Phantom Doctrine - recensione
Phantom Doctrine è un titolo molto atteso dalla comunità degli appassionati di giochi tattici. Accanto al nuovo lavoro di Julian Gollop, Phoenix Point, si tratta di uno di quei giochi che gli appassionati del genere tengono sott'occhio per mesi (se non per anni) e che, quando la release si avvicina, sono capaci di generare un notevole entusiasmo.
I Creative Forge ci avevano già provato con Hard West, mescolando il tema western con quello horror in un gioco tattico molto interessante e coinvolgente ma decisamente carente a livello strategico. Se la parte tattica filava meravigliosamente per quaranta missioni tematicamente e ludicamente ottime, la parte strategica era invece a dir poco arida e messa insieme alla bell'è meglio giusto per supportare il resto del gioco.
Alla luce di questi precedenti, attendevo Phantom Doctrine con un un entusiasmo misto ad ansietta, visto che il tema scelto (spy story in epoca di guerra fredda USA-URSS) è estremamente affascinante (nonché ricco di potenzialità), ma il rischio di voler mettere troppa carne al fuoco mi è sembrato subito evidente. Missioni tattiche basate su stealth e/o combattimenti, gestione della propria agenzia segreta, trama profonda e ricca, multiplayer... ce n'era abbastanza per avere più di una riserva. Ciò nonostante, appena arrivato il codice ci siamo messi al lavoro con un entusiasmo non comune. Il risultato lo leggete qui di seguito.
