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Toby: The Secret Mine – Recensione

Togliamoci subito il pensiero: Toby: The Secret Mine possa essere affiancato concettualmente a Limbo è un'informazione che potete reperire ovunque. Il suo stesso sviluppatore, nella pagina di presentazione su Steam, ne parla come di un gioco ispirato all'acclamato titolo Playdead e ad altri esponenti del genere. Basta giusto un colpo d'occhio per confermarlo; personaggi e ambientazioni sono rappresentati come silhouette e gameplay da platform puzzle bidimensionale. Detto questo, cerchiamo di analizzare Toby: The Secret Mine come progetto a sé stante e di capire se valga la pena giocarci, indipendentemente dall'aderenza agli esempi da cui trae spunto.



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Saltiamo i convenevoli



Il gioco si prende a malapena il tempo di mostrare la schermata di avvio; ci troviamo istantaneamente a controllare Toby, lo strano personaggio che fa da protagonista all'avventura, e a seguire un altrettanto particolare antagonista, caratterizzato nel suo ruolo negativo da minacciosi occhi rossi. Nessun dialogo, nessun testo introduttivo, nessun elemento che racconti alcuna premessa. Dobbiamo cercare di mettere insieme i pezzi della storia e figurarci la trama del gioco, o almeno la motivazione del nostro procedere.



Non è facile. Quel che emerge racconta del nemico che sta rapendo i nostri amici e che fugge da noi, ostacolandoci con ogni mezzo possibile. Trappole, frecce, pareti attivate per precluderci il passaggio, a cui si aggiungono le insidie ambientali e meccaniche dei diversi livelli che dobbiamo superare per portare a termine l'inseguimento e la missione eroica. Una storia poco ispirata, insomma, che probabilmente si rifugia nella cripticità per guadagnare qualcosa in termini di appeal, ma che difficilmente riesce a fugare l'impressione di essere poco più che un pretesto.



Salta e risolvi, risolvi e salta



Toby: The Secret Mine è un platform bidimensionale con elementi puzzle che ci terrà impegnati, si fa per dire, per ventuno brevi livelli. Tra uno e l'altro non c'è soluzione di continuità, dando l'impressione di un unico viaggio lineare, con transizioni appena percepibili costituite da dissolvenze in nero. Non c'è spazio neanche per informazioni a schermo, tutorial e opzioni; d'altronde possiamo solo muoverci, saltare e attivare leve.



Le due anime del gioco si compenetrano e completano in maniera soddisfacente, ma non mancano livelli in cui la componente puzzle spicca maggiormente rispetto a quella platform, e viceversa. Nell'uno o nell'altro caso resta valido quanto già accennato, ossia l'estrema brevità delle sfide e, di conseguenza, dell'avventura nel suo insieme, che a conti fatti vi terrà impegnati per non più di un'ora e mezza, massimo due, a fronte di una spesa non proprio irrisoria. E stiamo parlando del caso in cui decidiate di esplorare bene ogni anfratto alla ricerca dei vostri amici rapiti!



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Quando l'enigma non soddisfa



I puzzle ambientali, in un gioco, funzionano quando trovano un equilibrio tra la difficoltà, l'intelligenza e il pensiero laterale richiesto per la soluzione e l'introduzione di sfide più immediate, potremmo dire defaticanti, a fare da intermezzo tra una sezione e l'altra. In questo modo un giocatore sperimenta, alternativamente, l'esasperazione che stimola l'ingegno (o la ricerca spasmodica di un walkthrough su YouTube) e la soddisfazione che cancella la frustrazione e fa da carburante per procedere nell'avventura. Toby: The Secret Mine fallisce nella ricerca di questo equilibrio. L'ago della bilancia, nello specifico, pende eccessivamente sul lato più amichevole e accondiscendente. Così il nostro viaggio, che dovrebbe trovare nelle fasi puzzle lo scoglio da superare con l'intelletto, risulta una passeggiata sul velluto, una lunga corsa verso il livello finale, in cui il nostro incedere è appena disturbato dagli enigmi che ci vengono proposti.



Enigmi che, analizzati singolarmente, non sono pessimi. Alcuni sono decisamente banali, mentre altri riescono ad accendere il sorriso di chi si trova al cospetto di una bella trovata e confermano le buone intenzioni dello sviluppatore. Il problema nasce nel momento in cui la soluzione è sempre dietro l'angolo, a portata di mano, a volte addirittura in bella vista, altre nascosta, si fa per dire, dietro a una parete che è palesemente attraversabile e che quindi non rischieremmo mai di ignorare. E' tutto servito su un piatto d'argento, insomma, a volte in modo tanto evidente da risultare surreale.



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11 settembre 2018 alle 17:10

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