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Prey, Recensione di The Warden Eternal con la collaborazione di ChrisMuccio

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view post Posted on 31/10/2017, 12:37
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Prey (2017)



Introduzione

Il gaming è un media che con il passare degli anni si sta affermando sempre di più, tuttavia non bisogna dimenticare che rimane un business decisamente complesso, capace di richiedere molti anni di lavoro oltre a ingenti somme di denaro e personale specializzato. Non è quindi una sorpresa che gli sviluppatori delle produzioni più remunerative preferiscano non rischiare, proponendo esperienze per lo più conservatrici o comunque già viste.
Ci sono però due modi per guardare il passato: si potrebbero semplicemente appoggiare i piedi nelle impronte sulla sabbia per fare meno fatica, oppure trattare la vecchia scuola come un maestro che vi accompagnerà nel vostro cammino finché non sarete pronti per superarlo.
Arkane Studios, padre di Dishonored e di altre perle passate, segue il secondo tipo di visione: non si limita a riprendere gli schemi dei tempi della Looking Glass, ma cerca anche di andare oltre e di dare nuova linfa alle formule che adotta, esattamente come ha fatto per la sua nota serie e per il qui presente Prey.
Probabilmente Bethesda non ha creduto al 100% nel progetto, visto il basso budget e marketing che gli ha dedicato, però delle speranze le ha nutrite, perché gli sviluppatori hanno potuto contare anche su 2 aiuti esterni che normalmente il publisher dedicherebbe solo alle grandi uscite: il pluripremiato compositore australiano Mick Gordon e il guru degli scrittori di RPG Chris Avellone.
Potendo già contare su game designers e artisti di alto profilo, era più che giustificato attendersi un altro grande titolo in questo 2017, destinato a passare alla storia come un periodo d’oro dove quasi ogni mese ha potuto contare su almeno 2 uscite di spessore.
Sarà andata davvero così oppure è l’ennesima dimostrazione che i videogiochi non si fanno solo con i nomi e le buone intenzioni?

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Continuo a fare un sogno

Tutto comincia in un 1960 alternativo, dove un satellite viene attaccato e invaso da una specie aliena ostile ribattezzata Typhon, spingendo i Russi e gli Americani ad un’alleanza, allo scopo di condividere le risorse e gli sforzi necessari per affrontare uno scenario da primo contatto e studiare gli extraterrestri. In seguito al patto verrà costruita la base “Kletka”, un’immensa stazione spaziale perfettamente attrezzata per contenere ed esaminare la minaccia. Un avvenimento del genere eviterà lo svolgersi della nota Guerra Fredda, portando entrambe le superpotenze in una direzione molto diversa dalla realtà.
Nella nuova timeline, il presidente Kennedy è sopravvissuto al famoso attentato, riuscendo a rimanere in carica per molto altro tempo, mentre la Russia non ha mai chiuso i Gulag, o evitato di reprimere qualunque tipo di disordine con la forza.
Con il passare degli anni, non tutto riesce ad andare secondo le previsioni, e dopo una fuoriuscita degli alieni, che causerà la morte dell’intera equipe di scienziati, la struttura orbitante verrà abbandonata e lasciata a sé stessa per decenni. Sarà ripopolata solo nel 2030, con l’arrivo della corporazione privata Transtar, che la rinominerà Talos 1.
Gli eventi del gioco hanno inizio nel 2032, con un pianeta Terra che si è evoluto grazie alle nuove tecnologie sviluppate da questa potente società, derivate non solo da meccanica e informatica, ma anche dallo studio del cervello e dalla possibilità di impiantare capacità e conoscenze tramite le “neuromod”.
Il protagonista sarà Morgan Yu, fratello (o sorella, è infatti possibile selezionare il sesso del nostro personaggio) dell’amministratore delegato Alex Yu e volontario per la sperimentazione di nuovi tipi di neuromod.
Come però ci insegnano i videogiochi, il primo giorno di lavoro è quello con la più alta probabilità di imbattersi in disastri e sciagure di ogni tipo. Prey non fa eccezione perché, durante i test, una tazza si trasforma in una creatura letale che uccide il capo scienziato, causando l’isolamento della stanza e la circolazione di gas soporiferi.
Nonostante tutto quel caos, il giocatore si risveglierà nella stanza dove si era alzato poco prima, ricevendo anche la stessa telefonata dal familiare, come se nulla si fosse mai verificato. E’ stato tutto un sogno?
[Per evitare qualunque responsabilità riguardo a spoiler, un’altra piccola parte è in questo riquadro oscurato. Chi ha guardato anche solo i primi 20 minuti può aprirlo senza timore]
Sfortunatamente è successo tutto, ma la cosa peggiore è che si tratta solo della punta dell’iceberg perché, tramite l’aiuto del misterioso January, si riesce ad uscire dall’appartamento, rivelando un set da riprese e strumenti per le simulazioni in stile The Truman Show.
In realtà Morgan non si trova sulla Terra, ma è sempre stato su Talos 1, ora in mano ai Typhons, perciò, volente o nolente, dovrà lottare per la propria sopravvivenza, addentrandosi tra i segreti della Transtar e del suo stesso fratello
.

