, e la mancata localizzazione rispetto al passato lascia pure intendere una certa forzatura nella realizzazione di questa versione Retail.
Chissà, forse per gli sviluppatori non valeva la pena spendere risorse per una versione scatolata come si deve e magari con meno magagne tecniche, pensando che forse in pochi avrebbero puntato su questa versione preferendo invece le uscite digitali già viste mesi prima. Se davvero cosi fosse, poi però qualcuno spieghi perché si è deciso di far uscire tale versione su tutte le console attuali, Wii U escluso.


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COMMENTO FINALE

la seconda stagione videoludica di The Walking Dead non regge affatto il confronto con la precedente e lascia tanto amaro in bocca.
La storia raccontata non si rivela coinvolgente come in passato, mostrando al contrario troppi momenti morti (specie nei primi due episodi) e molti dialoghi superflui oppure tirati avanti troppo a lungo.
Si sente la mancanza di un solido fulcro narrativo attorno a cui far ruotare tutta la vicenda: nella prima serie, il profondo rapporto che si instaurava tra Lee e la piccola Clementine bastava da solo a rendere memorabile l’intera storia, mentre nella seconda non si trova nessun equivalente altrettanto potente. Clementine è ora la protagonista principale, è ancora una bambina ma sicuramente più matura e con un grande istinto di sopravvivenza, ma non riesce tuttavia ad imporsi come credibile protagonista.
Non aiuta la presenza di troppi personaggi anonimi: sono davvero pochi i superstiti da salvare in quanto ad ottima caratterizzazione (su tutti Jane ed il crudele Carver), mentre il grosso del gruppo non offre storie capaci anche un minimo di suscitare coinvolgimento. Detto chiaramente, il giocatore potrebbe non affezionarsi a nessuno dei nuovi sventurati sopravvissuti, l’esatto opposto della prima stagione che presentava un cast decisamente più interessante persino tra i semplici comprimari.
Dato il tipo di gioco, inoltre, era ovvio non ritrovarsi alcuna forma di Gameplay vero e proprio, ma questa volta siamo quasi davanti al nulla: si prenderà raramente il controllo della protagonista, molto meno di quanto visto nel predecessore. Certo, si voleva dare ancora più risalto alle scelte ed alla componente narrativa, peccato solo che sia proprio questo l’aspetto più deludente della “seconda stagione”.
In tutto questo, la positiva aggiunta di diversi finali multipli, tutti con esiti realmente diversi tra loro, passa del tutto in secondo piano a causa delle troppe magagne della produzione.
Un passo indietro davvero importante: certo, il precedente capitolo aveva settato gli standard qualitativi decisamente in alto, ma da Telltale Games non ci si aspettava un risultato simile.

PREGI

- Jane e Carver sono due Personaggi davvero Ben Caratterizzati
- L’ultimo Episodio è il Migliore della Stagione
- Grande Accompagnamento Sonoro
- Presenza di Diversi Finali Multipli

DIFETTI

- Per lunghi tratti, la Trama è Troppo Lenta, caratterizzata da Troppi Dialoghi Prolissi
- Quasi tutto il Cast si distingue per un generale Anonimato
- Clementine Non è una Protagonista Credibile
- Si “gioca” Pochissimo, Diminuiti gli scontri con Zombie ed Umani
- Troppi Problemi Tecnici
- Longevità Inferiore alla Prima Stagione

VOTO FINALE : 5.5

Video

Edited by ~ChrisMuccio - 18/2/2018, 15:42
 
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view post Posted on 17/1/2015, 12:38
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Spammatore folle

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Dannazione! Abbiamo sbagliato tutti! :( :( :(

Comunque ottima recensione, curata e dettagliatissima :ok: :ok:
E' strano scoprire la verità su Clementine, i siti "specializzati" l'avevano osannata...
 
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view post Posted on 17/1/2015, 12:43
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Grazie :ok:

Comunque alla fine non sono stato cosi duro con Clementine, alla fine è uno dei pochi personaggi decenti di questa stagione. Semplicemente il suo ruolo di protagonista è troppo forzato in troppe circostante, per questo non lo ritengo credibile. Mille volte meglio lei, comunque, di tutte le altre macchiette che la accompagneranno durante il viaggio ^_^
 
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view post Posted on 17/1/2015, 12:54
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Secondo me Telltale si sta adagiando sugli allori come Cage, altrimenti una simile differenza tra i 2 capitoli non sarebbe stata concepibile.
 
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Ra1n
view post Posted on 18/1/2015, 09:11




Trama 5 per un titolo interamente basato sulla narrazione, complimenti :D
Non ho ancora avuto modo di giocare al primo, se capiterà prenderò anche il secondo giusto per non lasciare nulla in sospeso anche se la qualità è calata drasticamente.
La cosa che mi "preoccupa" maggiormente è legata alla lentezza del ritmo, passi quando i dialoghi sono ben scritti....

Ben fatto :ok:
 
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view post Posted on 18/1/2015, 10:24
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Grazie Ra1n ;)

Enorme delusione questa Season Two, sono proprio curioso di scoprire cosa combineranno con la già confermata Season Three...
 
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5 replies since 17/1/2015, 12:25   159 views
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