The Swords of Ditto - recensione
Ne parlano quasi tutti come del The Legend of Zelda che incontra il mondo indie. In certi casi alcuni colleghi della stampa internazionale hanno anche deciso di coniare dei termini completamente inediti e spesso anche piuttosto originali. Un esempio lampante? RogueLink, una etichetta creata al fine di descrivere con facilità e semplicità l'opera che onebitbeyond ha lanciato sul mercato grazie anche al supporto dell'attivissima e prolifica Devolver Digital, vero e proprio colosso nell'ambito indie.
Un colosso che da sempre guarda con particolare interesse a quei giochi che sfoggiano una ricercatezza artistica e uno stile fuori dal comune. Basta un'occhiata distratta per capire che The Swords of Ditto è un titolo praticamente perfetto per Devolver. Ogni schermata di questo roguelike con visuale dall'alto sembra essere uscita da un bellissimo e imperdibile cartone animato e anche la colonna sonora si rivela un evidente punto di forza per un mondo di gioco che probabilmente meriterebbe davvero una serie animata dedicata. Grafica e audio trasudano stile e convincono su tutta la linea anche grazie a personaggi strambi e decisamente fuori dal comune in grado di garantire una evidente marcia in più che nello spietato ed estremamente competitivo panorama indie fa sempre comodo.
Uno Zelda in miniatura però ha davvero bisogno di questi "mezzucci" per ritagliarsi il proprio spazio? Ma soprattutto, il paragone con lo storico franchise Nintendo ha davvero senso? Ni: i punti in comune con le avventure old school di Link effettivamente ci sono tra combo spada/arco e vari gadget utilizzabili sia in combattimento che per risolvere puzzle ed enigmi ambientali all'interno dei vari dungeon che popolano l'isola di Ditto. Tuttavia onebitbeyond ha creato quello che è in tutto e per tutto un esponente del genere roguelike e in particolare un membro del sottogruppo dei roguelite. In questo aspetto trama e gameplay sono strettamente collegati.