Nonostante un curriculum che copre ben 15 anni, Arkane è spesso riuscita ad offrire background/lore di alto profilo, ma il fallimento per ciò che concerne la trama effettiva li accompagna da troppo tempo. Con questa produzione si è deciso finalmente di superare questo limite, creando le basi per una storia ben più complessa rispetto al passato e decisamente più eccentrica.
Le vicende di Prey infatti non seguono i canoni dalla classica invasione aliena, favorendo invece temi atipici per un setting simile, tra cui spiccano il controllo delle memorie e le personalità alternative che derivano da esperienze diverse avute in vita; tutto unito ad una forte enfasi sulle macchinazioni aziendali, esperimenti immorali e, in qualche sporadico livello, persino la geopolitica.
Anche gli extraterrestri sono molto distanti dagli stereotipi proposti innumerevoli volte nei vari sci-fi di qualsiasi medium: non si tratta di bestie feroci sulla falsariga degli Xenomorfi di Alien, ma neppure di una tradizionale razza senziente.
Le creature danno l’idea di un tetro mix tra organismi e fantasmi, la cui esistenza sembra svolgersi a metà strada tra il piano materiale e un’altra dimensione. Avvertono la nostra presenza solamente tramite le onde psichiche che emettiamo, poiché sprovvisti di neuroni specchio e probabilmente incapaci di vederci. La loro aura paranormale è abbastanza forte da spargersi anche quando l’influenza che esercitano è bassa, provocando incubi, visioni e paranoie a seconda dello stato mentale della vittima.
Già così si potrebbe parlare del raggiungimento un livello narrativo di tutto rispetto, ma il fato ha voluto che offrisse il suo contributo anche una figura del calibro Chris Avellone.
Il maestro scrittore non si limita ad ideare molte delle innumerevoli storie secondarie dell’equipaggio della stazione, ma amplifica gli spunti legati al protagonista (del resto erano basati, per ammissione del team, sulla sua opera magna Planescape Torment) e insegna ai collaboratori come implementare una feature molto complessa: la reattività.
Tale caratteristica è una vera sorpresa non solo per la sua rarità, ma anche per il fatto di essere uno dei pochi (se non l’unico) sistemi realmente capaci di fare la differenza inserito in un concept storicamente limitato, ottenendo un risultato più efficace del Chaos System di Dishonored 2, sebbene molto meno complesso di quest’ultimo.
In definitiva, il tocco dell’autore si fa sentire, concedendo alla produzione quel qualcosa in più che fa la differenza tra la normalità e la grandezza, resa chiara soprattutto da un finale davvero geniale.
Un solo difetto (seppur maggiormente legato a gusti soggettivi) guasta in parte un quadro così magnifico: Arkane ha cambiato i suoi standard qualitativi, però il modus operandi è rimasto totalmente invariato, pertanto se il loro stile di narrazione fortemente implicito e a totale discrezione del giocatore non è riuscito a colpirvi, è inutile sperare che Prey faccia diversamente, perché non scenderà a patti. Qualora invece amiate farvi trasportare dal desiderio di scoperta puramente personale, l’unica cosa da fare è semplicemente “abbandonarvi” ad esso.

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System Shock 2 è tornato (meccaniche base e esplorazione)

