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E3 2018: Metro Exodus - prova

Non è difficile capire perché la serie di Metro sia riuscita, nonostante le vendite non stellari, ad entrare nel cuore di milioni di videogiocatori. Si trattava di sparatutto in prima persona molto originali, estremamente narrativi che si facevano forza di un affascinante universo distopico. Oltre che erano entrambi giochi tecnicamente incredibili per l'epoca.



La serie parla di Artyom, un giovane che ha dovuto farsi strada attraverso i cunicoli della metropolitana moscovita, facendosi largo tra rigurgiti nazisti e comunisti, oltre che ad amenità nuove di pacca come mutanti e esseri abominevoli di vario genere. Attraverso una struttura piuttosto pilotata, ma che ha consentito agli sviluppatori di governare il ritmo della narrazione, 4A Games ha raccontato il viaggio del protagonista. Il racconto, però, non è raccontato solo attraverso le parole e i dialoghi, ma lo fa principalmente grazie alle immagini, all'incessante susseguirsi di luoghi affascinanti. Ogni stazione di Mosca è un microcosmo da scoprire, con segreti da scovare, dialoghi da rubare. In questo modo i Metro sono quasi più dei racconti interattivi che degli sparatutto in prima persona, nonostante in questi giochi si spari e tanto. Quello di Artyom è un viaggio che non solo gli ha fatto percorrere la metropolitana di Mosca, ma lo a fatto crescere interiormente.



Da giovane ragazzo sognatore, Artyom si è trasformato in un guerriero duro e determinato a salvare coloro che ama. E a scoprire chi ha portato il mondo alla rovina e cosa si nasconde al di fuori dei confini della capitale russa. Per questo motivo decide di abbandonare la sua "comoda" vita moscovita per mettersi alla ricerca del governo russo, improvvisamente ricomparso sulla scena. A bordo di una locomotiva chiamata Aurora Aryom e un nutrito gruppo di ranger si mette in viaggio per raggiungerli e porli una semplice domanda: "dove diavolo siete stati in tutti questi anni?".

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12 giugno 2018 alle 20:40