The Last Guardian - recensione
Per gli amanti dei videogiochi le ultime settimane sono state un sogno a occhi aperti. A distanza di una manciata di giorni sono arrivati due titoli rimasti in sviluppo per oltre dieci anni. Promesse di mondi fantastici e di avventure appassionanti, su cui ognuno di noi non vedeva l'ora di mettere le mani.
Dopo aver archiviato l'ottima esperienza vissuta con Final Fantasy XV, ci siamo immersi con timore nel sognante The Last Guardian, sperando di ricevere ancora una volta sensazioni positive che dessero un senso alla pazienza con cui abbiamo aspettato il completamento del progetto. Appena inserito il disco, le prime vibrazioni sono state calde e positive. L'atmosfera era quella di sempre. La delicata sensibilità di Fumito Ueda, il suo approccio narrativo e la sua capacità di creare mondi ciclopici, alieni e malinconici traspare appena si avvia il gioco.
Nei panni di un bambino di cui non conoscevamo nemmeno il nome, ci siamo trovati bloccati fra alcune antiche rovine in compagnia di Trico, una bestia mangia uomini ferita e visibilmente spaventata. Come da tradizione, Ueda ci lancia subito nel cuore dell'azione, lasciando a dei poco eleganti pop-up il compito di spiegare parte delle meccaniche di gioco.
