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Tharsis - recensione

Il tema della casualità nei videogiochi è, da sempre, uno dei più discussi e scottanti. Quanta ce ne dev'essere? Come dev'essere rappresentata? Quanto il giocatore dev'esserne cosciente? Una delle regole più importanti nel game design è che la presenza della casualità deve comunque essere sempre legata in qualche modo alle scelte del giocatore; punirlo o premiarlo in maniera arbitraria può essere frustrante e poco divertente.



Ma stante che la casualità è presente comunque, in qualche misura, nella maggior parte dei giochi, diventa fondamentale decidere come, e se, mostrarla al giocatore; e in quest'ambito abbiamo imparato a riconoscere il caso in una sorta di oggetto-feticcio che ben lo rappresenta: il dado.



Quante volte troviamo il dado mostrato in un videogioco? Pensateci... Molto poche. Il motivo risiede proprio in ciò che abbiamo detto. Mostrare i dadi (e i loro risultati) porta allo scoperto il meccanismo di gameplay che solitamente opera nelle retrovie (ed è invisibile). Renderlo visibile ha il vantaggio di coinvolgere il giocatore in ragionamenti e calcoli che possono essere interessanti, ma hanno anche lo svantaggio di mostrare chiaramente quanta parte del nostro destino sia in mano alla dea bendata.

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26 febbraio 2016 alle 10:40