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The Lost Child – Recensione

Dopo un po' di attesa per la sua uscita sulle nostre console, abbiamo avuto piacere di provare The Lost Child, diretto spin-off di El Shaddai: Ascension of the Metatron uscito originalmente su PlayStation 3 nel 2011. Invece di trovarci davanti un RPG come il precedente capitolo, Takeyasu Sawaki e Kadokawa Games hanno deciso, con questo nuovo capitolo, di passare al genere Dungeon Crawler, genere che pian piano sta prendendo piede anche in occidente.
Funzionerà la nuova meccanica di gioco? Scopritelo insieme a noi nella nostra recensione!



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The Lost Child (PS4)



  • Personalizza il tuo party: cattura miti e leggende e modificale a tuo piacimento
  • Naviga i livelli della realtà ed evita i pericoli: mettiti alla prova, ti aspettano 99 piani di pericoli mortali!

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The Lost Child, la recensione!



The Lost Child ci metterà nei panni di Hayato Ibuki, un giornalista dell'occulto giapponese che si occupa principalmente di omicidi avvuti nel paese del Sol Levante. Improvvisamente, durante una delle sue indagini, Hayato viene a sapere da una ragazza, che si rivelerà essere un angelo, che lui è il prescelto da Dio per riportare la pace nel suo Paese.
Questo è l'input con cui inizieremo l'avventura. Dopo averci salvato la vita da morte certa, la ragazza-angelo ci consegnerà la nostra arma principale, la Gun Garmour, che ci servirà durante il gioco per catturare i vari angeli caduti, gli “Astrals” nel gioco, non visibili all'occhio umano.
Il tutto si svolge per una longevità a dir poco ottima: per portare a termine il titolo vi serviranno infatti anche più di 40 ore di gioco, che possono tranquillamente aumentare completando i vari dungeon segreti.



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Come anticipato ad inizio recensione, The Lost Child si presenta a tutti gli effetti come un Dungeon Crawler in grado di avvicinare anche chi non è fan di questo genere, grazie anche alla possibilità di cambiare in qualsiasi momento la difficoltà di gioco, per non rendere frustante il titolo ai meno esperti.
Il gameplay risulta essere molto semplice ed intuitivo: lo scopo di Hayato sarà quello di esplorare i diversi piani dei dungeon che sbloccheremo man mano andando avanti nella trama, fino a raggiungere l'ultimo piano per poi vedercela con il boss di turno.
Ovviamente durante l'esplorazione ci capiterà moltissime volte di incontrare numerosi “Astral”, ed è qui che entra in gioco uno degli aspetti principali del titolo. Durante il combattimento potremo usare la nostra Gun Garmour per catturare i nemici e farli diventare a tutti gli effetti membri del nostro party. Quest'ultimo potrà essere composto solamente da tre Astral per volta, che vanno ad aggiungersi ad Hayato e dalla nostra ragazza angelo. Inoltre, mettendo in pausa il gioco, è possibile far salire di livello i nostri Angeli grazie al mana accumulato durante i combattimenti.
L'esperienza in combattimento è accattivante e ben strutturata, grazie anche ad una gestione del team ben studiata e che non risulta essere mai macchinosa.
Gli enigmi ambientali possono invece farci passare alcuni attimi di frustrazione, secondo me mal pensati e mal inseriti all'interno dei dungeon. Durante il nostro provato è capitato più volte di girare intorno ad alcune zone per cercare di risolvere i diversi enigmi e la cosa, a lungo andare, ci ha annoiato in alcuni frangenti.
Detto questo non possiamo però non riconoscere che Kadokawa Games ha gettato le prime basi solide per un cambiamento nel gameplay di questa saga, offrendo un'esperienza godibile sotto molti aspetti ma che va migliorata per cercare di raggiungere un livello tale da poter competere con i big del genere Dungeon Crawler.



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Passando ora ad uno degli aspetti più importanti di questo genere, ossia l'esplorazione, posso tranquillamente affermare di aver apprezzato queste fasi ambientate nei dungeon sparpagliati per tutto il Giappone, ricchi di segreti e vari tesori da scoprire. Inoltre, proprio come in ogni buon Dungeon Crawler che si rispetti, non mancano le numerose shortcut o percorsi secondari per arrivare fino all'ultimo piano.
Ogni dugeon è costruito su 3, massimo 4, piani in cui è molto facile perdersi o rimanere spaesati se non si sa dove andare, complice ovviamente la grandezza delle mappe. Inoltre le varie ambientazioni proposte sono piuttosto ripetitive in termini di level design, ed infatti ogni volta che saliremo di piano l'ambiente intorno a noi non cambierà mai, salvo alcuni luoghi in cui noteremo qualche lieve differenza.



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The Lost Child approda sulle console di attuale generazione con una risoluzione 1080p e 30fps per la versione ormai “base” di PlayStation 4 e anche per i possessori di una Pro.
Anche se il motore grafico utilizzato da Kadokawa Games non fa miracoli e come vi abbiamo detto poco sopra il level design poteva essere curato maggiormente, il titolo riesce comunque nel suo piccolo a regalare una piacevole visione per tutto ciò che viene visualizzato a schermo, in particolar modo per i personaggi ed i nemici, sia durante le cutscene che nelle fasi di gioco.
Ben curato il doppiaggio, ben sincronizzato, sia in lingua inglese che in lingua originale.
Il comparto audio cala però se si prende in considerazione anche la colonna sonora, composta da pochissime tracce che non riescono a coinvolgere il giocatore.




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31 luglio 2018 alle 14:01

Condiviso da Toni e un altro.