The Elder Scrolls: Legends - recensione
Se cinque anni fa fosse sbarcato un individuo stralunato da una DeLorean e mi avesse detto che nel futuro i giochi di carte collezionabili sarebbero diventati materiale da tripla A per il mondo dei videogiochi, la mia reazione sarebbe sicuramente stata all'impronta dello scetticismo. Ovviamente dall'intervento di Blizzard nel 2013 le cose sono cambiate e ora il panorama è costellato da numerosi titoli più o meno interessanti, a cui si va finalmente ad aggiungere in via ufficiale The Elder Scrolls: Legends.
Inutile girarci attorno, per cui lo diremo subito: Legends è di fatto un figlio diretto di Hearthstone, il gigantesco elefante nella stanza dei giochi free to play di carte collezionabili. I paralleli sono tantissimi e le meccaniche funzionano più o meno nello stesso modo, con creature da schierare che possono attaccare il bersaglio che preferiamo, la quasi impossibilità di agire durante il turno dell'avversario e così via. Le somiglianze sono così tante che il modo più efficace per descrivere questo TES:L è quello di spiegare in che cosa NON assomigli al gioco Blizzard.
Gli elementi che contraddistinguono Legends non sono molti ma servono a dargli un'identità precisa. La differenza principale sta nella presenza delle Zone, le sezioni in cui viene diviso il tavolo di gioco: nella maggior parte delle sfide infatti potremo schierare le nostre creature in due Zone differenti, dando vita a due campi di battaglia separati.