Come da tradizione Arkane Studios, anche questa volta le meccaniche di gameplay sono derivate dalle produzioni only PC degli anni 90, ben note per essere tecnologicamente all’avanguardia e per la loro alta complessità che dava soddisfazioni ai giocatori più abili.
Dopo aver reso onore a Ultima Underworld e a Thief, è arrivato il tempo di scegliere come nuova musa il grande seguito della prima saga creata da Warren Spector: System Shock 2. Il piano consisteva nel riproporre quell’unione perfettamente bilanciata di sparatutto in prima persona, survival e RPG portata all’estremo dall’interazione, rimasta pressoché unica per quasi 20 lunghi anni.
Il gioco non attende neanche un istante prima di mostrare questa natura vecchia scuola: già nella breve fase iniziale, che funge da tutorial, è possibile afferrare e lanciare quasi tutti gli elementi dello scenario, godersi qualsiasi cibo o bevanda (con relativi stati di sazietà o di ubriachezza), trovare e depositare nel proprio inventario (rigorosamente a slot) una grande diversità di oggetti.
Rispetto ad altri titoli simili, si può notare come addirittura la spazzatura riesca ad avere un’utilità, al di là della semplice occupazione di uno spazio limitato, dal momento che può essere riciclato tramite apposite macchine, ottenendo materia prima che si riutilizzerà per costruire risorse presso i replicatori.
Ancora una volta hanno evitato di inserire tutte quelle facilitazioni che hanno contribuito a danneggiare il prestigio del genere, puntando invece su un’esperienza completamente libera e dalla progressione non lineare, con il risultato di permettere al giocatore di dare sfogo alla sua creatività e di scegliere il proprio stile.
I punti cardini su cui si fonda il tutto sono sostanzialmente gli stessi di Dishonored: skill tree e level design articolati e profondi, adesso accompagnati da una componente ruolistica così forte da reggere a dovere il paragone con Deus Ex e il gioco a cui si ispira.
A fare la parte dei moduli cybernetici (punti abilità di System Shock 2) ci pensano le neuromod, che sono nascoste in qualunque angolo immaginabile dei livelli, pertanto più a fondo ci si addentrerà, più se ne troveranno.
Le abilità disponibili sono ben 24, di cui buona parte canoniche, poiché comprendono i tipici miglioramenti della forza e delle statistiche base; altre invece influiscono molto di più nell’economia del gioco, introducendo meccaniche come l’hacking ,la riparazione e persino le necropsie, che consistono le procedure di estrazione degli organi più accurate.
La prima feature è molto importante, perché Talos 1 è ricca di tastierini numerici, ma soprattutto di computer, che una volta violati possono contenere varie e-mail (e qua va detto che, nonostante il loro enorme numero, è davvero difficile imbattersi in riciclaggi), file audio e, molto più raramente, opzioni esclusive come l’apertura di una porta o l’accensione di un macchinario. I PC delle stazioni di sicurezza hanno anche il download delle mappe del ponte in cui si trovano e permettono inoltre di localizzare ogni singolo membro dell’equipaggio, sia vivo che morto (nel secondo caso ovviamente si rinverrà il cadavere).
La possibilità di riparare viaggia sullo stesso piano dell’interazione, dato che non si riferisce alle armi, quanto piuttosto ai numerosi sistemi della struttura, che spaziano da giunti elettrici con scariche letali ai generatori di ascensori, con in mezzo pulsanti o meccanismi. Sarà possibile sfruttare i pezzi di ricambio anche per operatori e torrette danneggiati in modo non irrecuperabile.
Fin da subito si riesce a cogliere l’importanza del potenziamento, eppure il gioco non costringe mai ad acquisirli, tenendo conto di ogni build concepibile, persino quella basata sulle sole armi e competenze personali.
Il merito è della cura riposta nei 14 ponti interconnessi del gioco, sviluppati sia in orizzontale che in verticale, offrendo innumerevoli strade e altri modi per proseguire, senza disdegnare codici, password o passaggi segreti.
Naturalmente questi tipi di opportunità non sono in bella vista: sarà necessario esplorare, assicurandosi di non farlo solo quando è vitale, perché ai poco attenti non sono concesse neppure provviste e munizioni sufficienti per sopravvivere.
Un altro motivo per cui conviene esplorare è la presenza di incarichi secondari che, all’apparenza, sembrano solo qualche occasione in più per rifornirsi, però non mancano una manciata di missioni con esiti rilevanti sia ai fini della quest principale che dell’ambientazione stessa.
Rispetto a Dunwall e Karnaca, la complessità delle mappe è stata notevolmente incrementata, perché l’ambiente chiuso ha dato ai designers l’occasione di lavorare manualmente fino ai dettagli più piccoli e insignificanti, senza rischiare di prosciugare il budget già esiguo. L’unica zona realmente aperta è l’esterno dello stazione, che non è diviso in sezioni in base al portellone da cui si esce, ma comprende l’intero spazio all’interno della magnetosfera (un campo magnetico che respinge le letali radiazioni solari), contenente sia il vuoto siderale che oggetti più o meno interessanti alla deriva. Non c’è bisogno di dire che fuori non c’è gravità, però il sistema di propulsione garantisce un movimento libero e a 360 gradi.
Un’altra differenza significativa è che qui non bisogna fermarsi a ciò che si possiede o si intravede, perché se non dovesse esserci una strada, allora la si potrà letteralmente creare, utilizzando l’equipaggiamento o le abilità.
Lo strumento che più di tutti incarna queste parole è il cannone Gloo, un fucile spara colla da sfruttare non solo per arrampicarsi, creando quindi scale o ponti, ma che agisce anche da isolante per le conduttore del gas, circuiti elettrici scoperti che rilasciano scariche di energia letale e persino creature ostili.
Qualora invece a bloccare la via fossero dei divani ammassati basterebbe lanciare una granata riciclante e magari utilizzare il materiale ottenuto dalla loro scomposizione per creare delle munizioni.
E questi sono solo alcuni esempi: il sistema nella sua totalità è enorme e porterà via molte ore di gioco anche solo per sfiorarne la superficie.

