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Mighty No. 9 – Recensione

Mega Man (Rockman in Giappone) è un personaggio che, a cavallo tra gli anni 80 e 90, è diventato un po' il simbolo di Captive Communication, nota ai più come Capcom, la casa che ha dato i natali a Street Fighter e moltissime altre serie di successo. Il piccolo personaggio blu è stato il protagonista di un centinaio di videogiochi, tra capitoli ufficiali, spin-off, cross-over e chi più ne ha più ne metta (basti pensare alle serie Zero, Legends o Battle Network), invadendo praticamente qualsiasi piattaforma da gioco, dagli 8 ai 128-bit. Senza considerare fumetti, serie animate e merchandising di vario genere. Successivamente, la stella del coraggioso Mega Man è andata pian piano spegnendosi, salvo qualche sporadica apparizione su console portatili, spesso in titoli di poco conto relegati solo ed esclusivamente al mercato giapponese. Ora, dopo una gestazione travagliata che ha visto il titolo slittare pericolosamente più e più volte, Mighty No. 9 si è finalmente mostrato in versione definitiva. Parliamo infatti di un gioco che riprende level design, ritmo e feeling dei primissimi capitoli della serie di Mega Man, divenendone a pieno titolo una sorta di erede spirituale. Un peso non indifferente da portare sulle piccole spalle blu del protagonista, non credete?



POW!
Ce ne accorgiamo subito, sin dal primissimo minuto di gioco: Mega Man rivive nella nuova creatura di Keiji Inafune ad opera di Inti Creates, finanziata tramite una campagna su Kickstarter. Il buffo personaggio principale è praticamente la reincarnazione del piccolo eroe Capcom, un figliastro identico in tutto e per tutto, a partire dal suo braccio bionico spara laser. Ed esattamente come i vecchi titoli, anche stavolta avremo a che fare con un action side-scrolling in 2D, simile in tutto e per tutto a quelli dell'epoca a 8 e 16-bit, capace di attirare a se gli amanti dei videogame old style, oltre ovviamente ai fan più irriducibili della serie Mega Man. Il protagonista, però, non è Rockman ma Beck, il nono di una serie di cyborg dalle fattezze umane (i Mighty, per l'appunto) corrotti da un potente virus informatico che li ha resi decisamente aggressivi e fuori di senno, tanto da mettere a repentaglio l'intera razza umana. Starà a noi, quindi, confrontarci coi nostri “fratelli” ponendo fine alla minaccia.



Il buffo personaggio principale è la reincarnazione del piccolo eroe Capcom
Mighty No. 9 parte quindi in maniera molto tradizionale, ma una volta preso il mano il joypad ci si rende subito conto che l'opera di Inafune è un titolo che, pur apparendo come un action canonico e piuttosto consueto, ha un'impostazione completamente diversa rispetto ai platform classici che siamo stati abituati a giocare tanti anni fa. Le basi del sistema di controllo sono le stesse di sempre: si corre da sinistra a destra (o viceversa), saltando ed eliminando i nemici robotici con i nostri colpi laser. Beck avrà però a disposizione ben otto diverse trasformazioni, capaci di modificare l'aspetto, le armi e più in generale le abilità del nostro personaggio: stordendo i nemici e colpendoli con uno scatto ravvicinato, potremo letteralmente prosciugarne l'energia, in modo così da ottenere abilità temporanee prese in prestito proprio dai nostri avversari, come la capacità di sparare missili oppure creare una sfera di fuoco difensiva attorno al personaggio. Il trucco sta nel colpire velocemente quanti più nemici possibili, prima che svaniscano. Il fulcro del gameplay è incentrato su questo semplice quanto funzionale sistema di combo: le varie scorribande negli stage diventeranno presto una vera e propria caccia al nemico, il quale andrà stordito e “prosciugato” in rapida successione. E se nella prima ora di gioco questo sistema risulta gradito e funzionale, alla lunga purtroppo farà sentire il peso della ripetitività, forse anche a causa di una certa frustrazione di fondo data da alcuni passaggi inutilmente complicati (preparatevi infatti a morire, e spesso anche, così come a ricominciare daccapo interi livelli).



Oltre a ciò, Mighty No. 9 scivola anche e soprattutto quando si parla di level design, visto che i (pochi) livelli di gioco si riducono spesso ad un andirivieni a caccia del boss di turno. Non che ciò sia propriamente una negatività (dopotutto, un gioco del genere è principalmente pensato per un'azione sparacchina senza troppe pretese), ma è anche vero che una struttura più ragionata e complessa degli schemi che andremo ad affrontare avrebbe aumentato e non di poco il piacere nel portare a termine l'avventura (come ad esempio accade nel glorioso Shovel Knight, altro titolo pesantemente ispirato ai vecchi action a scorrimento). Nota a margine: proprio come nei primi Mega Man, ogni livello è chiaramente incentrato su un boss specifico, affrontabile a piacimento in base ai nostri gusti e alla nostra abilità sul campo (e alcuni tra questi vi faranno realmente venire un forte mal di testa per essere sconfitti, potete scommetterci). Infine, a livello tecnico il lavoro di Inafune e soci è buono ma non straordinario: lo stile è sicuramente frizzante e colorato e i livelli ricchi di effetti di vario genere. Spiace solo che al comparto estetico sia stata data un'impronta alquanto anonima, tanto che molti giocatori non faticheranno a preferire lo stile più marcatamente nipponico della vecchia serie Zero.



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20 giugno 2016 alle 09:00