Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Machinarium – Recensione

Non c'è bisogno di troppe parole per raccontare una storia, se si parla di videogiochi o film. A volte bastano i gesti. E' il caso di Wall-E, ad esempio, ma anche quello di molti titoli (tra i pochi che ha realizzato) firmati Fumito Ueda. E' anche il caso di Machinarium, piccolo gioiello che è stato tra i primi a portare alla ribalta i cosiddetti indie.





Marrone e grigio



Dopo avere visto la luce su PC per la prima volta (pensate, nel lontano 2009), su mobile, su PlayStation 3 e Vita, la perla firmata Amanita Design è approdata anche sull'attuale console Sony, e abbiamo deciso di omaggiarla con una recensione, visto che questa mancava nel nostro archivio.



Machinarium è la storia di un piccolo robottino, pure un po' imbranato, esiliato dalla plumbea Machinarium, città nella quale dovrà rientrare per salvare la sua ragazza e la città stessa da alcuni brutti ceffi provenienti dalla confraternita del Black Cap. Come detto, tutto questo è dedotto dal giocatore senza che gli sia spiegato nulla, attraverso delle illustrazioni.



E' anche grazie a questo che gli sviluppatori sono riusciti a creare, soprassedendo sulla storia banalotta, un'atmosfera superba, che unisce il fragore (non percepito) di una città interamente formata da macchine, al silenzio eterno che si instaura tra gioco e giocatore, quasi una strada per immedesimarsi quanto più possibile nel nostro piccolo, ma grande eroe.



http://www.playstationbit.com/wp-content/uploads/2017/07/machinarium-003-600x338.jpg



Il gameplay di Machinarium è quanto di più classico ci possa essere per il genere dei punta e clicca; sostanzialmente andremo avanti a enigmi ambientali da risolvere, facendo affidamento sulle nostre capacità logiche (poche). Potremo contare anche sulla peculiarità del robottino, capace di alzarsi o appiattirsi, così da raggiungere oggetti altrimenti inaccessibili; non poteva mancare un inventario, grazie al quale potremo conservare oggetti e unirli tra loro. Insomma, niente di nuovo sul fronte dei punta e clicca, se non fosse che qualche volta saranno chiamati in causa i nostri riflessi attraverso simpatici minigiochi, che ben spezzano il ritmo di gioco.



A fronte di una solidità di gameplay notevole, la differenza sta tutta negli enigmi di gioco. Amanita Design, sotto questo profilo, convince appieno, e certamente questo è uno dei pregi che hanno consentito a Machinarium di conquistare una così larga popolarità. A differenza di The Inner World, per non andare troppo lontani, il gioco non risulta praticamente mai frustrante e allo stesso tempo metterà in moto la vostra materia grigia; un equilibrio perfetto che distingue il titolo mediocre dal capolavoro. Perché, diciamocelo, nel 2017, quando i videogiochi ormai sono sulla bocca (e sotto i polpastrelli) di tutti, non ha senso fare ammattire il giocatore con richieste improbabili, a meno che non sia quest'ultimo a volerlo.



Consci di questo fatto, gli sviluppatori hanno inserito nel proprio titolo due gradi diversi di aiuto possibile. Il primo è una sorta di intuizione, grazie alla quale attraverso un'illustrazione ci verrà suggerito cosa fare per procedere; il secondo livello è più estremo, nel senso che, previo completamento di un minigioco, avremo accesso a un libro in cui saranno disegnati, passo dopo passo, gli step che dovremo realizzare per procedere.



Continua la lettura su www.playstationbit.com

3 agosto 2017 alle 15:01

Condiviso da popcornking.Piace a 2 persone