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Nessun sospetto?



Sono una preda… (combattimento e nemici)

Dare delle basi simili alle meccaniche di un videogioco non è una cosa che si vede tutti i giorni, però basta poco a vanificare gli sforzi se non vengono valorizzate.
Dishonored ha quasi corso questo rischio, riuscendo ad evitarlo grazie alla sua natura di stealth, ma Prey è un RPG, pertanto una falla nel sistema sarebbe ben poco tralasciabile. Non a caso, nei mesi precedenti al lancio, l’utenza ha manifestato non pochi dubbi riguardo i combattimenti, temendo che potessero essere nuovamente il punto debole della produzione.
Fortunatamente il cambio di direzione ha portato ad una diversa distribuzione delle risorse e delle priorità, con i risultati che verranno qua valutati.
I livelli di difficoltà sono 4: selezionando difficile o incubo, il gioco fa subito del suo meglio per far capire che si è prigionieri in un brutale territorio di caccia , dove non basterà molto per passare a miglior vita, specie se non adeguatamente forniti di armi e neuromod.
Per sopravvivere occorrerà stare sempre in guardia, perché non si può mai sapere dove i nemici si nascondano: si potrebbe anche essere circondati dai Typhons senza avvertire minimamente la loro presenza. Questo a causa dei Mimics, nemici piccoli ma capaci di trasformarsi in ogni singolo oggetto di piccole dimensioni si trovi vicino a loro, inclusi medikit e addirittura armi. Non si avrà mai la certezza che gli elementi scenici non siano alieni, neppure i più stupidi; inoltre, se dovessero scappare, sceglieranno in tempo reale un nuovo nascondiglio, manifestando una capacità di individuazione tattica a volte fuori dal comune.
I mimics sono la razza più numerosa, tuttavia con il tempo cominceranno a diventare frequenti anche i ben più temibili Spettri, che, oltre a vantare la stazza di un uomo, sparano sfere di energia molto potenti e sono molto più veloci e resistenti.
In tutto ci sono 8 specie uniche (più 4 varianti e altri 3 nemici non extraterrestri): un numero poco sopra alla media delle produzioni di questo tipo, però compensato in modo eccelso dalla loro diversificazione e cura nei pattern, che temono ben pochi confronti. Per esempio, tra le specie diverse dalle classi base, c’è il Telepate: un mostro che non si limita ad essere fedele alla sua definizione, ma prende il controllo delle menti dei pochi umani rimasti, mandandoli al massacro come kamikaze psichici. Da non trascurare neppure esseri come il Tessitore, poiché è capace di proteggersi con uno scudo e di trasformare i cadaveri in spettri, oltre a produrre autonomamente creature esplosive note come Cistoidi.
Si evince quindi che ce ne sia per tutte le evenienze, ma non è finita, perché ad aumentare ulteriormente la qualità del bestiario ci pensa un’intelligenza artificiale di ottimo livello, munita anche di routine come la salita degli ascensori e la ritirata tattica con annessa imboscata.
Contro simili mostruosità è preferibile avere sempre una strategia ben in mente, altrimenti l’annientamento sarà l’unico risultato ottenibile.
Innanzitutto non è obbligatorio imbracciare la armi contro le minacce, ma è contemplato anche un approccio furtivo, avvalorato dai percorsi alternativi e da strumenti dedicati. Dato che l’ambientazione è persistente (significa che tiene sempre conto delle variabili), potrebbe non essere conveniente lasciar vivere delle creature, ma un colpo risparmiato è comunque una pallottola in più per imprevisti più pericolosi.
Qualora si decida di farsi avanti, bisognerà fare i conti con un arsenale poco nutrito e con poca potenza di fuoco, se non migliorato tramite dei kit rinvenibili nei meandri di Talos 1.
In teoria questo sarebbe un limite non trascurabile, eppure sono riusciti a farlo passare in secondo piano grazie a due tecniche: la prima è stata dotare la maggior parte degli utensili di utilizzi multipli da scoprire; la seconda è il bilanciamento del sistema, che ha effetto anche negli scontri. Per merito di queste scelte, i combattimenti in Prey sono liberi e privi di script, esattamente come l’esplorazione.
Tra congelamenti con il gloo, lanci a volontà di container e barili esplosivi, corse a velocità sovrumane, pavimenti di metallo che si elettrificano, condutture del gas che si possono rompere e coprire a piacimento o le combinazioni di tutto quello che è elencato, c’è tutto il necessario per divertirsi parecchio.
E ancora non è finita.

