Owlboy - recensione
Quando sei uno sviluppatore indipendente e ottieni uno spazio all'interno di alcune importanti fiere di settore non puoi che essere orgoglioso del traguardo raggiunto. Poi ci sono le impressioni del pubblico, chi magari riesce a provare con mano l'opera su cui hai lavorato per settimane, mesi e anni. Vedi i sorrisi, ti rendi conto che ci sono altre persone che apprezzano ciò che tu apprezzi e che sembrano amare ciò che stai creando attraverso il duro lavoro e tanta passione.
Nel caso di D-Pad Studios e di Owlboy il successo non si è fermato al solo pubblico ma sono arrivati addirittura dei riconoscimenti di un certo rilievo all'Indipendent Game Festival del 2013 (nomination per eccellenza dal punto di vista artistico) e alla GDC Play 2015. La storia di questo progetto non è, tuttavia, tutta rose e fiori e l'impressione di trovarsi di fronte a un vaporware deve essere passata per la mente di parecchi utenti che nel corso degli anni hanno imparato a conoscere Owlboy.
In questo senso il gioco di cui vi parliamo oggi può essere considerato come una sorta di "The Last Guardian del mondo indie" e, esattamente come l'opera di Ueda (incrociamo le dita), c'è fortunatamente spazio per un lieto fine. Dopo otto anni di sviluppo l'epopea è finalmente giunta al termine e tutti gli appassionati di pixel-art o semplicemente del mondo indie possono finalmente tuffarsi a capofitto nelle avventure del giovane Otus, un piccolo grande eroe moderno.
