Starbound - recensione
Se Terraria rispecchiasse la scoperta del fuoco, Starbound simboleggerebbe l'invenzione del motore a scoppio. Se l'uno equivalesse all'energia prodotta dal vapore, l'altro eguaglierebbe i devastanti processi di fusione nucleare che avvengono nel nucleo delle stelle. Se il primo rappresentasse l'allunaggio dell'umanità, l'approdo della nostra specie sulla superficie del satellite, il secondo è a tutti gli effetti il futuro raggiungimento di Marte, la conquista del primo pianeta del Sistema Solare.
Del resto, per i ragazzi di Chucklefish Games è stato tutto relativamente semplice. Hanno pescato a piene mani da un concept già di per sé vincente, a sua volta estremamente debitore nei confronti di Minecraft, e hanno lasciato che fosse la nostra innata passione per i viaggi interplanetari a completare il quadro di un titolo spaziale in tutti i sensi possibili.
Starbound, diciamolo senza troppi giri di parole, è Terraria sparato nell'iperspazio, ben al di là del solo planetoide dalle tinte fantasy in cui si consumava, allungato e deformato sino ad abbracciare una galassia di sistemi pullulanti di soli e corpi celesti, che non aspettano altro che audaci avventurieri in cerca di fortuna e nuovi pericoli da affrontare spavaldamente.
