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Metal Gear Survive - recensione

Sin dal suo primo annuncio, non si può certo dire che Metal Gear Survive abbia avuto vita facile. Il primo capitolo della serie dopo Kojima ha da subito conquistato il disprezzo dei fan più accaniti della saga, in parte per il voler continuare senza il suo ideatore, in parte per il volersi proporre come un survival, genere abbastanza differente da quello originale. Il titolo di Konami però qualcosa da dire ce l'ha, e nonostante il pensiero molto comune tra il pubblico, riesce a non essere solo una mossa commerciale.



Metal Gear Survive deve essere visto per quello che è, ossia un semplice spin off ambientato nell'universo della serie che non si propone in alcun modo di continuare o arricchire la storia pensata da Kojima. Non si presenta come un Metal Gear Solid 6, per intenderci, ed è proprio questo lo spirito con cui scriviamo questa recensione e con cui verrà valutato alla fine di essa.



Tutto ha inizio nel 1975, durante l'attacco contro Big Boss alla Mother Base, l'ormai celebre piattaforma marittima e sua base delle operazioni. Come ormai ben sappiamo l'attacco ha la meglio, e Big Boss si trova costretto a scappare insieme a Miller e a pochi altri superstiti. Poco dopo la sua fuga, però, si apre nel cielo un grosso wormhole che risucchia al suo interno tutto quello che trova. La scena si concentra su due soldati in particolare, noi, e un nostro compagno, Seth. Sfortunatamente non riusciamo a salvarlo e Seth viene risucchiato nel portale mentre noi cadiamo a terra perdendo i sensi e venendo dati per morti.

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28 febbraio 2018 alle 10:40