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…. o sono una tazza? (approccio alternativo con neuromod aliene)

Le meccaniche e le opzioni appena descritte potrebbero non rimanere le stesse per tutta l'avventura.
Il motivo non è legato a cadute di stile o alla presenza di alti e bassi, ma ad un nuovo stile di gameplay totalmente facoltativo, che sbocca in strade inaspettate, rinforzando le basi di un sistema ludico già granitico.
La chiave per il cambiamento è lo "psicoscopio": si tratta di un bizzarro casco che scansiona i typhons, ottenendo informazioni su di loro, incluse le mappe neurali e con esse la possibilità di installare 20 ulteriori abilità, ma basate sugli alieni. A differenza degli elementi dello skill tree umano, questi andranno ricercati uno a uno, analizzando più creature di una stessa specie.
Usare questi poteri avrà un prezzo, dimostrando ulteriormente come la reattività non sia accessoria.
La prima voce del conto è la contaminazione dell'organismo del protagonista, con la conseguenza di essere considerati degli extraterrestri dai sistemi di sicurezza e dalla strumentazione.
La seconda è più rischiosa, perché comporta la creazione di un mostro gigante chiamato “Nightmare”, che darà la caccia al giocatore per tutta l’area di gioco, risorgendo anche dalla morte. Abbattere la bestia però sarà molto difficile, perché, oltre alla sua enorme forza, può sparare sfere esplosive leggermente traccianti.
Ora che si conoscono gli svantaggi, si può andare al sodo.
Le nuove neuromod consistono nel copiare le doti degli alieni e di utilizzarle contro di loro, variando dal bizzarro sollevamento gravitazionale dei poltergeist all’imitazione dei mimic.
Osservando l’intero catalogo, si nota un ottimo bilanciamento dell’offerta, che esaudisce ogni desiderio del giocatore, sia di semplice potenza di fuoco che di tattiche specifiche, entrambe ricche di sfaccettature.
Già al livello 1, il potere della trasformazione consente di mutare in oltre 400 oggetti diversi, permettendo di passare attraverso i buchi più impensabili; ottenendo gli altri 2, si assumerà la forma delle torrette e dei robot operatori, acquisendo anche la relativa capacità di aprire il fuoco e di volare. Le cianfrusaglie da imitare non dovrebbero essere scelte tirando a sorte, se non quando necessario, perché qualcosa di rotondo, tipo un rotolo di bende, si muoverà più facilmente, mentre un arnese di metallo o plastica non rischia di rompersi dopo un impatto violento.
Gli altri 19 tratti non raggiungono tali picchi da sole, ma dimostrano il loro valore quando vengono combinate tra di loro, o se usate con intelligenza. Un buon esempio è l’onda cinetica, che, oltre a causare danno, sposta oggetti che richiedono una forza equivalente allo scoppio, senza contare poi che se si colpisce un nemico sotto le gambe, gli si fa spiccare un bel volo. Alcuni magari troveranno divertente l’uso simultaneo della genesi spettrale su un cadavere e del controllo mentale su un altro spettro (o perché no, un Nightmare), costruendo così la sua banda di scagnozzi temporanei.
Volendo si potrebbero elencare decine di altre tattiche, ma non sarebbe necessario, perché il filo conduttore è la fantasia, quindi più si sarà creativi, più il divertimento aumenterà di conseguenza, scoprendo la vera identità della produzione.

E così si chiude l’analisi dettagliata di questo profondo gameplay.
Qualche difetto in realtà ci sarebbe: si potrebbe criticare una fase finale in cui si avverte una certa ridondanza nelle tipologie di nemici e un backtracking che si sarebbe potuto evitare; anche il Nightmare ha dei problemi, perché l’immensa mole tende a farlo incastrare negli scenari più ristretti.
Nonostante queste imperfezioni, si deve riconoscere come Arkane abbia comunque dato prova di sé, proponendo una giocabilità monumentale che solo le opere più possenti vantano.
Warren Spector sarebbe molto fiero di vedere un simile erede della sua storica saga farsi avanti.



