NORTH – Recensione
Negli ultimi anni le case indipendenti hanno realizzato che, per dar vita a una buona idea, basti avere carta e penna, non necessariamente un grande capitale a cui attingere. Il gameplay unico, che fa del poco budget un'ispirazione, e la storia dalla profonda morale sono gli elementi base di ogni videogioco indie che si rispetti. Senza giri di parole, tuttavia, questo non è il caso di NORTH. Vediamo perché.

Non proprio il re del Nord
In NORTH controlleremo un individuo anonimo intento a trovare asilo in una città distorta, abitata da strani esseri dalla inesistente etica morale e dai dubbi costumi. Il nostro protagonista si ritroverà a seguire un modello di vita alieno per far sì che venga accettato dalla strana comunità, svolgendo lavori forzati in miniera sotto l'obbligo dei piani alti o addirittura convertirsi alla loro religione senza poter esercitare libertà di pensiero, come se il tutto fosse un lavaggio del cervello.
Durante lo svolgere delle mansioni imposte, l'individuo scriverà delle lettere a sua sorella per spiegarle le atrocità a cui è costretto a prender parte. Imbucare le lettere alla cassetta sarà l'unico vero spunto di trama, in quanto non esistono dialoghi né vere e proprie spiegazioni. NORTH tratta il tema delicato dell'immigrazione, tematica attuale anche nel nostro Paese, ma lo fa in modo distopico; invece che soffermarsi sull'inferno vissuto dal protagonista, il gioco sfoggia elementi paranormali e psichedelici che prendono il sopravvento e lasciano un messaggio non del tutto chiaro, complice anche il deludente finale.

Tutto d'un fiato!
La prima schermata che appare è un disclaimer; esso spiega che non c'è alcun menù principale né ci saranno salvataggi. Il titolo è fatto per essere giocato in un'unica sessione (che dura all'incirca un'ora), e saremo invitati ad avviarlo solo se avremo abbastanza tempo da dedicargli. NORTH si rivela essere un walking simulator in prima persona. Nessuna azione effettiva da compiere, solo interagire con le porte, con la cassetta delle lettere e con gli NPC. Verremo da subito catapultati in un'avventura horror non proprio spaventosa, quanto piuttosto inquietante. Nessun jumpscare o situazioni spaventose; il gioco si limita a cercare di trasmettere irrequietezza, senso di ansia e smarrimento grazie all'ambiente che circonda il giocatore, anche se diviso in sole tre sezioni una più piccola dell'altra. Segnaliamo, oltre alla sciagurata classificazione del PEGI, un paio di lunghe scene da crisi epilettiche (che partono di punto in bianco, tra l'altro) impossibili da saltare, avvertenza che manca nel disclaimer: se soffrite di epilessia, evitate l'acquisto.
Per alimentare il senso di spaesamento, non ci verrà quasi mai spiegato il nostro prossimo obiettivo. L'unico modo per scoprire come affrontare i puzzle, se così si possono definire, è tornare macchinosamente indietro (scelta discutibile a livello narrativo) dopo aver visto l'enigma in questione e metterci in cerca di una cassetta della posta per imbucare una lettera indirizzata a nostra sorella, nella quale saranno scritti i pensieri del protagonista che fungeranno da consiglio, lettera che non potremo mai più leggere una volta inviata.

