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Tacoma - recensione

Più diretto e meno personale, Tacoma segue inevitabilmente il fil rouge che Gone Home, pubblicato nel 2013, aveva tessuto con merito, proponendo questa volta una storia corale. Una stazione spaziale orbita lontana dalla Terra e racchiude le vicende di sei membri dell'equipaggio e di una intelligenza artificiale, che abbiamo il compito di recuperare. A noi il compito di capire cosa ne è stato dell'equipaggio.



Un motivo come un altro per scoprire le storie personali delle persone che hanno vissuto lì per mesi, delle loro aspettative, dei loro amori e dei loro obiettivi di vita. Il confronto diretto con Gone Home è inevitabile e purtroppo Tacoma non riesce a soddisfare completamente le aspettative che aveva creato dopo il risultato del precedente lavoro di Steve Gaynor e Fullbright.



Il perché è presto detto: l'empatia che si crea con i personaggi è minima. Forse è colpa della difficoltà di creare sei storie intriganti o forse della necessità di compattare il tutto in un prodotto fruibile in meno di quattro ore di gioco (anche meno se si è sbrigativi), tempo che lascia poco spazio all'approfondimento di sei persone distinte e di cosa sia successo nell'arco di tre giorni. Il risultato è comunque di buona qualità: la storia si lascia seguire fino alla fine ed è capace di soddisfare le aspettative di chi, nei walking simulator, cerca un risvolto emotivo.

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4 agosto 2017 alle 17:20