Tra fantasmi e Synthwave

Dopo anni passati a creare vicoli di enormi città decadenti, dove la sporcizia e l’alone di morte delle strade viene contrapposto al lusso più sfrenato delle ville della nobiltà, gli sviluppatori hanno voluto condurre i loro acquirenti nell’oscurità e nella solitudine dello spazio.
Considerato che non hanno mai sfornato prima un titolo sci-fi, non è certo cosa da poco, però un bravo artista è colui che, oltre a saper lavorare bene sul suo soggetto abituale, possiede anche un’elasticità sufficiente per ottenere un gran risultato con generi diversi. Nel caso di Prey, Arkane non solo segue questa definizione, ma trova anche una propria visione con questo peculiare universo, perfettamente in linea con l’eccentricità riscontrabile negli altri aspetti e rendendola evidente in tutto, dalle piccolezze come il design, a volte quasi retrò, alle palette cromatiche.
Nell’immaginario collettivo le stazioni spaziali vengono spesso raffigurate come luoghi supertecnologici, ma freddi e spenti, come il metallo che fa da elemento predominante dello scenario. Talos 1 invece si stacca da questo pensiero, rivelandosi un’autentica esplosione di colori, coadiuvata da una realizzazione dei materiali che si allontana da acciaio e ferro per abbracciare il marmo, legno pregiato e statue d’oro massiccio. Lo stile di base invece segue le regole dell’art deco, esaltato più volte dalle opere dell’arte moderna fittizia del gioco, da raffigurazioni a tratti surreali e da una cura al dettaglio notevole che ha influenzato la realizzazione anche dei lumi nelle stanze.
Va anche segnalato che la differenza stilistica non è incoerente con il background, perché non si tratta di un semplice posto di lavoro formato gigante come la Ishimura di Dead Space, ma di un monumento alla potenza economica della Transtar, che punta sempre ad impressionare i propri clienti e investitori.
Il complesso spaziale però è come la luna attorno a cui orbita, in quanto ha un lato oscuro che può essere visto solo addentrandosi al suo interno. Il buio qui ha la forma dei resti della vecchia gestione russa, dove si manifesta il canonico metallo, le tenebre e la disperazione delle cavie umane che sono soggette ad esperimenti atroci. I corridoi non sono solo elementi di scena, perché sono frequentati dai Typhons, che hanno un design semplice e monotematico, ma approssimabile ad un’ombra solida che cerca luci da estinguere e persone da trasformare in orribili cadaveri svuotati e irriconoscibili.
Non è finita, perché l’atmosfera e l’esplorazione sono accompagnate dalle tracce sonore scritte da Mick Gordon.
Il compositore australiano riesce a fare nuovamente la sua magia, creando una colonna sonora che appartiene al genere Synthwawe, che consiste in una musica elettronica tipica delle opere fantascientifiche degli anni 80 e ripresa qualche volta negli anni 2000.
I pezzi sono pochi, ma si legano bene al contesto, aumentando la tensione quando il giocatore non è solo, oltre a rendere quasi celestiali alcuni momenti tranquilli dell’esplorazione; per non parlare dei pezzi separati come "Semi Sacred Geometry" (la versione cantata da una donna si intende) o "Everything is going to be okay", che entrano in testa per non uscirne più. Non è trascurabile l’inserimento di questo stile anche negli effetti sonori uditi durante le morti o nella risoluzione di un obbiettivo, perché rendono l’identità ancora più evidente.

Sfortunatamente, non tutto può evitare di scendere a compromessi con il budget messo a disposizione dal publisher.
La nota stonata in questo grande brano è anche la stessa dei precedenti lavori della SH, ovvero la pura e semplice grafica, che continua a mostrare il fianco a numerose critiche: le texture sono ancora a bassa risoluzione, mentre il sistema di illuminazione andrebbe migliorato, così come le animazioni e la quantità poligonale.
A differenza di Dishonored 2, questa volta almeno c’è da dire che la versione PC è davvero di ottima fattura, poiché vanta non solo un framerate alto e stabile, ma anche tempi di caricamento molto più veloci, specie se in possesso di un SSD, inoltre non risente dei problemi di input lag visti su console.

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Talos 1 (approfondimento)

Prey merita una maggiore riflessione sul level design, poiché negli ultimi anni il team americano-francese ha lavorato duramente in questo aspetto, ottenendo risultati difficilmente rintracciabili altrove.
Da dire ci sarebbe in realtà molto poco, dato che non si parla di un’altra grossa città, ma di una stazione spaziale che per ovvi motivi è meno varia e immensa, tuttavia i dati presenti, per certi aspetti, sono ancora più incisivi.
Per la prima volta nella loro carriera gli autori hanno puntato su una sola grande struttura divisa in sezioni, mettendo da parte il classico modello che prevede livelli separati.
Al di là dell’incredibile quantità di strade e del grado d’interazione, ormai marchi di fabbrica della SH, ciò che davvero sorprende è notare come l’ambientazione sia stata realizzata seguendo un vero schema ingegneristico, piuttosto che collegando tramite un caricamento porzioni che non starebbero bene insieme se unite.
La prova di tale affermazione è nel vuoto astrale, dove si può notare come ogni singolo ponte si incastri con una precisione matematica nel grande progetto; inoltre si possono sempre vedere le aree già visitate attraverso i vetri. A rendere ancora più chiaro il concetto contribuisce invece la forte interconnessione, elevata al massimo dall’immenso e suggestivo G.U.T.S, che si estende nelle profondità del complesso per riemergere in quasi tutti i centri più importanti, data la sua funzione di trasporto di energia e carichi.
In poche parole, Talos 1 non solo meriterebbe di essere ricordata come un’esponente delle grandi stazioni spaziali, ma, grazie alla sua credibilità, dovrebbe essere preso come esempio soprattutto quando si inizia ad usare un tool di sviluppo per programmarne una.

