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Into the Breach - recensione

Faster Than Light è una delle storie di successo più clamorose e interessanti nel settore dei videogiochi degli ultimi anni. Uscito con pochissimi fari puntati addosso, e provvisto di ben poche ambizioni, il primo gioco di Justin Ma è diventato una case history di successo indie con milioni di copie vendute e un'attenzione mediatica senza precedenti per un titolo così lontano dalle logiche AAA. Sono tre milioni le copie vendute dalla fine del 2012 e ancora oggi Youtube e Twitch offrono nuove run, let's play e serie di FTL.



Per queste ragioni il nuovo gioco dei Subset Games (Justin Ma e Matthew Davis) era decisamente molto atteso anche se, anche in questo caso, come in FTL, le ambizioni del team sono subito sembrate limitate, quasi a non voler fare il passo più lungo della gamba e rimanere su un territorio conosciuto. Così Into the Breach segue un progetto simile a quello di FTL, perlomeno per quanto riguarda le proporzioni e le linee guida generali. Tuttavia il genere è cambiato: questa volta si tratta di uno strategico a scala molto ridotta in cui ci troviamo a controllare tre mech su una mappa divisa in 64 quadranti (8x8) e affrontiamo una specie aliena mostruosa impegnata nell'ennesima storia di annichilimento dell'umanità.



Il gameplay è basato sulle diverse abilità dei vostri e mech e su quelle dei nemici, oltre che sulla peculiarità delle mappe e di alcune condizioni speciali che si palesano in alcune missioni. A livello strategico, invece, le missioni sono raggruppate in quattro isole diverse (che ovviamente scalano di difficoltà) e seguono un (lieve) filo narrativo oltre che a offrire al giocatore scelte di upgrade sotto diversi punti di vista.

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30 marzo 2018 alle 17:10