Little Nightmares - recensione
Era l'E3 del 2005 e la generazione che avrebbe consacrato Microsoft come una potenza nel mondo console era alle porte, ma questo poco interessava a un piccolo studio svedese appena formatosi e pieno di entusiasmo per la possibilità di tentare il grande salto, di lanciare il gioco della vita, quello che aveva sempre sognato.
The City of Metronome fu uno dei protagonisti di quella edizione dell'evento losangelino, un gioco curioso e affascinante che incontrò il favore di una discreta schiera di appassionati e che sembrava avere le carte in regola per proporsi come la hit inaspettata dei primi anni di PlayStation 3. Ma si sa, spesso il potenziale non basta e investire in un team comparso pressoché dal nulla spaventò tutti i publisher dell'epoca. Tarsier Studios (ai tempi Team Tarsier) non si fece abbattere, ingoiò quel boccone amaro e riuscì a trovare la propria strada soprattutto grazie alla collaborazione con Sony e coi talentuosi papà di Little Big Planet, Media Molecule.
Essere dei creativi e non poter sfogare a pieno le proprie idee in un progetto davvero originale è, tuttavia, un cruccio impossibile da ignorare. Così nel 2014 venne annunciato l'interessante Hunger. Passano gli anni, un paio di teaser trailer e poi il nulla. Il sospetto di un altro caso The City of Metronome inizia a farsi strada fino a quando il progetto rispunta dal nulla come un multipiattaforma pubblicato da Bandai Namco.