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Longevità

Di base si parla di quasi una ventina di ore, che potrebbero aumentare o diminuire a seconda di quanto si è predisposti ad esplorare o ad adottare uno stile meno votato alla forza bruta. La cifra è di tutto rispetto, specie tenendo conto che supera la durata di altri titoli simili, tra cui Bioshock o System Shock 2.
La rigiocabilità d’altro canto è un fulmine a ciel sereno, perché ad una già massiccia varietà di build va aggiunta la quantità di scelte e la libertà d’azione alla base che spingono dunque a riprendere in mano il gioco in modo da sperimentare tutte le possibilità ludiche previste da Prey.

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Commento finale

Sviluppare grandi giochi, se non veri e propri capolavori, non è un impresa per tutti, ma Arkane riesce nell’ancor più difficile sforzo di rilasciarne addirittura due a soli 6 mesi di distanza l’uno dall’altro.
Seppur con alcune sbavature, dovute per lo più al budget ridotto che ad una mera incapacità, Prey rappresenta un punto di svolta per la sua casa produttrice, che ha finalmente piazzato sul mercato un’opera completa e bilanciata in tutti gli aspetti, siano essi ludici o narrativi.
Lo slogan del gioco avrebbe dovuto intitolarsi “l’unione fa la forza”, perché un risultato del genere è stato possibile grazie ad un’attenta collaborazione di diverse menti creative. Non sempre il nome è indice di garanzia, ma in questo caso hanno lavorato insieme in modo impeccabile, dando la vita ad una produzione di inestimabile valore che, come Dishonored, prende il testimone di un ingiustamente dimenticato caposaldo del gaming e lo conduce in strade che non è riuscito a percorrere.
Purtroppo però quella via potrebbe non essere destinato a finirla a causa delle vendite deludenti, probabilmente incapaci di ripagare l’investimento.
Lo stesso Raphael Colantonio, director e fondatore della società, ha dato le dimissioni pochi mesi dopo il rilascio del gioco, mentre poco tempo dopo hanno cominciato a circolare richieste di lavoro per programmatori di titoli multiplayer.
Non ci è dato sapere cosa accadrà in futuro, però si può dire che i giochi e le società muoiono, ma non il loro ricordo, che continuerà a rimanere conservato specialmente grazie ad opere come questa.

Pro

-Il miglior erede possibile di System shock 2
-Gameplay e level design magistrali
-Una delle migliori componenti RPG mai concepite per una simile impostazione ludica
-Bestiario e IA di prim'ordine
-Trama di alto livello
-Splendida colonna sonora
-Graficamente ottimizzato e accompagnato da un’ottima art direction
-Buona longevità, rigiocabilità notevole

Contro

-Ancora una volta gli sviluppatori non offrono una narrazione classica, cosa che potrebbe non piacere a tutti
-Graficamente si poteva fare di più
-Tipologie nemiche abbastanza variegate, ma verso il finale si avverte una certa ridondanza

Voto: 9.2

Edited by The Warden Eternal - 17/11/2017, 21:49
 
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view post Posted on 31/10/2017, 13:01
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Sulla Recensione ti ho già detto tutto quanto via MP e riassumo qui "pubblicamente": questa volta ti sei impegnato davvero a fondo e le correzioni che ho fatto sono state davvero minime, più di forma fondamentalmente. Bravo, adesso continua in questo modo per futuri articoli ;)

Riguardo il gioco in sé, sfortunatamente rientra tra quei titoli che ho dovuto momentaneamente mettere da parte causa impegni ed altre problematiche (oltre ad altri giochi, ma gli arretrati sono davvero tanti, non solo Prey...).
Per quel po' che l'ho giocato, però, mi ha fatto un'impressione decisamente positiva, mi sembra abbia tutte le carte in regola per potersi tranquillamente definire tra i migliori titoli dell'anno. Spero di riprenderlo in mano a breve, non appena il tempo a disposizione aumenterà :ok:
 
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view post Posted on 31/10/2017, 13:23
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Grazie Chris :yuppi: :yuppi: :yuppi: :yuppi: :yuppi: :yuppi:

