Tooth and Tail - recensione
Uno dei piaceri che la passione per i videogiochi regala ai propri adepti è costituito dall'incontrare team di sviluppo come i Pocketwatch Games, i creatori di Tooth and Tail e del pluripremiato Monaco. La ragione è semplice: la passione che trasuda dai loro prodotti rappresenta il miglior biglietto da visita per l'intera scena indie perché si accompagna a una visione chiara e a una cura maniacale dei dettagli. Monaco, veloce simulatore di rapine in stile Pac Man, riusciva con una manciata di pixel e una colonna sonora stratosferica a regalare ore di divertimento grazie a un gameplay immediato e a uno stile grafico scanzonato. Tooth and Tail, ora, è un progetto totalmente diverso, ma è chiaro fin da subito che la strada percorsa dal piccolo team californiano sia molto simile.
L'obiettivo di Tooth and Tail è di offrire ai giocatori un'esperienza RTS ridotta all'osso, di immediata comprensione che generi partite brevi ma intense conservando una certa profondità strategica e che, in ultima analisi, porti il gioco ad essere apprezzato soprattutto per la sua modalità multiplayer. Il tutto impacchettato in una veste grafica e acustica di prim'ordine con un tema animalesco che sia originale e accattivante. Ci sono riusciti? Forse. Come? Vediamolo.
La formula classica degli RTS viene abbastanza stravolta. Le fazioni sono ora mere etichette tematiche legate alla storia della modalità singolo, non hanno unità specifiche ma servono più che altro a distinguere, grazie a colorazione e leader, un giocatore dall'altro. Per ogni partita i giocatori scelgono, oltre alla fazione, sei unità dal roster generale che ne contiene venti: ogni unità ha punteggi diversi per difesa, attacco, raggio e visibilità, oltra ad abilità speciali.
