Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

The Count Lucanor – Recensione

“Di alcune realtà puoi fidarti, ma da certe fantasie devi star lontano”.
El Conde Lucanor



Cominciamo l'articolo con una citazione dall'opera principale del XIV secolo della letteratura spagnola, un libro racconti morali scritto tra il 1330 e il 1335 da don Juan Manuel, da cui i ragazzi di Baroque Decay hanno preso ispirazione, anche per il titolo.



http://www.playstationbit.com/wp-content/uploads/2018/02/Lucanor-600x340.png



Sono un uomo, all'avventura!



Il gioco si apre con Hans, protagonista della nostra avventura, che, dopo un battibecco con la madre per non aver ricevuto nessun regalo raggiunti i dieci anni d'età, deciderà di andar via di casa in cerca di avventura. La madre non si opporrà e, anzi, consegnerà al figlio poche monete, un bastone da viaggio e un pezzo di pane (la prassi, insomma NdD).



Sembra l'inizio di un Pokémon qualsiasi, girovagando per prati fioriti, facendo amicizia con tutti e raccogliendo mele dagli alberi, ma ben presto le cose cambieranno. Precisamente quando diverrà buio. Al calar della notte, il giovane protagonista si risveglierà in un mondo non si sa se reale o immaginario, in cui vivono spiriti maligni, caproni violenti e asini che espellono monete d'oro dal deretano.



Insomma, un delirio totale. A rendere il tutto più normale ci penserà un coboldo blu, il quale proporrà una sfida al ragazzo: egli potrà infatti far propria l'eredità del conte Lucanor, e di conseguenza diventare infinitamente ricco, se indovinerà il nome della mitologica creatura.



http://www.playstationbit.com/wp-content/uploads/2018/02/Conte-Lucanor-600x403.png



Un horror vecchio stile



L'obiettivo della nostra avventura sarà quindi trovare indizi che ci consentano di capire il nome del coboldo. Gironzoleremo per la mansione del conte, dovendo risolvere enigmi e incontrando NPC tanto amichevoli quanto subdoli. Avremo solo poche opportunità per salvare la partita, poiché un salvataggio ci costerà soldi, indispensabili per ottenere indizi. Si tratta quindi di una risorsa da gestire bene.



Per completare il gioco sono necessarie fra le tre e le cinque ore, quindi il numero di salvataggi limitato non dovrebbe essere un problema; potrebbe rivelarsi tale per quei videogiocatori che trattano PlayStation Vita come una console da gabinetto o da viaggio in autobus. E' anche vero che questo titolo non si presta a tali situazioni e che la modalità stand-by a basso consumo vi permetterà di attendere anche per lungo tempo. A voi la scelta se giocarlo su console fissa o portatile.



The Count Lucanor non si tratta di un'avventura con qualche mostriciattolo, ma di un vero e proprio horror, che riesce per lunghi tratti a trasmettere ansia, soprattutto per mezzo del comparto sonoro e della gestione delle candele (altra risorsa fondamentale). Ma anche per la già citata impossibilità di salvare a proprio piacimento; se si muore, si perde del tempo di gioco non indifferente. E quanta diavolo di paura fa il ciambellano!



http://www.playstationbit.com/wp-content/uploads/2018/02/Conte-Lucanor-2-600x370.jpg



Pixel art a vagonate



Abbiamo parlato di come il comparto sonoro sia più che adeguato al genere, ma la grafica? Come spesso accade per i titoli indipendenti, si abbraccia lo stile della pixel art, probabilmente anche per motivi economici, che può regalare gioie enormi (basti pensare a 2Dark, per rimanere in tema horror) come delusioni implacabili, e qui gli esempi sono molteplici.



In questo caso la grafica riesce a non essere assolutamente d'intralcio a ciò che il gioco vuole trasmettere e, anzi, in certi frangenti è proprio questo pixel estremo a generare inquietudine (in senso buono). Inoltre va spezzata una lancia in favore degli sviluppatori dei modelli degli esseri viventi perché, nonostante i limiti tecnici imposti, riescono a essere molto espressivi nei movimenti (caproni a parte).



Aspetto pesantemente negativo è invece la mobilità. Essendo un gioco con visuale dall'alto leggermente inclinata, e che quindi trasmette profondità, la mobilità in pixel art mischiata all'eccessiva lentezza di manovra del buon Hans diventa alle volte stressante. Tutto sarebbe stato più semplice in un 2D a scorrimento, ma si sarebbe persa la fase di esplorazione più che valida che questo videogioco ha da offrire. Gli sviluppatori hanno puntato su altri aspetti, scelta non del tutto sbagliata, a nostro avviso.



Continua la lettura su www.playstationbit.com

26 marzo 2018 alle 20:10

Condiviso da popcornking.Piace a 2 persone