Unravel – Recensione
Negli ultimi anni, complice anche l'avvento di titoli indipendenti più o meno meritevoli di attenzione, i platform game hanno abbandonato la classica formula tridimensionale post Mario 64, per riabbracciare un concetto in 2D dal sapore antico, senza dimenticare ovviamente una certa dose di modernità ed innovazione. Una delle più note esponenti di questo nuovo modo di intendere i giochi a piattaforme è la serie di LittleBigPlanet targata Sony e Media Molecule, i cui protagonisti (meglio noti come Sackboy) hanno conquistato pubblico e critica grazie alla caratteristica vincente del “gioca, crea e condividi”, proponendo di fatto una sequela di titoli funzionali dal punto di vista artistico e stilistico, un po' meno però dal versante del puro gameplay (i livelli base, ovvero quelli non realizzati dai giocatori con l'editor, sono sempre stati infatti decisamente troppo semplici da portare a termine). Unravel si basa pressapoco sullo stesso concetto di fondo, ovvero quello di proporre un platform bidimensionale “vecchia scuola” improntato pesantemente sulla fisica degli oggetti e con un buffo protagonista da controllare, una creatura-gomitolo di nome Yarny. Se il titolo Electronic Arts sviluppato da Coldwood Interactive è destinato però a entrare nell'immaginario collettivo, ve lo spiego poche righe più in basso.
UN GOMITOLO PER AMICO
Come accennato poche righe più in alto, in Unravel saremo chiamati ad impersonare Yarni, un pupazzo nato da un gomitolo di lana rosso, il cui scopo principale sarà quello di ripercorrere tutta la vita di una donna ormai giunta serenamente alla vecchiaia, ricomponendo le foto ricordo di un suo vecchio album. Insomma, una metafora neanche troppo velata del “filo della vita” che lega tutti noi in maniera indissolubile agli eventi cardine del nostro vissuto, sia che si tratti di ricordi piacevoli oppure quelli più cupi e tristi, tra amore e sofferenza. Detta così, il titolo EA si propone come un'inedita visione della tematica della vita e della morte in chiave platform, e vi assicuro che il risultato finale riflette appieno questo semplice, quanto potente concetto: ogni livello, ogni suono, ogni personaggio che incontreremo, restituisce quella sensazione di nostalgica perseveranza che fa del proprio ciclo vitale una caratteristica unica per ognuno di noi, caratteristica che viene innalzata (se così possiamo dire) dalle dimensioni ridotte del protagonista alto una manciata di centimetri e dal fatto che ogni oggetto, dalla semplice panchina al ramo spezzato di un albero, apparirà come enorme e invalicabile ai nostri occhi. E la colonna sonora, da contorno quasi fosse un eco che risuona costantemente nella testa di Yarni, immerge ancor più in un contesto raramente visto in un prodotto del genere. E poco non è.
Una metafora neanche troppo velata del “filo della vita” che lega tutti noi in maniera indissolubile
E se a livello estetico e concettuale Unravel si dimostra quindi un progetto assolutamente affascinante, pad alla mano il titolo Coldwood Interactive pubblicato da Electronic Arts propone invece una giusta dose di azione platform alternata a marcati elementi puzzle ambientali. Ma è toccando questo tasto che purtroppo il gioco realizzato dal team svedese mostra il fianco alle critiche: le meccaniche si fondano quasi completamente sulla lana di cui è composto il piccolo protagonista cremisi. Grazie ad essa potremo infatti afferrare sporgenze, trascinare elementi dello scenario o addirittura creare dal nulla dei trampolini per saltare su piattaforme altresì irraggiungibili. Spesso e volentieri saremo chiamati a “ricaricarci” di lana grazie a dei punti utili anche come checkpoint, e la risoluzione degli enigmi (alcuni dei quali inutilmente frustranti) si basano spesso e volentieri sulla lana e sulla fisica degli oggetti, che sia spezzare un ramo da usare come ponte o superare una pozza d'acqua usando un foglio di carta o una foglia. L'acqua, difatti, sarà il nostro nemico numero uno, poiché in caso dovessimo accidentalmente entrare a contatto con essa il nostro Yarni morirà in una manciata di secondi. Lo scorrere dei livelli tra una piattaforma all'altra, appare quindi inutilmente rallentato, spesso e volentieri dalle numerosi morti del protagonista o a causa di un enigma particolarmente ostico. Nulla di proibitivo, sia chiaro, ma è anche vero che in un titolo spiccatamente old school avere un ritmo di gioco costantemente interrotto da decessi, spesso contro la nostra volontà, può apparire piuttosto fastidioso.
Però, come scritto poche righe più in alto, il vero punto di forza di Unravel è senza alcuna ombra di dubbio il comparto grafico ed estetico. Nonostante sia spesso (ed erroneamente) inquadrato come un titolo “indie”, il gioco EA trasuda stile e competenze di programmazione da ogni dove, con livelli stracolmi di dettagli, animazioni perfette e più in generale una palette dei colori volutamente smorta e poco accesa, al fine di restituire quella sensazione di malinconia costante che la fa da padrone per tutta la durata dell'avventura, fissa sulla decina di ore scarse. E fidatevi, raramente avrete giochi così ricercati e unici sotto questo aspetto. Peccato quindi che i ragazzi di Coldwood Interactive non abbiano snellito la formula ludica, magari semplificando maggiormente gli enigmi a favore di una certa fluidità d'azione. Così facendo avremo davvero avuto tra le mani un piccolo capolavoro, destinato a far parlare di se negli anni.
L'articolo Unravel – Recensione è estratto da GamesVillage.it.
