InnerSpace – Recensione
“Spazio, ultima frontiera: questi sono i viaggi della nave stellare del Cartografo. La sua missione è quella di esplorare strani, nuovi mondi, alla ricerca di nuove reliquie degli Antichi e delle passate civiltà, per arrivare là, dove nessun drone è mai giunto prima”.
In una realtà nella quale il pianeta ha subito un processo involutivo abnorme, tale che le terre emerse si sono rimescolate con gli oceani sino a formare un coacervo di elementi naturali, là, nel labile confine fra mare, cielo e terra ormai indistinguibile si libra in aria un colibrì meccanizzato, un drone mosso dalla volontà di esplorare, scoprire di più sul passato, sugli Antichi e sulla loro estinzione. Egli non può fermarsi, così vola fra cerchi di luce e ombre, fra grotte e negli abissi marini, alla ricerca di risposte.
Sospeso fra una simulazione di volo, un walking simulator e un'avventura onirica, InnerSpace era un progetto scolastico che attraverso una campagna su Kickstarter ha ricevuto i fondi necessari per terminare il processo di sviluppo. Il titolo indipendente plasmato dai ragazzi di PolyKnight Games nasce con lo scopo di ipnotizzare il giocatore e trascinarlo lungo una storia che tenta di ricostruire un passato immaginario ormai perduto, una storia della durata di un battito d'ali da vivere tutta d'un fiato.

Un passato trascinato via dal vento
C'erano una volta gli Antichi, una popolazione altamente sviluppata in ogni campo del sapere tale da riuscire a racchiudere il grande potere dei venti e incanalarlo in futuristiche strutture. Essi prosperarono e crearono varchi per collegare fra loro le varie parti dell'universo. Accadde però qualcosa: un gruppo di personaggi ostili intervenne per creare scompiglio, causando a lungo andare l'estinzione degli Antichi. Nulla si sa su questi semidei, né quale fosse il loro movente; i resti, le reliquie e tutto l'universo restano testimonianze silenti di un passato glorioso, sepolto e rimescolato fra terre, cielo e mare. Una damnatio memoriae imposta forse anche dalla natura stessa, che reclama un riciclo degli equilibri e continui cambiamenti. Nascita e trasformazione, il tempo scorre inesorabile, che lo vogliamo o meno, e nelle briciole lasciate dai nostri avi possiamo e dobbiamo ricercare le nostre origini per capire gli errori da non commettere e per capire chi siamo.
Chi siamo in InnerSpace? Un drone volante, un uccello meccanico costruito dal Cartografo con l'obiettivo di viaggiare volando per l'Inverso, l'universo di gioco, al fine di raccogliere quante più nozioni possibili sugli Antichi. Sempre al nostro fianco sarà l'Archeologo, o meglio la sua voce, che tramite trasmettitore viaggia da un veicolo volante o sottomarino verso il nostro e funge da aiuto e continuatore della storia.

Il mondo di gioco è davvero un mondo capovolto, inverso, l'Inverso; il nostro Cart, vezzeggiativo affibbiatoci dall'Archeologo, dovrà volteggiare fra gli oceani e le terre, in uno spazio apparentemente sconfinato ma che trasmette in verità un senso di profonda solitudine e claustrofobia. Non esiste orizzonte, un mare a cui volgere lo sguardo perdendosi verso l'infinito, ma solo una sorta di enorme, grande bolla che ruota fra i nostri volteggi.
Quello che salta all'occhio è l'influenza, o almeno la similitudine, che è possibile fare con No Man's Sky e ABZÛ; il titolo di debutto di PolyKnight Games ha in comune l'esplorazione con il primo, che fa da perno a entrambe le avventure, ma il senso del viaggio è inscritto all'interno di un ambiente onirico, luccicante che a tratti rimanda al gioco di Giant Liquid. Innerspace vuole svettare fra gli altri esponenti del genere e proporsi come un'esperienza unica e semplice dal punto di vista della fruizione; volteggiare sarà un'azione automatica, mentre al giocatore è richiesto un attento controllo del paesaggio circostante attraverso l'analogico destro adibito alla telecamera, oltre ai comandi dorsali legati all'accelerazione e all'immersione.
