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Final Fantasy XII: the Zodiac Age – Hands-On Milan Games Week

Uno dei titoli forse più incompresi della storia del videogioco giapponese è sicuramente Final Fantasy XII, capitolo della leggendaria saga che si presentò al pubblico alla fine del ciclo vitale di PlayStation 2, a seguito di una genesi travagliata che lo vide passare da diverse mani che ne alterano portata ludica e focus narrativo, arrivando sul filo di lana sull'ammiraglia Sony con un pacchetto che rappresentava il punto più alto dello sviluppo tecnologico Square Enix, talmente avanti a livello concettuale e ambizioso nelle sue architetture da palesare a conti fatti i limiti di un hardware sui cui texture ad alta qualità e poligoni stridevano strizzati nelle grinfie delle 480 linee orizzontali, risultando in un complesso affascinante ma che avrebbe chiaramente giovato dall'output delle piattaforme che si apprestavano a giungere sul mercato.



Final Fantasy XII si identificò inoltre come titolo capace di separare l'utenza anche dal punto di vista del gameplay, pescando a piene mani da meccaniche dinamiche e in tempo reale riconducibili ai mmorpg, a cui si aggiungevano componenti automatizzate per la gestione del party. Si gridò alla violazione dell'onore della serie, alla bastardizzazione delle meccaniche originale, quando a conti fatti ci trovammo tra le mani quello che era l'episodio più coraggioso di un franchise che aveva già iniziato a perseguire l'opera di sperimentazione anche a livello commerciale, con prodotti dal target differente e spin off che provavano a soddisfare la domanda sempre crescente dei giocatori. Ad oltre dieci anni di distanza da allora, Final Fantasy XII si ripresenta in un contesto forse a lui più adatto, con una versione rimasterizzata chiamata The Zodiac Age carica di tutte le novità che vennero inserite nella consueta incarnazione “International” che seguì l'opera originale, che permetteva ai personaggi di intraprendere una carriera ben definita (strutturata dal Zodiac Job System) tra dodici disponibili e portarla avanti nel gioco padroneggiandola. Fin dai primi istanti della nostra prova è evidente come la cura nel restauro della cosmesi sia decisamente elevata, proponendo un'impatto visivo molto efficace e a tratti sorprendente, soprattutto quando si ripensa a sessioni gameplay intraprese sui primi monitor LCD che storpiavano la resa finale e rendevano il prodotto a tratti ingiocabile – o quantomeno non godibile come ci si aspettava.



È davvero difficile conrtenere l'entusiasmo in alcune situazioni
Ci troviamo di fronte ad una nuova scoperta della terra di Ivalice, in cui volti e corporature assumono una forma delineata, pulita e attualissima, al netto delle texture del volto forse ancora troppo legate al design originale ma comunque attualizzate in maniera piacevole. Grande enfasi è stata riposta nella calibrazione delle palette di colori, che si sposano armoniosamente con le nuove texture ricreate per l'alta definizione con colori caldi vibranti e freddi d'impatto. È davvero difficile contenere l'entusiasmo in alcune situazioni, soprattutto se si è vissuto l'opera nel 2006 sulla console natia e si è provato in più occasioni ad attualizzarla e riviverne l'esperienza sui monitor a 16:9 o con l'emulazione di PlayStation 3. Qualcosa ancora non convince appieno come la resa delle vegetazioni o la composizione delle geometrie che caratterizzano le strade da percorrere, ma si rientra comunque in casistiche legate all'impossibilità di rinnovare in toto un lavoro che alla sua prima realizzazione ha comportato un impegno mastodontico spalmato su di un numero consistente di anni. Quando poi si affronta l'argomento gameplay è interessante valutare come l'esplorazione da gioco in stile multiplayer online, con macro aree collegate da transizioni semplici e caricamenti, sia forse più calzante in questo periodo storico in cui le reinterpretazioni dell'ATB e di ciò che rappresenta il JRPG made in Square faticano a trasmettere le emozioni del tempo. Gli automatismi garantiti dal sistema di Gambit fecero storcere il naso al tempo, ma oggi si pongono in un contesto di pianificazione che agevola l'impegno a lungo termine del giocatore, soprattutto grazie all'inserimento di un'opzione per raddoppiare la velocità di gioco (introdotta nella versione International di cui sopra e qui ritrovata come tutte le altre aggiunte) al semplice tocco del tasto L1: ci ritroviamo dunque a scorrazzare per le ambientazioni azzerando i tempi morti, muovendoci da un nemico all'altro grazie al sistema di aggancio e di attacco automatico così da rendere meno tediosi i combattimenti con nemici inoffensivi e non essere costretti a interrompersi ogni due per tre.



Se la bellezza di un viaggio sta nel viverlo e non nell'arrivare a destinazione, è anche vero che tra i punti deboli di Final Fantasy XII vi era proprio la necessità di esplorare grandi aree prive di vita (se non di qualche mostro nemico) e di punti di interesse per raggiungere la città seguente. Questo semplice accorgimento, unito ad una maggiore consapevolezza dell'audience, può garantire a questo remaster con i fiocchi una collocazione migliore rispetto a tante rivisitazioni HD che a fatica riuscivano ad attualizzare l'idea originale. Grande valore alla produzione si viene aggiunto da tutti quegli elementi extra di cui i giocatori occidentali non hanno potuto godere, dal sistema di Job/classi alla possibilità di controllare i personaggi ospiti, così come gli Esper, passando per la modalità trial e il nuovo gioco + per arrivare a tutte quelle piccole aggiunte e ottimizzazioni del sistema che rendono Final Fantasy XII: The Zodiac Age un titolo davvero da tenere d'occhio per chi ha ancora una parte del proprio cuore che guarda al passato e che non schiva nel pregiudizio i gameplay atipici e controversi.



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14 ottobre 2016 alle 19:11