Illusion: A Tale of the Mind – Recensione
“La realtà esiste nella mente umana e non altrove”.
George Orwell
La mente è uno strumento complesso, tanto che nel corso dei secoli è stata oggetto di studi e soprattutto di numerosissime interpretazioni artistiche. Frima Studio ci fornisce, grazie a Illusion: A Tale of the Mind, la sua personale visione videloudica di ciò che ognuno di noi ha nella sua testa.

In trappola
Illusion: A Tale of the Mind ci porta nella Parigi del 1920, dove una ragazza di nome Emma si ritrova incatenata in un ambiente oscuro e all'apparenza ostile. A salvarla dalla prigionia ci pensa però Topsy, il suo fido coniglietto di pezza, che accompagnerà la ragazza come una sorta di spirito guida in un viaggio che si rivelerà ben diverso da quello che ci si potrebbe aspettare. Emma infatti scoprirà ben presto che tutto quello che sta vivendo con il suo stravagante compagno è un'illusione generata dai ricordi di un forzuto uomo, un fenomeno da circo diviso tra un amore burrascoso, la violenza della Prima Guerra Mondiale e un misterioso ipnotizzatore che sembra averlo circuito.
Lo stile grafico e l'ambientazione si ispirano liberamente ai romanzi di Lewis Carrol e alle opere di Tim Burton, con elementi fiabeschi come caroselli, tendoni e alberi di lecca-lecca che si alterneranno a zone di guerra, trincee ed esplosioni. In tutto questo dovremo cercare di ricostruire il passato dell'uomo e salvarlo da un destino crudele. L'incipit di Illusion fa decisamente ben sperare, accompagnato da una partenza lanciata e da un comparto audio che mostrerà fin da subito i muscoli, accompagnando in maniera molto accurata il viaggio negli onirici scenari ideati dai ragazzi di Frima Studio.

Cosa sto facendo?
Illusion: A Tale of the Mind è un titolo decisamente astratto che fin dalle prime battute metterà in chiaro come spesso ci troveremo di fronte a situazioni surreali e fuori dagli schemi. Il gameplay, di contro, è molto più lineare di quanto ci si potrebbe aspettare e vanterà un'alternanza di puzzle di varia natura e di sezioni platform nelle quali dovremo controllare Emma e Topsy cercando talvolta di schivare attacchi di una misteriosa melma nera, talvolta passare al contrattacco per cercare di sconfiggere il nostro nemico.
I comandi saranno molto semplici, dato che la visuale isometrica sarà quasi sempre a camera fissa e non verranno usati tasti del DualShock, eccezion fatta che per quello di interazione con oggetti ed eventualmente piattaforme presenti nelle sezioni di gioco. Nonostante la presenza di elementi platform, quindi, niente comandi per saltare o per scattare, fattore questo da non trascurare e che approfondiremo più in là nella recensione.
Il ruolo da protagonista sarà comunque svolto da una serie di intriganti puzzle che ci chiederanno di muovere la visuale per comporre delle figure, ruotare dischi per ottenere dei disegni o manipolare il surreale mondo di gioco per scoprire dei percorsi per proseguire la nostra avventura. Tutto molto bello nelle prime fasi di esplorazione, salvo poi accorgersi che il team di sviluppo ha deciso di riutilizzare più e più volte le stesse tipologie di enigma nel corso dell'avventura, il che genererà una sensazione di ripetitività in tutto ciò che faremo. Vedendo una parete azzurra capiremo subito che ci saranno dischi da ruotare, mentre il ritrovamento di frammenti di specchio lascerà presagire che a breve dovremo cimentarci nell'assemblaggio di una sorta di puzzle, togliendo in parte quel senso di meraviglia e scoperta che un gioco di questo tipo dovrebbe avere.

