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Elite Dangerous: Horizons – Recensione

Dopo un lungo periodo di beta è finalmente arrivato il momento per Horizons, l'espansione stand alone di Elite Dangerous, di farsi conoscere dai giocatori. Iniziamo col dire che il simulatore spaziale di David Braben aveva davvero bisogno di moltissimo lavoro da fare prima di potersi chiamare gioco completo, rispetto alla versione 1.0 che si era affacciata sul mercato. Come è ormai noto il vero punto focale di questa espansione è rappresentato dalla possibilità di esplorare le superfici dei pianeti che prima era solo possibile osservare immersi nel buio dello spazio. Così come nella realtà non sarà possibile atterrare su tutti i pianeti, quindi se stavate pensando di esplorare una stella o un gigante gassoso, levatevelo dalla testa il gioco permetterà di solcare il suolo dei pianeti che rientrano in determinati parametri pre impostati. Una volta scelto il pianeta e completate le manovre di attracco, presso determinate basi complete di tutte caratteristiche che le rendono veri e propri hub, come ad esempio gestione missioni, vendita merci e presenza di hangar, sarà possibile salire su un mezzo a sei ruote e girare liberamente alla scoperta del pianeta prescelto. Oltre agli spazioporti di terra, preziosi per tutto l'insieme di offerte già descritto sarà possibile atterrare anche in diverse zone dei pianeti, ricchi di zone d'interesse e di siti minerari che vanno però ricercate grazie all'ausilio del radar durante voli a bassa quota. Per la cronaca le zone d'interesse si coloreranno di arancione sul radar.



IN UNA GALASSIA LONTANA… FORSE TROPPO




Elite Dangerous: Horizons si presenta con prepotenza già dalle prime fasi visto che entrare nell'atmosfera di un pianeta vuol dire fare i conti con l'atmosfera del pianeta stesso. Questo cambio di stato comporta, logicamente, un aumento di peso dell'astronave quindi quella sensazione di inerzia provata durante le manovre stellari lascia il posto ad una lentezza di manovra che causerà problemi ai meno abili e anche ai meno attrezzati. La più grossa novità dell'espansione è chiaramente il rover che, come l'astronave, è munito di un radar in grado di rilevare oggetti sia terrestri sia aerei e del Data Link Scanner in grado di rilevare tracce all'interno di grosse porzioni di terra che si stagliano di fronte al veicolo. porzioni di terra molto grandi. Una volta trovato il giusto feeleing con “il bolide” a sei ruote si passa subito alla ricerca mineraria, che si sviluppa in modo simile a quella svolta con l'astronave: spaccare il minerale con il laser e poi raccogliere i frammenti con l'ausilio del cargo. A differenza dei minerali spaziali quelli terrestri devono essere raffinati e combinati prima di entrare nello stadio di utilità sotto forma di consumabili per la nave (carburanti speciali o munizioni ad esempio) oppure semplicemente venduti.



Il vero punto focale di questa espansione è rappresentato dalla possibilità di esplorare le superfici dei pianeti.
L'espansione, come da copione, porta con sé alcune novità anche per quanto le riguarda le missioni. Adesso è possibile accedere a delle missioni multiple che spaziano dal semplice trasporto da un pianeta all'altro fino allo scambio di informazioni riguardo gli spazioporti presenti sulla superfice del corpo celeste. Nonostante la consuetudine di condividere le proprie avventure con gli amici non sono presenti missioni in cooperativa, ma qualche piccolo escamotage per stare insieme esiste e le missioni più difficoltose possono essere rese più agevoli grazie all'aiuto dei propri compagni. Tra le missioni più ostiche spiccano quelle di recupero del cariche di navi abbattuto in zone difese, in modo minuzioso da droni e da torrette laser non troppo amichevoli. A completare il ventaglio di novità offerte da Elite Dangerous: Horizons ci sono un paio di nuove navi decisamente interessanti: il Cobra MKIV e il Viper MKIV.



Frontier Developments non ha inserito ulteriori tasselli a questa espansione visto che molte novità sono previste per questo 2016. La creazione del proprio avatar, il looting, il crafting, la possibilità di modificare le navi così da contenere caccia più piccoli pilotati da atri giocatori stanno a testimoniare che in fondo Elite Dangerous è sempre un cantiere aperto pronto a sfoderare qualche piccola chicca. Concentrandoci su Horizon bisogna ammettere che finito l'effetto WOW dato dal primo atterraggio il gameplay tende lentamente ad assopire l'entusiasmo iniziale a causa di vaste porzioni di aeree esplorative non troppo “vive” e poco ricche di minerali da lavorare. Proprio il mining, perno su cui gira di fatto l'espansione Elite Dangerous: Horizons, riesce a dividere in modo netto le categorie dei giocatori. Mentre i nerdoni passeranno intere giornate a raffinare i prodotti per migliorare le potenzialità di motori e scudi, i giocatori “medi” incontreranno qualche difficoltà a tenere il passo, considerato anche il rischio “pirati”. Ad onore del vero bisogna sottolineare come gli sviluppatori abbiano voluto inserire un una serie di bonus che garantiscano dei vantaggi in combattimento nei confronti degli NPC di alto livello.



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7 gennaio 2016 alle 18:11