Aspetta, quindi mi stai dicendo che hai sia Prey che Dishonored 2 tra gli arretrati?! Ahia :D :D :D
 
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view post Posted on 31/10/2017, 13:49
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Eh, mica solo quei due... :cry:
 
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view post Posted on 31/10/2017, 14:10
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Spammatore folle

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Sì lo so che tutti abbiamo arretrati, però i giochi sopra il 9 non ci dovrebbero essere :lol:
Io Prey l'ho finito 4 volte, mentre Dishonored 2 ben 7 e non sono ancora soddisfatto :D :D
 
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view post Posted on 31/10/2017, 14:19
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Leggendario Maestro del Forum

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Ci sono anche quelli, il mio tempo a disposizione non è più quello di prima. Ma magari dopo la laurea e con Dicembre più libero la musica cambia ;)
 
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view post Posted on 7/11/2017, 14:35
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Mastro Cuoco

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Caro Warden,davvero complimenti :ok: ottima recensione e mi trovi d'accordissimo :bravo:
Prey è stata una vera sorpresa per me: inizialmente è passato un po' in "sordina" per quanto mi riguarda, ma poi ho iniziato a sentirne parlare sia qui sul forum che fuori....beh, vedo il trailer e penso: "molto interessante, da tenere d'occhio".
Provo la demo ed ecco che penso; "wow". Già dalle prime battute ci si rende conto di quanto il gioco possa offrire ed il bello è che il titolo riesce a sorprendere alla grande andando avanti.
Come già ho detto svariate volte, la cura nella realizzazione del level design è veramente pazzesca, mentre la struttura di gameplay rimanda a System shock, pur senza perdere la propria identità. Ottima l'interazione ambientale e sapete quanto per me conti tale aspetto, idem per quanto riguarda la grande libertà d'approccio ed esplorativa.
I nemici sono piuttosto interessanti e vanno conosciuti al meglio per poter essere battuti: i Mimic sono veramente geniali, un nemico che tanto contributo offre all'atmosfera horror del gioco. Gli Spettri letali e parecchio furbi, salvo qualche cantonata occasionale.
L'unico a non avermi convinto a pieno è l'Incubo. E' letale ma, viste le grosse dimensioni, è facile eluderlo o metterlo in una condizione di inferiorità strategica
. Senza contare gli altri ;)
La trama va seguita con impegno, scoprendone ogni retroscena e godendosi anche tutte le storie "secondarie" (che poi tanto secondarie non sono), così da aver un quadro d'insieme fino ad uno dei vari epiloghi, sicuramente capaci di far riflettere.
In tal senso, lode anche alle varie quest e sub-quest. In particolare queste ultime, di solito classico elemento ripetitivo di contorno in questo genere di giochi, si presentano piuttosto variegate e capaci di influire in maniera diversa sulla struttura di gioco
ad esempio, basti pensare alla sub quest per rendere ogni fonte d'acqua della stazione una sorgente di energia PSI assai remunerativa!
.

Certo, nota stonata sul fronte tecnico. Lo stile artistico e l'accompagnamento sonoro convincono (parecchio, aggiungerei), ma si è scesi a compromessi sul fronte della qualità prettamente tecnico del gioco e pure qualche bug occasionale non manca.

Resta uno dei titoli migliori usciti in questa gen a mio avviso, oltre che mio attuale GOTY 2017.
 
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view post Posted on 9/11/2017, 00:08
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Spammatore folle

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Grazie Fallen!!! :yuppi: :yuppi:

Lol, io ricordo che all'inizio non diedi molta importanza a Prey, sia perché ancora non ero diventato un patito di Arkane studios (non avevo ancora giocato Dishonored 2 XD) che per il fatto che non si era ancora visto niente di concreto, ma poi hanno mostrato il primo gameplay di qualche minuto ed è stato letteralmente amore a prima vista!

Confesso di continuare a preferire Dishonored 2, ma Prey è un gioco maestoso, che se non vivessimo in un'epoca superficiale avrebbe potuto benissimo imporsi come ha fatto il ben più semplice Bioshock.
 
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view post Posted on 10/12/2017, 16:58
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Utente Super Specializzato

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Appena finito prey (da circa 10 minuti)
Per prima cosa complimenti a Warden che si è impegnato molto questa volta (migliorassi anch'io con le mie rece :-( ) :ok:
Per il resto: un capolavoro, uno dei miei videogiochi preferiti
Una cura nei dettagli immane, un gameplay fresco e divertente ma, sopratutto uno dei pochi giochi dove level design, trama e tecnica si incastonano alla perfezione
Chi critica questo gioco non merita di essere chiamato videogiocatore
Perché Prey non è un gioco, Prey è
"L'immortalità. Ed è bellissima"
 
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8 replies since 31/10/2017, 12:37   764 views
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