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State of Decay 2 - recensione

Letteratura, cinema, televisione e videogiochi negli ultimi decenni hanno costruito attorno alla figura dello zombie un vero e proprio immaginario che tutti noi, bene o male, condividiamo. Appena sentiamo il termine non abbiamo bisogno di ulteriori stimoli, possiamo immediatamente chiudere gli occhi e raffigurare davanti a noi le strade di una città in rovina, le vetrine in frantumi dei negozi, i rottami delle automobili che ingombrano la carreggiata. Una coltre di fumo nero e soffocante s'innalza all'orizzonte, fino a coprire i pochi raggi di un sole che non scalda più. E l'orda che, stupida, disordinata, letale, avanza verso di noi, le braccia tese verso le nostre carni.



Le premesse di State of Decay 2 non sono certo originali, ma oseremmo quasi dire che il senso di familiarità, di già visto, rende ancora più affascinante il gioco sviluppato da Undead Labs. In due parole, si tratta di un survival ambientato in un open-world post apocalittico. Un mondo in cui popolazione è stata decimata dalla più classica delle epidemie zombie, e i pochi superstiti si devono organizzare in piccole comunità per sopravvivere.



Quante volte guardando un film sugli zombie ci siamo chiesti come agiremmo noi nei panni dei protagonisti. Cosa faremmo in una situazione simile? State of Decay non fa altro che mettere il giocatore a proprio "disagio" in un mondo di fantasia che abbiamo visitato più e più volte, dandogli gli strumenti per sopravvivere alla propria personale apocalisse, per mettere in atto i propri piani di fuga.

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17 maggio 2018 alle 09:10